venerdì 20 febbraio 2009

Tigri a Monte Adone


Le tre tigri ospiti da giovedì scorso del Centro Tutela Ricerca Fauna Esotica e Selvatica di Monte Adone stanno ambientandosi. Sono ancora frastornate dal lungo viaggio che da Grosseto le ha portate a Sasso Marconi, hanno già iniziato a cibarsi dei pezzi di carne che a loro portano i volontari del centro. Si capisce comunque che si avvicinano alla carne loro offerta più per curiosità che per fame.

Una delle tre, quella di otto mesi, continuamente fa le fusa perché vorrebbe unirsi alle altre tigri ospiti del centro. Nelle strutture di Monte Adone vi sono infatti altre tre tigri adulte, ma i volontari si guardano bene dal permettere che questo possa avvenire poichè “sarebbe immediatamente sbranata”, spiega Mirca Negrini che gestisce il centro. ‘Il gruppo già formatosi non accetterebbe mai un nuovo ingresso di provenienza estranea al clan”.

Le tre tigre dell’età di 7 e 8 mesi, fanno parte di un gruppo di otto sequestrate lo scorso 5 febbraio a Somma Lombarda (Varese) perchè detenute in modo inadeguato e illegale. Il trasferimento è stato eseguito dal Servizio Cites del Corpo forestale dello Stato. Le altre cinque tigri, tutte originarie di un unico ceppo, sono state affidate al Centro Crase del WWF di Semproniano (Grosseto), struttura, assieme a quella del Centro di Monte Adone, dichiarata idonea dal Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare a ospitare un modo adeguato gli animali selvatici e a garantire il benessere degli animali stessi e la sicurezza della pubblica incolumità.

La famiglia di tigri è stata tolta a un ex domatore che le aveva ricoverate in un canile in violazione delle norme che regolano la detenzione di animali considerati pericolosi per la salute e l'incolumità pubblica e perché il canile di Somma Lombarda dove erano custoditi era privo delle necessarie autorizzazioni. “Erano racchiuse in gabbie per cani, di due metri per uno e dieci”, spiega ancora Mirca. “Inoltre il fondo era in cemento. Le condizioni dei ricoveri erano le peggiori possibili. Incredibile poi che quest’uomo abbia potuto continuare a detenere animali selvatici per circa quindici anni. In questo modo gli animali hanno potuto moltiplicarsi con un aggravio della situazione già difficile. Gli animali selvatici nati in cattività non possono essere riportati in libertà, non saprebbero cavarsela”.

Lo stato in cui erano ricoverati gli animali è venuto a conoscenza di una associazione animalista i cui soci hanno informato i media. A seguito della denuncia sono intervenute le autorità competenti.

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