Un lettore
segnala questa informazione pubblicato da Roberto La Pira si ‘Il Fatto
Alimentare’.
L’olio di
palma fa male alla salute? La risposta è affermativa anche se gli studi condotti da alcuni
ricercatori in Malesia e in Indonesia (i principali paesi produttori di olio di
palma) tentano di dimostrare il contrario. Le aziende italiane che usano il
palma in quasi tutti i prodotti alimentari cercano di ignorare questo problema,
anche se è ormai difficile sostenere che si tratta di un grasso di buona
qualità. Abbiamo chiesto un parere al Ministero della salute, all’Istituto
Superiore di Sanità, all’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la
nutrizione (ex Inran ora Cra Nut): nessuno ha saputo fornire risposte sulla
sicurezza di questo ingrediente. In assenza di fonti ufficiali abbiamo fatto
una ricerca per vedere cosa dice la letteratura scientifica a proposito del
grasso palma e le conclusioni sono poco rassicuranti.
«La
situazione non è proprio rosea e i lavori scientifici lo evidenziano –
spiega Anna Villarini biologa nutrizionista presso l’Istituto nazionale dei
tumori di Milano. Una raccolta di studi condotta dai ricercatori e
nutrizionisti italiani come Elena Fattore, Cristina Bosetti, Furio Brighenti,
Claudio Agostoni e Giovanni Fattore su oltre 50 lavori diversi e
pubblicata nel 2014 su The American Journal of Clinical Nutrition,
evidenzia che il consumo abituale di olio di palma fa aumentare in modo
significativo la concentrazione di grassi nel sangue, dal colesterolo ai
trigliceridi (leggi documento). Non solo, il rapporto tra colesterolo cattivo
(LDL) e buono ( HDL) aumenta, per cui alla fine si assiste a maggiori livelli
di colesterolo cattivo. Un altro elemento evidenziato è la maggiore presenza di
colesterolo cattivo nel sangue tra gli abituali consumatori di olio di palma,
rispetto alle persone che impiegano altri grassi decisamente più salutari come
l’olio extravergine di oliva. Un’altra considerazione – continua Villarini – è
che il palma viene spesso utilizzato in forma esterificata dalle aziende
alimentari e questa modifica peggiora il profilo lipidico favorendo il danno
cardiovascolare. C’è infine un lavoro pubblicato su Lipids
nel 2014 da Perreault M dove si associa il consumo di acido palmitico
all’incremento di sostanze infiammatorie circolanti nel sangue. È noto che gli
stati di infiammazione cronica favoriscono lo sviluppo di varie patologie come
le cardiovascolari, l’aterosclerosi, il diabete e anche alcuni tumori».
Il grasso di
palma è uno degli ingredienti anche di molte creme alle nocciole e cacao
Un’altra
informazione interessante riguarda l’India, dove il consumo di olio di palma e di alimenti che lo
contengono ha raggiunto alti livelli. Il governo sta valutando di mettere una
tassa per disincentivarne l’impiego visto l’impatto che avrebbe sui livelli di
colesterolo, sulla mortalità per malattia coronarica e per malattia
cerebrovascolari (vedi documento).
Ma le
informative scientifiche sul palma non sono finite. Uno degli studi più accreditati condotto in 23 Paesi nel
periodo compreso tra il 1980 e il 1997, da Brian K Chen e collaboratori, nel
2011 ha esaminato gli effetti negativi sulla salute riferiti ad un lungo
periodo. Gli autori sostengono che per ogni kg di olio di palma assunto in più
ogni anno, aumenta il tasso di mortalità per patologia cardiovascolare. La
stima parla di 68 morti ogni 100.000 abitanti. Questo valore risulta inferiore
per i paesi industrializzati (17 morti ogni 100.000 abitanti) dove questa
materia grassa è meno utilizzata. Volendo trasferire la valutazione
dell’incremento del rischio cardiovascolare e di infarto in seguito all’aumento
di 1 kg di palma pro capite l’anno, al nostro Paese la stima equivale a oltre
10.000 morti l’anno. Nello stesso lavoro, gli autori hanno preso in esame il
ruolo degli altri grassi presenti nella dieta, perché i sostenitori del palma
basano spesso le tesi difensive sul fatto che l’incremento di colesterolo
serico non può essere imputato a un solo grasso ma a tutti quelli assunti nella
dieta o, come indicato in una recente review italiana del 2013 da Fattore e
collaboratori, dalla struttura dei trigliceridi. Ebbene, secondo i dati
raccolti da Chen, l’effetto negativo del palma persiste indipendentemente dagli
altri grassi della dieta.
A partire
dagli anni ’70 l’industria ha cercato di ridurre i costi di produzione
cominciando ad usare il palma
«La
rivoluzione dei grassi estranei nei prodotti da forno – spiega Antonello
Paparella, presidente del corso di laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari
all’Università di Teramo – ha origini lontane. A partire dagli anni Settanta
l’industria ha cercato soluzioni per ridurre i costi di produzione cominciando
ad usare in modo ancora limitato il palma nel pane, nelle merendine e nei
biscotti. I nuovi prodotti più morbidi, più umidi e spesso con farciture,
richiedevano però imballaggi particolari e molto costosi come quelle in
alluminio dei primi biscotti wafer. In altri casi si usava aggiungere alcool
per evitare la formazione di muffe.
Con il
progressivo incremento dell’olio di palma nelle ricette, i prodotti sono
diventati più stabili e ormai non richiedono né alcool come alcune merendine
della prim’ora né imballaggi costosi. Come spesso accade, il consumatore però
non si è accorto che in questi anni l’aspetto dei prodotti è rimasto lo stesso
anche se sono cambiati gli ingredienti e le ricette».
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