I
numeri diffusi dall'Ufficio studi della CGIA di Mestre parlano
chiaro. Tra tutti i 27 paesi Ue monitorati, nessuno avrà una
crescita più contenuta della nostra. Ma la pressione fiscale e la
disoccupazione caleranno. Il Veneto torna ad essere la locomotiva del
Paese
Da Bologna Today
La
ripresa economica
rallenta: i numeri diffusi oggi dall'Ufficio
studi della CGIA di
Mestre parlano chiaro. Sebbene il peggio sia alle nostre spalle, la
ripresa economica consolidatasi nel 2017 (+ 1,5 per cento circa)
rischia di affievolirsi già a partire da quest’anno.
La crescita prevista nel 2018
Gli
ultimi dati di previsione elaborati dalla Commissione europea per il
2018 sono molto indicativi: il nostro Pil reale è destinato ad
aumentare dell’1,3
per cento. Tra
tutti i 27 paesi Ue monitorati, nessuno conseguirà una crescita più
contenuta della nostra. La Grecia,
ad esempio, che solitamente è il fanalino di coda europeo,
quest’anno aumenterà la propria ricchezza del 2,5 per cento,
mentre la Francia segnerà il +1,7 per cento, la Germania il +2,1 per
cento e la Spagna il +2,5 per cento. E anche i consumi delle nostre
famiglie (+1,1 per cento) e quelli della Pubblica amministrazione (+
0,3 per cento) registreranno le variazioni di aumento tra le più
striminzite in tutta l’Ue. Inutile girarci intorno. È un
risultato molto preoccupante,
visto che la somma dei valori economici di queste due componenti
costituisce l’80 per cento circa del nostro reddito nazionale
totale.
Tasse, novità positive
Invece
in materia di tasse
sono previste
delle novità positive. “Al netto di eventuali manovre correttive e
degli effetti economici del cosiddetto bonus Renzi – sottolinea il
coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – stimiamo
che la pressione
fiscale generale
sia destinata a scendere al 42,1 per cento: 0,5 punti in meno
rispetto al dato 2017. Prosegue, quindi, la discesa iniziata nel
2014. Il risultato del 2018, comunque, sarà ottenuto grazie al trend
positivo del Pil nominale che aumenterà di oltre 3 punti percentuali
e non a seguito di una contrazione del gettito fiscale che, invece,
salirà del 2 per cento. Se il Governo Gentiloni non avesse fatto
slittare sia l’introduzione dell’imposta sui redditi sulle
società di persone e imprese individuali sia la cancellazione degli
studi di settore, il carico fiscale generale avrebbe subito una
contrazione decisamente superiore, soprattutto a vantaggio delle
piccole e micro imprese”.
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La
CGIA, inoltre, sottolinea che il livello di crescita raggiunto nel
2017 è lo stesso di quello che registravamo nel 2003 e per
recuperare la situazione ante crisi (2007)
le previsioni di crescita elaborate da Prometeia ci dicono che
dovremo attendere il 2022-23.
Se per le esportazioni abbiamo recuperato il livello pre crisi già
nel 2014, per “colmare” i consumi delle famiglie e gli
investimenti (pubblici e privati) persi in questi 10 anni di crisi
dovremo invece attendere rispettivamente il 2019-20 e il 2030 .
Disoccupazione in calo
Sul
fronte del lavoro, infine, la Commissione europea stima il tasso di
disoccupazione in
discesa al 10,9
per cento, mentre il numero degli occupati dovrebbe salire di 0,9
punti percentuali. “A differenza di quanto è successo in questi
ultimi anni – segnala il Segretario della CGIA Renato Mason –
speriamo che il nuovo esecutivo che uscirà dalle urne torni ad
occuparsi dei temi strategici per il futuro di un paese: come, ad
esempio, creare lavoro di qualità, quali politiche
industriali e
formative sviluppare, come affrontare le sfide che l’economia
internazionale ci sottopone. Abbiamo bisogno di affrontare queste
tematiche, altrimenti rischiamo di veder aumentare lo scollamento già
molto preoccupante tra il mondo della politica e il paese reale”.
I dati regione per regione
A
livello regionale i dati previsionali ci dicono che nel 2018 il
Veneto
è destinato a guidare la classifica della crescita del Pil (+1,6 per
cento). Al secondo posto scorgiamo l’Emilia
Romagna e la
Lombardia (+1,5 per cento) e in quarta posizione il Friuli Venezia
Giulia (+1,4 per cento).
“Grazie
all’export, al consolidamento dell’industria che trarrà un
deciso vantaggio dal forte aumento degli investimenti produttivi in
atto e alla ulteriore crescita delle presenze turistiche – conclude
Zabeo - il Veneto torna ad essere la
locomotiva del
Paese, anche se la velocità di crociera risulta sensibilmente
inferiore a quella che registravamo fino alla metà degli anni 2000
quando contendevamo alla Baviera e al Baden-Württemberg la
leadership dell’area manifatturiera più avanzata d’Europa.
Purtroppo, le ferite inferte dalla crisi in questi ultimi anni si
fanno ancora sentire".
Rispetto
a 10 anni fa, infine, solo la provincia di Bolzano (+12 per cento) e
la Lombardia
(+0,4 per cento) hanno recuperato il terreno perduto da quando è
iniziata la pesante crisi economica. Tutte le altre realtà
territoriali, invece, presentano dei risultati che sono ancora
preceduti dal segno meno. Tra quelle attualmente più in ritardo
segnaliamo la Calabria
(-11,2 per
cento), la Liguria
(-11,4), la
Sicilia
(-12,5), l’Umbria
(-14,9) e il Molise
(-16,9).
1 commento:
La crisi economica in italia non centra niente è stata voluta dai politici per togliere di mezzo il ceto medio. Togliere benessere al ceto medio era una garanzia per la casta benessere eterno.......finchè dura....tutti gli imperi prima o poi crollano in un modo o l' altro.
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