giovedì 10 novembre 2016

«Senza scuole qui non verrà più nessuno» L’allarme dell’Appennino a corto di prof. I docenti non accettano le supplenze. La Città metropolitana: «Calo continuo di studenti»

Marco segnala:

 
Asili nido rarissimi; scuole dell’infanzia gestite da ordini religiosi che ormai non ce la fanno più; elementari e medie alle prese ogni anno con supplenti che non ne vogliono sapere di andare in una piccola scuola di montagna e con classi che non raggiungono il numero necessario per avere insegnanti e bidelli. La scuola in Appennino è in crisi e i sindaci lanciano l’allarme: «Se non riusciamo a garantire i servizi scolastici, qui non verrà più nessuno a vivere e lavorare. I nostri territori rischiano di spopolarsi».

Il grido d’allarme più forte lo lancia da tempo Castiglione dei Pepoli. Dove il Comune si sta inventando di tutto per offrire un servizio adeguato alle famiglie. «Le scuole da noi — dice la vicesindaco Daniela Aureli — sono un presidio del territorio, se chiudono anche quelle per noi è un disastro. Siamo andati dal provveditore più volte a chiedere un aiuto e dopo molte riunioni quest’anno ci ha dato altre 18 ore di un bidello, sempre meglio che nulla». I problemi più grossi li hanno le frazioni di Castiglione. «A Lagaro la parrocchia ha dato lo sfratto alla scuola elementare, ne stiamo costruendo una nuova che sarà pronta a Natale. Mentre a Camugnano stanno costruendo sia materna che elementare. Noi Comuni ci siamo svenati con le spese di costruzione, ora non possiamo stare senza docenti».

Il tempo pieno resta un miraggio. «Quest’anno Castiglione ha ottenuto per la prima volta una sezione di tempo pieno, ma per offrire un servizio al pomeriggio c’è un’associazione che fa attività di doposcuola con insegnanti volontari due volte la settimana. Facciamo tutto quello che possiamo ». A Monghidoro non c’è l’asilo nido. «Per le famiglie che lavorano — dice il sindaco Barbara Panzacchi — è un grosso problema, sto cercando una soluzione. Dare questo servizio sarebbe importante, ma non è semplice con così pochi fondi». Anche le strutture religiose, spesso le uniche a garantire i servizi per l’infanzia in montagna, negli ultimi anni fanno molta fatica. A Lizzano le suore che gestivano la materna e un piccolo nido se ne sono andate: «Il Comune — spiega il sindaco Elena Torri — a quel punto è subentrato e ha creato una sezione unica sperimentale 0-6, gestita da una cooperativa di educatrici ». Che è un po’ quello che è successo a Gaggio Montano anni fa, dove c’erano le suore del Cottolengo. «Un giorno ci hanno convocati — racconta il sindaco Elisabetta Tanari — e ci hanno detto che non sarebbero più state in grado di gestire i bambini. In poco tempo abbiamo acquisito la struttura, è stata statalizzata e per anni abbiamo potuto aprire solo due sezioni, invece delle tre necessarie. Se il Comune si fosse trovato oggi in questa situazione, non avrebbe potuto permetterselo».

Dove gli ordini religiosi sono rimasti, non sono tutte rose e fiori. A Monzuno la materna è parrocchiale. Il Comune ci mette una quota. «Solo con le rette la parrocchia — spiega il sindaco Marco Mastacchi — non ce la fa, ogni tanto serve una raccolta fondi». E allora il paese si mobilita. Qualche domenica fa c’è stato un pranzo di finanziamento. «Parliamo da tempo dell’ipotesi di statalizzare la struttura, ma poi non si fa. Noi della scuola non possiamo fare a meno, è uno dei servizi a cui guardano le famiglie per insediarsi sul territorio. Per le primarie abbiamo chiesto più volte delle deroghe per avere insegnanti, nonostante con i numeri dei bambini spesso facciamo fatica a formare le classi».

E non si può nemmeno accorpare bimbi di diverse frazioni, viste le distanze e le condizioni avverse in inverno. «Anche noi — dice il sindaco di San Benedetto Val di Sambro, Alessandro Santoni — abbiamo seguito la statalizzazione della materna delle suore, mentre per elementari e medie abbiamo chiesto più volte al provveditore di non tagliare il personale: se solo viene meno una sezione siamo in difficoltà». «Senza il Comune unico non avremmo risolto questo problema che è serio per l’Appennino », aggiunge Daniele Ruscigno, sindaco di Valsamoggia e delegato alla Scuola in Città metropolitana. «In Città metropolitana — dice — la questione è uscita in tutta la sua criticità e verrà presto messa all’ordine del giorno, perché nelle fasce montane c’è una continua, pericolosa erosione del numero di studenti».


1 commento:

Anonimo ha detto...

Forse il sindaco Mastacchi dovrebbe smetterla di denigrare le fusioni tra i piccoli Comuni che invece permetterebbero di avere più fondi da utilizzare anche per il potenziamento delle scuole.