Antica varietà dell’Appennino bolognese
di Valentina Pagani
C’era una
volta sull’Appennino un’unica varietà di mela appartenente alla famiglia delle
mele rosse invernali: c’era una volta… ed è tornata!
La mela rosa romana era un tempo una mela diffusissima nei frutteti agricoli
dell’Appennino; nei campi e nei frutteti delle campagne collinari e montane era
la regina incontrastata. Le proprietà organolettiche della rosa romana erano
molte e molto apprezzate: con la polpa soda e molto croccante, il suo consumo
di massa si è sempre basato su questa qualità del frutto. Oggi questa antica
coltivazione del frutto torna ad essere protagonista grazie alla passione e
all’impegno di alcuni produttori locali e di istituti agrari e di ricerca. Essa
rappresenta anche un tassello di grande valore verso la biodiversità e il
recupero del territorio, che risente fortemente dell’abbandono e che invece ha
ancora caratteristiche ottimali per offrire coltivazioni di elevata qualità.
Quasi
sicuramente ricorderanno quanto questo frutto, a voi sconosciuto, portava con
sé il ricordo di inverni passati trascorsi scaldandosi nei vecchi focolari. Fu
proprio in quegli anni che la mela rosa romana perse pian piano terreno
rispetto alle produzioni intensive delle nuove varietà di mele. Come Elstar,
Golden, Granny Smith, Pink Lady e Fuji che oggi conosciamo così bene. Esse
stavano diventando più redditizie, più standardizzate e omogenee e soprattutto
più richieste dai mercati. La rosa romana era ed è tutt’ora una mela non
facile: si raccoglie in ottobre ma si consuma solo mesi dopo, a partire da
Natale. Essa necessita di un processo di maturazione lento, che avviene
naturalmente, per poter raggiungere la sua dolcezza e diventare pronta al consumo.
A differenza
delle mele di massa, che necessitano di uno stoccaggio in frigoriferi per
lunghi mesi prima di essere vendute, la rosa romana ha bisogno di pazienza. È
il tempo che rende questo frutto tanto speciale e unico. Una caratteristica che
la rende oggi molto interessante per il consumatore moderno, attento alla
qualità, alla genuinità e alla storia dei prodotti che acquista.
Grazie
all’impegno dell’Istituto Agrario di Imola, della Fondazione Navarra e della
Facoltà di Agraria di Bologna, insieme ad alcuni imprenditori agricoli
coraggiosi, la rosa romana è stata riportata in auge. Un lavoro che ha
comportato anni di ricerca sul DNA degli antichi meli, il recupero di antiche
piante sopravvissute nei cortili e nei frutteti delle famiglie contadine, la
selezione accurata dei frutti migliori e la reintroduzione di questa mela nei
circuiti produttivi.
Oggi,
finalmente, la rosa romana è tornata a far parte del nostro patrimonio agricolo
ed enogastronomico, portando con sé non solo un prodotto di altissima qualità
ma anche un pezzo di storia delle nostre campagne.
Il messaggio
che arriva dal territorio e dall’impegno del Consorzio con i piccoli produttori
sembra portato a un’agricoltura non a scala principale: possono usufruirne le
piccole aziende a conduzione familiare, che tutti noi auspichiamo possano
tornare ad avere un ruolo centrale nell’economia e nella società.
Per
ulteriori informazioni e contatti visitare il sito www.melaromana.it (in
allestimento).
Un sito internet che raccoglie tutte le informazioni storiche e scientifiche
legate a questo frutto e che sarà un punto di riferimento per chi vorrà saperne
di più sulla coltivazione, la trasformazione e il consumo delle mele rosa
romana.
Ricetta di mele rosa cotte alla Rosa Romana
Un fragrante
ricordo in ogni casa delle nostre nonne e della tipica tradizione contadina.
Una preparazione semplice e salutare per un dessert che esalta le qualità della
mela.
Ingredienti:
- mele rosa romana
- zucchero di canna q.b.
- cannella q.b.
- vino rosso corposo (es. Sangiovese)
Preparazione:
Lavate bene le mele, togliete il torsolo e tagliatele a dadini.
Mettetele in una casseruola con un po’ di zucchero e un bicchiere di vino
rosso.
Aggiungete una spolverata di cannella.
Cuocete a fuoco lento fino a quando la mela diventa morbida e succosa.
Servite ben calde.
(Inviato da Dario Mingarelli)
2 commenti:
Buona cotta come la mela cotogna. Da conserva invernale e per crostate, poco adatta per consumo da fresca. Questa è la mia opinione.
Non si mangia, è la peggiore di tutte le varietà, poi spendi anche dei soldi per cuocerla?
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