giovedì 10 marzo 2016

A proposito di referendum

Pietro Fortuzzi ha inviato una informazione circa il referendum che si voterà in aprile e ne ha chiesto la pubblicazione. 



Referendum sulle trivellazioni. Dove, quando, come e per cosa si vota il 17 aprile

Domenica 17 aprile si vota per il referendum sulle trivellazioni. Tutto quello che c'è da sapere sulla consultazione in materia ambientale di cui molti ignorano l'esistenza.
Domenica 17 aprile 2016, dalle ore 7:00 alle ore 23:00, i cittadini italiani sono chiamati a votare per il “referendum sulle trivellazioni”, ovvero la consultazione popolare che chiede l’abrogazione del comma 17 dell’articolo 6 del decreto legislativo 152 del 3 aprile 2006 sulle norme in materia ambientale.
 Il referendum nazionale è stato promosso da nove regioni italiane contro i progetti petroliferi del governo nelle acque territoriali ed è sostenuto da molte associazioni ambientaliste e dal movimento NoTriv. Le regioni promotrici sono Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.
 Per cosa si vota
Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”, è questa la domanda a cui si deve rispondere. Se non si vuole che le trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa vengano rinnovate, bisogna votare SÌ. Votando NO si manifesta la volontà di mantenere la normativa esistente. Il referendum popolare è valido solo se raggiunge il quorum, cioè se va a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto, secondo quanto previsto dalla Costituzione. I giacimenti interessati sono Guendalina (Eni) e Gospo (Edison) nel mare Adriatico e il giacimento Vega (Edison) nelle acque di fronte alla città di Ragusa, in Sicilia.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Dove ci si reca per votare ?

Anonimo ha detto...

Tanto non si raggiungerà il quorum.

Anonimo ha detto...

Se si ragiona così per forza che non si raggiunge il quorum...
Intanto andiamo a votare poi si vedrà se vince il Si o il No

Anonimo ha detto...

Ricevo da un amico e ve le giro queste informazioni che è utile sapere per una scelta consapevole riguardo al referendum.
Ciao a tutti.Prima parte

Ritengo opportuno scrivervi alcune considerazioni in vista del referendum
abrogativo del 17 aprile. Cerco di farlo nella maniera più obiettiva
possibile, cioè in quanto esperto del settore e non con interesse
personale. [...]
Ciò detto, ecco alcuni punti fondamentali per inquadrare la questione:

· L’attività di perforazione ed estrazione di idrocarburi ha un
impatto ambientale minimo, molto inferiore a tantissime normali attività
antropiche. A regime si ha un foro con un diametro inizialmente di poche
decine di cm di diametro, che in profondità si riduce fino anche ad una
decina di centimetri. Il foro per tutta la sua lunghezza è completamente
isolato dalla roccia circostante con delle camicie di metallo, tranne che
nei tratti dove sono presenti gli idrocarburi da produrre.

· Eventuali impatti ambientali notevoli si possono avere solamente
in caso di gravi incidenti, in particolare se si è in mare e se si tratta
di pozzi a petrolio. La stragrande maggioranza dei nostri pozzi off-shore
sono pozzi a gas. Abbiamo tutti in mente il gravissimo incidente della
Deepwater Horizon sul giacimento Macondo nel Golfo del Messico di pochi
anni fa. Ebbene, quella era una situazione di mare molto profondo (1500 m –
tutte le piattaforme dell’Adriatico si trovano su fondali che vanno da
poche decine di metri a poco più di 100 m), con un progetto che presentava
vari punti di debolezza, a causa del perseguimento del massimo risparmio, e
con alcuni gravi errori operativi, compiuti sempre con il fine di
risparmiare. A seguito di quell’incidente, per far vedere che anche da noi
si faceva qualcosa, il ministro Prestigiacomo impose un limite di 12 miglia
dalla costa entro il quale non si poteva perforare nessun nuovo pozzo da
quota zero, provvedimento che non aveva alcun senso per le differenti
situazioni che ho già elencato. Tale limitazione è rimasta fino ad oggi, ed
è stata anzi rinforzata dall’attuale governo per annullare la maggior parte
di quesiti referendari che erano stati proposti (ne è rimasto uno solo).
Escludo che da noi oggi si lavori con le leggerezze mostrate nel caso
Macondo. Abbiamo avuto solamente un grosso incidente in Adriatico, quello
del Paguro, ma erano gli anni 60, si trattava di metano e non di olio, per
cui l’impatto che ha avuto sull’ambiente non è minimamente paragonabile a
quello di Macondo. Ora la piattaforma Paguro giace in fondo al mare ed è
diventato un parco marino protetto, meta ambita dai sub naturalisti per il
rigoglio di flora e fauna che la struttura sommersa ha permesso di far
crescere. Con questo non voglio certo dire che quell’incidente sia stata
una fortuna, ma tengo a sottolineare che i presunti disastri che le
attività estrattive avrebbero arrecato alle nostre coste secondo certi
articoli noTRIV, sono pure invenzioni indimostrabili. Nel nostro Adriatico
sono stati perforati centinaia di pozzi, ci sono decine di piattaforme in
funzione, ma non esiste alcuna alterazione arrecata alle nostre coste.
Anche sotto l’aspetto del turismo non esistono chissà quali svantaggi. La
maggior parte delle piattaforme si trova al largo delle coste romagnole,
dove guarda caso c’è la maggior affluenza turistica di tutta la costa
italiana. Dalle località romagnole in estate partono quotidianamente
motonavi che fanno il giro delle “isole d’acciaio” e sotto le nostre
piattaforme molto spesso vediamo motoscafi di gente che va lì a pescare
(anche se non si potrebbe per motivi di sicurezza).

