Gus Binelli assieme al presidente Mario Becca. |
Di Glauco Guidastri.
Con
i suoi 215 centimetri di talento, professionalità e umanità, Augusto ‘Gus’ Binelli, è stato per
quasi vent'anni una colonna portante della Virtus Bologna e uno dei
protagonisti dell’epopea di ‘Basket City’, quando Bologna era la ‘capitale’ del
basket italiano e i derby tra Virtus e Fortitudo erano spesso decisivi per
l’assegnazione dello scudetto.
Il
16 dicembre scorso, Binelli è stato l'ospite d’onore del tradizionale incontro
conviviale di fine anno del Panathlon Club ‘Valle del Reno’. Al Ristorante ‘L’Oasi’
di Sasso Marconi, il mitico Gus ha parlato della sua straordinaria carriera,
iniziata a 15 anni con l'approdo al settore giovanile del club bolognese, dopo
i primi approcci al basket nella natia Carrara. Poi Il trasferimento negli
States -1981/82 - per studiare e giocare a basket nella Lutheran High School di
New York, e il rientro in Italia, dove contribuisce alla vittoria dello
scudetto della formazione Juniores della Virtus. Il sogno di riattraversare
l'oceano (“volevo frequentare la Virginia University, avevo anche già
parlato con l’allenatore, Terry Holland”) sfuma sul più bello, e inizia
così l'avventura nel basket che conta.
Il debutto in prima squadra nel 1983 in un derby con la Fortitudo, Coppa
Italia (ne disputerà ben 45 di stracittadine), una partita che Gus non
dimenticherà mai. “Avevo appena 19 anni e mi trovai a fronteggiare un centro
forte e smaliziato come Heere Williams, appena arrivato dal Maccabi Tel Aviv.
Fu un duello spigoloso, ma a fine partita Williams venne a farmi i complimenti:
che soddisfazione!”.
Un
sodalizio, quello con la Virtus, che nemmeno il richiamo dell'NBA riuscirà a
interrompere. 'Lungo' atipico e versatile, capace di abbinare la presenza sotto
canestro a una tecnica sopraffina, Binelli finisce presto nel mirino degli
Atlanta Hawks, che nel 1986 lo scelgono con il n. 40 al secondo giro(dopo Dino
Meneghin, fu il secondo cestista italiano scelto ad un draft NBA). Eppure Gus
non approderà mai nel massimo campionato a stelle e strisce. “Già, io chiesi
un triennale, ma loro mi potevano offrire solo un contratto annuale”,
ricorda l'ex centro virtussino. “Se però, dopo un anno in NBA, fossi tornato
a giocare in Italia, per il regolamento FIBA avrei dovuto essere tesserato come
straniero: e così declinai l'offerta”. A indurre Gus al rifiuto, però,
contribuirono anche le pressioni dall'avvocato Porelli, all'epoca presidente della Virtus... “Sì è vero,
Porelli fece di tutto per convincermi a restare, e devo dire che ci riuscì. Di
lui ho un ricordo splendido: dirigente capace e competente come pochi altri,
per i più giovani, per quelli che - come me - stavano in foresteria, è stato
una sorta di secondo padre”.
Nonostante
il mancato approdo nell'NBA, di qua dall'oceano Binelli se n'è tolte parecchie
di soddisfazioni. Al suo attivo ci sono 102 presenze e 1 bronzo europeo con la
Nazionale, mentre in maglia Virtus ha disputato 845 partite ufficiali (record
assoluto) conquistando 5 scudetti, altrettante Coppe Italia, 1 Supercoppa
italiana, 1 Coppa Campioni e 1 Coppa delle Coppe (“come dimenticare le
emozioni legate alla vittoria del primo scudetto e della Coppa Campioni?”).
Un rapporto d'amore che rischiò di incrinarsi solo una volta, come svela lo
stesso Binelli. “Sì, accadde nel 1991 dopo una sconfitta rimediata a
Caserta. Giocai davvero male, e negli spogliatoi ebbi un litigio con il
presidente (Paolo Francia n.d.a.): chiesi di essere ceduto. Poi la
società venne rilevata da Cazzola: gli parlai del mio disagio e mi disse, senza
mezzi termini, che finché lui sarebbe stato presidente, io sarei rimasto alla
Virtus”. E così fu. La canotta della V nera, infatti, Gus la sfilerà solo
nel 2000, a 36 anni. Per scendere di categoria con Castelmaggiore e
Montegranaro, poi due buone annate sempre in Legadue con Trapani e gli ultimi
spiccioli di carriera spesi nelle serie minori (Cento, Anzola e Salus Bologna).
Il
legame con Bologna - città che l'ha adottato, apprezzato e amato - non si è più
reciso: Gus continua a vivere sotto le Due Torri, dove ora dirige una società,
il “San Giorgio Basket”. Da grande appassionato continua a seguire le vicende
delle V nere e del basket professionistico in generale. “Quando però accendo
la tv e vedo squadre composte da 8/10 stranieri, mi viene voglia di cambiare
canale”, confessa con un pizzico di rammarico. E rincara la dose: “
Molti degli USA che oggi giocano nel nostro Paese, ai miei tempi non avrebbero
nemmeno messo piede su un parquet di serie A. Io ho giocato contro avversari
del calibro di J.B. Carroll e Arvydas Sabonis, oggi atleti così non se vedono più.
Il livello del basket si è notevolmente abbassato: vi assicuro che la
Montepaschi Siena dei record - indubbiamente un'ottima squadra - contro la mia
Virtus dei tempi d'oro (quella dei 3
scudetti di fila, per intenderci), non avrebbe avuto speranze”. Non
esattamente un bel viatico per il nostro basket, anche se chi ama questo sport
non perderà mai la speranza di poter rivedere sui parquet di casa nostra
talenti cristallini come Augusto Binelli.
Ipartecipanti alla serata |
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