In
occasione della sesta edizione del Milano Design Film Festival, che
si svolgerà dal 25 al 28 ottobre, si terrà la prima mondiale del
documentario dal titolo “Non abbiamo sete di scenografie. La lunga
storia della chiesa di Alvar Aalto a Riola”, diretto dal regista
Roberto Ronchi e della giornalista Mara Corradi.
L'Unione dei Comuni dell'Appennino bolognese annuncia:
Si
terrà domani, venerdì 26 ottobre, nell’Anteo Palazzo del Cinema
di Milano, alle 20.45, la prima proiezione ufficiale di “Non
abbiamo sete di scenografie”, il documentario dedicato alla
chiesa di Santa Maria Assunta di Riola (Grizzana Morandi) progettata
dal grande architetto, designer, accademico finlandese Alvar Aalto.
Il film sarà proiettato in occasione del Milano
Design Film Festival . Oltre ai registi Roberto Ronchi e
Mara Corradi saranno presenti
Hilla Okkonen, responsabile
Affari Culturali Ambasciata di Finlandia e Marco Tamarri,
responsabile Turismo e Cultura dell'Unione dei comuni dell'Appennino
bolognese.
Il
documentario ha rappresentato quest’estate l’occasione per la
comunità di Riola per festeggiare il quarantesimo anniversario
dell’inaugurazione della chiesa: in effetti gli autori con il
loro lavoro hanno ricostruito le alterne vicende che portarono alla
costruzione dell’opera. Una struttura architettonica che ancora
oggi merita di essere valorizzata per le sue peculiarità e la sua
bellezza.
Una
chiesa voluta fortemente da Giacomo Lercaro, arcivescovo di
Bologna dal 1952 che aveva partecipato ai lavori del Concilio
Vaticano II: la sua idea di rinnovamento basata sull’essenzialità
degli spazi e della liturgia si sposava bene con il funzionalismo
moderno dell’architetto nordico. Aalto visitò Riola il 10 gennaio
1966 e apprezzò la posizione dove l’edificio sarebbe sorto, vicina
al fiume Reno e non distante da un centro abitato a cui mancava un
luogo di culto, dopo le distruzioni del secondo conflitto mondiale.
Come
il documentario racconta la chiesa sarà inaugurata grazie alla
tenacia dei cittadini e degli imprenditori locali solo dodici anni
dopo, nel 1978, quando né Alvar Aalto né Giacomo Lercaro potranno
ormai vederla.
Nell’ambito
del programma del festival una seconda proiezione è prevista sabato
27 ottobre alle 20.45 con ingresso gratuito sempre presso Anteo
Palazzo del Cinema.
Il
film ha avuto il contributo delle testimonianze di
Claudia
Manenti
Laura
Castagno
Glauco
Gresleri
Leonardo
Mosso
Tommi
Lindh
Giuliano
Gresleri
Elisabetta
Gentilini
Arnaldo
Fornasini
Paolo
Vannini
Lia
Fornasini
Vezio
Nava
Alberto
Melloni
Marco
Bruni
Mariangela
Malpassi
Piero
Proni
don
Fabio Betti
Pur
essendo l’unica
opera italiana di uno dei più
grandi
maestri del Movimento Moderno, Alvar Aalto, la Chiesa di Riola di
Vergato
è
rimasta
quasi sconosciuta ai più
per
quarant’anni
e risulta inspiegabilmente poco nota anche agli addetti ai lavori. Il
documentario va alla scoperta di questa preziosa opera e racconta
l’interessante
vicenda che portò
alla
sua edificazione.
La
storia narra gli eventi che intercorsero dal conferimento
dell’incarico
ad Alvar Aalto da parte del Cardinale Giacomo Lercaro, nel novembre
del 1965, all’inaugurazione
ufficiale della chiesa avvenuta ben 13 anni dopo, successivamente
alla morte dei due protagonisti. Ricostruendo
i motivi che portarono a un così
lungo
percorso, quest’opera
si inserisce nelle vicende che toccarono l’Italia
e la provincia bolognese in quegli anni:
dal fenomeno della crescita delle periferie, alla chiusura del
Concilio Vaticano II con le conseguenze di un rinnovamento
strutturale e spirituale da parte della Chiesa, dalle ipotesi
sull’improvvisa
destituzione di Lercaro da vescovo di Bologna, fino
all’intraprendenza
dell’imprenditoria
edile e allo sviluppo della prefabbricazione.
