La mela rosa romana qui è
d'eccezione. Cresce solo in questo habitat ed è il risultato di una
felice interazione fra ambiente e genetica. Il potenziale è enorme.
Merita il marchio di Rosa Romana Appennino”.
“Ne
è entusiasticamente sicuro il professor Silviero Sansavini
dell'Università di Bologna che dice di aver individuato un
'tesoretto' se non un vero e proprio tesoro che giace dimenticato
nell'alta valle del Reno e che staziona con preferenza nel comune di
Grizzana Morandi e comuni limitrofi. Reduce dell'ennesima indagine e
catalogazione delle diverse specie del frutto che hanno superato il
flagello dell'abbandono dell'agricoltura del dopoguerra, il
professore riferisce delle piacevoli sorprese che ad ogni
appuntamento rileva. Scende poi nello specifico quando gli viene
chiesta la ragione per cui i produttori dell'Appennino dovrebbero
riprendere la coltivazione della Rosa Romana quando è noto che la
produzione appenninica e quantitativamente molto minore rispetto a
quella di pianura e le mele, come il resto della produzione agricola,
si vendono a peso. “Come già detto, il perimetro che stiamo
indagando assicura una produzione di altissima qualità e quindi di
forte interesse per il mercato. E' vero che è stata valutata una
produzione di soli 150 quintali/ha, contro i 300 della pianura. E'
altrettanto vero che i costi di produzione in montagna sono più alti
di quelli di pianura. Ma una produzione biologica con interventi di
lotta integrata contro i parassiti assicura una tale qualità da
giustificare una spesa maggiore alla pesatura. E' una mela diversa
dalle altre, è aromatica, cromatica e ha un profumo antico. Le
potenzialità commerciali sono concrete. Molti altri esempi
dimostrano che il consumatore attento è disposto a una spesa
maggiore, se compensata da una qualità superiore del prodotto che
acquista”.
Sansavini mostra il 'tesoretto' |
Con
Sansavini sono all'opera i professori Luca Dondini e Claudio
Buscaroli del Dipartimento di scienze e tecnologia agroalimentare:
“Stiamo valutando alcune varietà di Rosa Romana di cui si era
persa la memoria,” precisano. “Si è scoperto che la coltivazione
è presente in questa zona da 2000 anni. E' coeva a Giulio Cesare ed
è quindi una produzione antica in Italia, seconda solo a quella
della mela Annurca descritta da Plinio.
Qui
è una presenza generalizzata, residuo di antiche coltivazioni anche
intensive e stiamo studiando le sue qualità dal punto di vista
nutrizionale. La si mangia anche cotta ed è ricchissima di
antiossidanti.
Il
suo rilancio è legato anche al turismo che in
Appennino sta
incrementando. Della 'partita' fa parte anche Cesare Calisti ( a destra nella foto) del
Cosea e alla domanda di cosa c'entri Cosea con la mela Rosa Romana
chiarisce che l'ente ha anche il distretto agro alimentare che ha fra
le finalità quella di fare sistema nella ricerca dello sviluppo del
territorio . Collegare il mondo agricolo con quello industriale al
fine di individuare sistemi utili alla produzione e alla lavorazione
e tali da migliorare anche la qualità ambientale. Entrando nello
specifico ha detto: “Il 30% dei rifiuti viene dall'organico e dal
vegetale che oggi sono smaltiti con un costo di 12-13 euro al
quintale. Cosea punta all'autosmaltimento con le compostiere la cui
produzione di fertilizzanti è poi da collocare in agricoltura ' a km
0'. La valorizzazione della produzione agricola locale assicura
questo utilizzo a Km 0 appunto, a costi vantaggiosissimi. Sostenere
la produzione locale è quindi anche un sostenere l'ambiente. E' poi
entrato ancora di più sulla tematica dei 'prodotti tipici'
ricordando che Cosea partecipa al recupero di due fondi agricoli al
Campiaro di Giorgio Morandi. I fondi dispongono di 25 ettari che
saranno utilizzati con le tecniche di un tempo e con la
ripiantumazione dei 'filari' che delimitavano gli appezzamenti
coltivati con filari di uva sorretti dal gelso e dall'acero campestre
, chiamato 'Opi'.
Brindisi alla 'rosa romana' |
3 commenti:
..ma lo sapete che il Cosea presieduto dal signor Calisti sta fallendo ed è in cerca di un "compratore" ...che la causa non sia anche nelle spese allegre (in questo caso vicino a casa)assai lontane dalla missione di raccolta e smaltimento rifiuti...
Adesso si comincia a conoscere il motivo del continuo aumento delle tariffe TARI, Non è colpa dei comuni, ma della gestione estemporanea di Cosea ambiente, società con attività singolari che nulla hanno a che fare con la raccolta dei rifiuti e del mancato controllo della proprietaria Cosea Consorzio.
Se fallise è una fortuna per noi cittadini, i danni del fallimento saranno certamente inferiori a quelli che si producono con queste attività senza alcun senso economico. Se la situazione fosse stata esaminata da Cottarelli, questa società sarebbe stata sciolta immediatamente, con forse anche qualche grana penale per qualcuno.
I miei sinceri complimenti ai due anonimi che hanno avuto il "coraggio" di scrivere i due commenti sopra.
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