Via alla campagna olivicola, crolla la produzione di extravergine (-22%)
Da Coldiretti:
Scatta
in anticipo per il caldo la raccolta delle olive in Italia con
l’arrivo del primo olio nuovo Made in Italy del 2020,
particolarmente atteso in un anno segnato dall’emergenza
coronavirus che ha sconvolto produzione e mercati. E’ quanto emerge
da un’analisi di Coldiretti, Unaprol e Ismea in occasione del via
alla raccolta delle olive in Italia con la prima spremitura della
Penisola in Sicilia, a Chiaramonte Gulfi (Ragusa), nel Frantoio
Cutrera dove è stato presentato il rapporto “L’olio italiano al
tempo del Coronavirus”. Secondo le prime previsioni, la produzione
di olio extravergine d’oliva in Italia vede un calo del 22% causato
principalmente dalle anomalie climatiche, dal maltempo alla siccità,
che hanno colpito soprattutto le regioni del Sud, senza dimenticare
gli effetti della Xylella che ha di fatto devastato gran parte degli
uliveti del Salento, in Puglia. Anche se bisognerà fare i conti con
il clima, che ha favorito una maturazione precoce delle olive al Sud,
e con l’andamento delle piogge e delle temperature nei prossimi
mesi, si stima una produzione nazionale di circa 287 milioni di chili
rispetto ai 366 milioni di chili della campagna precedente. A pesare
è il crollo dei raccolti nelle regioni del Sud, a partire dalla
Puglia, dove si concentra circa la metà dell’intera produzione
nazionale, mentre nel Centro Nord i numeri sono un po’ ovunque in
netto aumento.
L’avvio
della raccolta rappresenta un momento importante dal punto economico
ed occupazionale per una filiera che conta oltre 400 mila aziende
agricole specializzate in Italia ma anche il maggior numero di oli
extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp), con un
patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più
vasto tesoro di biodiversità del mondo. Ma l’olio italiano è
anche il simbolo della Dieta Mediterranea che si è classificata come
migliore dieta al mondo del 2020 su 35 regimi alimentari presi in
considerazione da U.S. News & World’s Report’s, oltre che uno
dei prodotti Made in Italy più conosciuti al mondo.
A
livello mondiale il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti
(Usda) stima una produzione complessiva di poco più di 3 miliardi di
chili, in leggero calo nel confronto con la campagna precedente. Ma
se si guarda ai principali concorrenti dell’Italia, la situazione è
variegata con la Spagna che dovrebbe produrre tra 1,4 e 1,5 miliardi
di chili di olio d’oliva, in aumento rispetto agli 1,25 miliardi
dello scorso anno, mentre la Grecia si collocherebbe sui 200 milioni
di chili, in calo rispetto ai 300 mln di chili del 2019. In calo
anche la produzione in Tunisia.
Il
calo produttivo colpisce un settore che ha già pagato un conto
salatissimo all’emergenza Covid. A pesare è stato soprattutto il
crollo delle vendite per la chiusura del canale della ristorazione,
che rappresenta uno sbocco importante per l’olio Made in Italy. Ma
la pandemia fa sentire i suoi effetti anche con la necessità di
garantire una raccolta sicura con il rispetto rigoroso delle norme
anti contagio.
A
incidere sulle imprese olivicole italiane è stato anche il crollo
del 44% dei prezzi pagati ai produttori, scesi a valori minimi che
non si registravano dal 2014. Un trend causato dalla presenza sul
mercato mondiale di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo,
spesso pronto a essere spacciato come italiano a causa della mancanza
di trasparenza sul prodotto in commercio, nonostante sia obbligatorio
indicare l’origine per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in
base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009.
Ma
i pericoli arrivano anche a livello internazionale dalla diffusione
di sistemi di etichettatura fuorviante, discriminatori ed incompleti,
dal traffic light inglese al nutriscore francese, che finiscono per
mettere il bollino rosso ed escludere paradossalmente dalla dieta
alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per
favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota
neanche la ricetta. Si rischia di promuovere cibi spazzatura con
edulcoranti al posto dello zucchero e di bocciare elisir di lunga
vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della
dieta mediterranea.
Con
l’82% degli italiani che con l’emergenza coronavirus sugli
scaffali cerca prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed
il lavoro del territorio, il consiglio è quello di diffidare dei
prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e
acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli
in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per
100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori
olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è
possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne
le caratteristiche positive.
Per
sostenere la ripresa del settore servono provvedimenti immediati con
massicci investimenti pubblici e privati – ha dichiarato il
presidente della Coldiretti Ettore Prandini -, a partire da un piano
straordinario di comunicazione sull’olio che rappresenta da sempre
all’estero un prodotto simbolo della dieta mediterranea”.
“Un
intervento importante sarebbe anche l’estensione del pegno rotativo
dai soli prodotti Dop e Igp a tutto l’olio extravergine d’oliva
100% italiano – ha sottolineato il presidente di Unaprol David
Granieri -. Ma più in generale occorre promuovere la grande qualità
dell’olio extravergine Made in Italy ed è in tale ottica che
abbiamo promosso assieme a Coldiretti la Fondazione Evoo School, la
prima scuola per diffondere la conoscenza e promuovere la cultura
gastronomica dell’olio extravergine fra i consumatori e formare
professionisti e imprese”.
“Il
settore dell’olio d’oliva ha evidenziato una buona capacità di
tenuta alla crisi sanitaria”. Ha dichiarato Raffaele Borriello
Direttore Generale dell’Ismea. “Alla maggior domanda da parte
della Gdo si è aggiunto un export piuttosto dinamico che ha
parzialmente mitigato le perdite dovute al fermo della ristorazione.
Nei primi sei mesi del 2020, la maggior domanda estera di olio
imbottigliato è arrivata soprattutto dagli Usa (+28) e dalla Francia
(+42%) e, caso raro per il settore, abbiamo avuto una bilancia
commerciale in attivo. Le previsioni per la campagna appena avviata
sono di una flessione produttiva accompagnata però da un buon
livello qualitativo del prodotto. La minore disponibilità di
prodotto nazionale e la contrazione delle scorte stimata dalla Ue,
potrebbero aiutare un recupero dei prezzi, fortemente penalizzati per
tutta la campagna 2019-2020.
Una
rivalutazione dei listini dei nostri extravergini – ha concluso
Borriello – passa anche attraverso una maggiore conoscenza e
apprezzamento da parte del consumatore italiano del nostro patrimonio
di oli di qualità. A questo scopo l’Ismea è impegnata in una
campagna di comunicazione promossa dal Ministero delle Politiche
agricole e che vedrà proprio negli ultimi mesi dell’anno un grande
dispiegamento di azioni e risorse per valorizzare presso il grande
pubblico questo prodotto simbolo del Made in Italy”.
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