Anonimo ha detto...

Referendum trivellazioni.Seconda parte
· Quando saremo maturi per coprire il 100% di fabbisogno con le
energie alternative, avremo ormai esaurito tutti i nostri giacimenti di
idrocarburi, posto che si continui a sfruttarli. Quindi smettere oggi di
estrarre in Italia, non vuole certo dire che si passi automaticamente alle
energie alternative, ma vuol dire aumentare immediatamente le importazioni
(gasdotti, petroliere, autocisterne, navi metanifere) da paesi dove spesso
si estrae con attenzioni verso la natura e la sicurezza più basse rispetto
a come si opera in Italia. Siamo proprio sicuri che l’impatto ambientale
anche sul nostro territorio diminuirebbe? Questo avrebbe invece certamente
un impatto economico sul nostro paese, che non avrebbe più alcun introito
dalle tasse delle compagnie che lavorano in Italia e dalle royalty
provenienti dagli idrocarburi estratti.

· A proposito del punto precedente voglio portare l’esempio della
Germania, che si è intelligentemente creata un piano di passaggio il più
rapido possibile alle fonti energetiche rinnovabili. Questo piano ambizioso
prevede che nel 2050 l’80% della sua energia provenga da fonti rinnovabili.
Negli scorsi anni ha chiuso tutte le sue centrali nucleari e si è buttata
in maniera drastica sulle fonti alternative. Qualche anno fa sono andato a
Berlino in macchina e sono rimasto sorpreso dalla quantità di pale eoliche
presenti dappertutto: a parte che in Baviera, nel resto del territorio è
impossibile guardare lontano senza scorgerne almeno alcune. Ebbene,
nonostante questa forte spinta di conversione, oggigiorno buona parte della
sua energia la Germania deve ancora ottenerla dai combustibili fossili e,
poiché i tedeschi sono notoriamente gente concreta, cercano di sfruttare al
meglio ciò che hanno in casa: il 40% della loro energia lo producono
bruciando il loro carbone! Il carbone è un combustibile infinitamente più
inquinante del metano e la sua estrazione è infinitamente più devastante
rispetto a quella del metano. Insomma, il fatto che noi vogliamo rinunciare
all’estrazione del nostro metano rasenta il ridicolo.

· Poi veniamo all’aspetto occupazionale: con il fatto della crisi
del prezzo del petrolio stiamo già toccando con mano cosa significhi una
riduzione di attività delle compagnie petrolifere sull’impiego dei
lavoratori. Qui nel distretto di Ravenna, ad esempio, nel giro di due anni
siamo scesi da 5 impianti di perforazione a 2. L’Eni al momento ha
assorbito in qualche maniera la cosa redistribuendo e riorganizzando il
personale, ma in tutto l’indotto si è già iniziato a licenziare alla
grande. Buona parte dei malcapitati è ora a piedi ed è inverosimile che
tutta questa gente possa essere riassorbita in breve tempo in altri
settori, soprattutto quelli con maggiore specializzazione. Questo fenomeno
evidentemente si acuirebbe in maniera esponenziale in caso di annullamento
totale delle attività per scelta nazionale.



Anonimo ha detto...

Referendum trivellazioni.Terza parte

Infine parliamo nello specifico del referendum che si terrà il 17 aprile.
L’obiettivo del referendum è quello di annullare tutte le concessioni entro
le 12 miglia alla loro prossima scadenza. E’ importante sapere che lo stato
rilascia una concessione di coltivazione ad una compagnia per 20 anni
rinnovabili (primo rinnovo 10 anni, i successivi 5 anni). Normalmente i
giacimenti, per essere sfruttati interamente, necessitano di più rinnovi di
concessione e le compagnie ovviamente hanno sempre fatto i loro piani
d’investimento sullo sfruttamento completo del giacimento e sul ripristino
finale delle condizioni di partenza. Se al referendum vincono i Sì, il
risultato sarà che si chiuderanno i rubinetti ad infrastrutture già in
opera, lasciando nei giacimenti più o meno alti quantitativi di metano
(perché entro le 12 miglia abbiamo quasi esclusivamente giacimenti di
metano) con i buchi già fatti, le piattaforme già installate e le condotte
sottomarine già posate. Il gas che non produrremo più da lì, lo andremo a
comprare all’estero, come detto prima. Che senso ha? Inoltre le varie
compagnie operanti non saranno rientrate degli investimenti fatti e molto
probabilmente non avranno i soldi per procedere al costosissimo ripristino
finale (chiusura mineraria dei pozzi, smantellamento delle piattaforme).
Ciò porterà verosimilmente al fallimento della maggior parte di esse
(soprattutto le piccole filiali italiane di compagnie straniere) con il
risultato che rimarranno delle bombe ecologiche in mezzo al mare che
nessuno più manuterrà. E’ questo che vogliamo?



Ciao