Sullo
sfondo una piccola parrocchia dell’Appennino
bolognese, così
determinata
a costruire questa chiesa da arrivare ad autotassarsi; e Don Luigi
Borri, parroco contadino, che portò
avanti
il progetto come una missione, con un gruppo di fedelissimi che lo
sostennero dall’inizio
alla fine. A Giacomo Lercaro, Alvar Aalto, Luigi Borri, si affianca
alla fine la figura di un deus
ex machina,
il direttore della Grandi Lavori, Mario Tamburini, riolese e
imprenditore coraggioso che si impegna a costruire la chiesa
nonostante le avversità
politiche
ed economiche.
Quando
nel febbraio del 1968 inaspettatamente vengono annunciate le
dimissioni di Lercaro da vescovo di Bologna e tutti i suoi progetti
in corso vengono bloccati e congelati, la chiesa di Riola diventa il
simbolo di un trascorso da cancellare. Dall’analisi
di Alberto Melloni, il documentario propone ipotesi sulla sua
destituzione e descrive il clima di sospetto sull’operato
del cardinale da parte degli ambienti curiali bolognese e romano,
anche in virtù
del
ruolo cruciale di Lercaro in materia di rinnovamento liturgico
all’interno
del Concilio. Dopo anni di disillusioni per la gente di Riola, Mario
Tamburini prende in mano la situazione e promette di realizzare la
chiesa di Alvar Aalto a qualunque costo. Nel settembre del 1976 il
cantiere si apre e la chiesa viene ultimata due anni dopo e
inaugurata il 17 giugno 1978, alla presenza del successore di
Lercaro, l’Arcivescovo
Antonio Poma.
Il
documentario è
un
percorso di scoperta e valorizzazione degli eventi, che si apre con
un punto di vista particolare. È
il
punto di vista di un ragazzino bolognese che studia l’architettura
di Alvar Aalto,
ma ancora ignora l’esistenza
della sua unica opera italiana. Dal ritrovamento di un articolo
all’interno
di una monografia sull’architetto,
il ragazzino comincia un’indagine
che accompagna il pubblico attraverso le testimonianze di chi visse
le vicende e di chi le sentì
raccontare:
gli architetti Giuliano e Glauco Gresleri, membri della Sezione
tecnica dell’ufficio
Nuove Chiese, voluto da Lercaro; i riolesi direttamente coinvolti
nella storia e i loro figli che erano bambini all’epoca
e riportano oggi questi eventi come un momento glorioso nella storia
del loro piccolo paese; i collaboratori di Aalto che condivisero con
lui e con la moglie Elissa gli sviluppi del progetto nel tempo, gli
architetti Vezio Nava e Leonardo Mosso. I testimoni e gli studiosi
dell’operato
di Lercaro, come Claudia Manenti, direttore del Dies Domini Centro
Studi per l’architettura
sacra e la città.
L’ingegner
Marco Bruni che seguì
tutte
le fasi di prefabbricazione delle parti e del cantiere per la Grandi
Lavori e Piero Proni che lavorò
con
Mario Tamburini e con Giorgio Trebbi, architetto fedelissimo di
Lercaro.
La
scelta di Aalto testimonia l'attenzione di Lercaro nei confronti
della contemporaneità
architettonica
e del Movimento Moderno, in grado di farsi interprete dei nuovi
orientamenti spaziali indicati dal Concilio Vaticano II. La
chiesa di Riola si inserisce nel programma lercariano, inaugurato con
la famosa processione del giugno del 1955 nei terreni della periferia
bolognese, in cui la diocesi si impegnò
nell’urgente
compito di portare, sono parole del Cardinale, la "casa di Dio
tra le case degli uomini”.
All’interno
del suo discorso tenuto il 3 dicembre 1966, in occasione della
presentazione del progetto della chiesa alle autorità
e
alla stampa, il Cardinale Lercaro sente la necessità
di
rimarcare che questa chiesa, così
concepita,
risponde all’urgenza
della piccola comunità
di
sentirsi unita intorno a un altare, rigettando le obiezioni di chi
già
criticava
tale scelta come sfoggio di monumentalismo. Da una sua contestuale
affermazione deriva il titolo del documentario “Non
abbiamo sete di scenografie”.
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