La
medicina generale si trova di fronte a una crisi annunciata da oltre un
decennio. Il problema principale? Il ruolo unico introdotto con la legge del
2012, che ha progressivamente limitato la possibilità di conciliare l’attività
dei medici di famiglia con altre forme di assistenza territoriale. Il risultato
è una paralisi delle Case di Comunità e un sistema sanitario sempre meno
efficace.
Secondo
lo SNAMI (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani), il modello
organizzativo attuale ha incatenato la professione a rigidità burocratiche e
organizzative che impediscono una gestione efficiente delle risorse. "Da
anni denunciamo i rischi di questa riforma – afferma il sindacato – che ha reso
impossibile per i medici di famiglia dedicarsi alle Case di Comunità senza
compromettere la continuità assistenziale ai propri pazienti". Una
situazione che, invece di creare sinergie, ha trasformato questi presidi in
strutture poco funzionali, mentre i cittadini continuano a riscontrare
difficoltà nell’accesso alle cure.
Per
superare questa impasse, lo SNAMI propone una riforma strutturale che elimini
il fallimentare ruolo unico e restituisca ai medici di medicina generale la
possibilità di operare con maggiore flessibilità. La soluzione indicata dal
sindacato prevede l’introduzione di un contratto orario per le Case di
Comunità, che consentirebbe ai professionisti di lavorare in questi
presidi senza vincoli, e un contratto convenzionato per l’attività a
scelta, che garantirebbe maggiore equità e migliori tutele,
soprattutto per le donne, sulla scia del modello già adottato per la
specialistica ambulatoriale.
"Solo
una revisione di questo tipo – conclude lo SNAMI – potrà restituire dignità
alla professione e funzionalità all’assistenza territoriale, evitando che i
medici di famiglia restino ostaggio di un sistema inefficace".
(Segnalato da Dubbio)
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SNAMI traditori
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