L’ultimatum
arriva dopo l’ultima doccia fredda ai produttori di frutta
dell’Emilia-Romagna. Non basta il folle andamento climatico e la
progressiva mancanza di redditività a sfiancare il comparto, che
peraltro perde competitività anche in regione, incassando un
inaspettato segno meno nelle esportazioni rispetto all’anno
precedente: il business è sceso infatti da 524 a 509 milioni
di euro nel periodo 2017-2018. Ora, nel mirino,
ci sono i rapporti con la distribuzione e, in particolare, il fatto
che ogni catena commerciale, sia italiana che estera, richieda uno
specifico disciplinare di produzione al momento dell’acquisto,
rendendo ancora più difficile, se non impossibile, programmare la
produzione.
Lo dice chiaro il neo-presidente
degli imprenditori frutticoli di Confagricoltura Emilia Romagna,
Albano Bergami,
a pochi giorni dall’elezione dei nuovi parlamentari a Bruxelles:
«Chiediamo un disciplinare di produzione condiviso, a
livello europeo, tra parte agricola e distribuzione, che non sia
difforme da un paese all’altro e tanto meno da regione a regione».
«Ci
attende un’altra annata difficile, i segnali non sono positivi –
spiega Bergami -. I frutticoltori soffrono della mancanza di un
piano frutticolo nazionale e della eccessiva concorrenza
da parte di altri paesi nostri competitor, avvantaggiati da costi
di produzione nettamente inferiori. Inoltre, l’Italia fatica ad
affermarsi sui mercati esteri dimostrandosi troppo “lenta” nella
rimozione delle barriere fitosanitarie, che attualmente
impediscono le esportazioni anche in paesi ad alto potenziale. Il
presidente degli imprenditori frutticoli insiste anche su «una
informazione martellante e fasulla riguardante le tecniche
produttive, priva di fondamenta scientifiche e finalizzata unicamente
a catturare il consenso di un consumatore sempre più preoccupato e
destabilizzato, che ottiene il risultato di vanificare ogni sforzo
comunicativo fatto per promuovere le nostre produzioni».
Nessun commento:
Posta un commento