Il sole cocente della ‘seconda bolla africana’ non scoraggia i promotori della raccolta di firme a favore della vertenza Kemet.
L’azienda ha annunciato un esubero di oltre 200 lavoratori e fra le tante iniziative finalizzate ad evitare l’ulteriore consistente emorragia di operai nella ex Arcotronics , vi è anche quella del PDL sassese che ha avviato una raccolta di firme che poi invierà al gruppo dirigente della multinazionale.
Il banchetto oggi era all’ingresso dello stabilimento Kemet di Sasso Marconi nell’ora in cui vi è il cambio del turno per facilitare l’adesione dei dipendenti Kemet a questa iniziativa.
La novità della destra in presidio ai cancelli di una fabbrica ci ha incuriosito e abbiamo chiesto a uno dei presenti, il consigliere comunale Eugenio Salamone, (nella foto) se si aspetta un riscontro positivo da tanta attività:
“Abbiamo voluto venire anche qui, oltre alle due presenze settimanali del martegì e della domenica in piazza, per sensibilizzare il più possibile la gente su questo grave problema che tocca non solo gli operai Kemet direttamente. Purtroppo ancora molti cittadini non sono al corrente del pericolo che si sta correndo. Ci ha stupito il sostanziale cambio di strategia aziendale in soli due anni. Nel 2008 la Kemet infatti ha presentato un progetto industriale che conservava dei mille esistenti, 700 e rotti posti di lavoro. Ora vuole trasferire due lavorazioni in Macedonia e vuole mantenere in Italia solo la parte relativa alla progettazione e realizzazione di macchine automatiche. Il mantenere a Sasso Marconi, come annunciato due anni fa, il ‘cervello’ produttivo di qualità e il ‘braccio’ produttivo di qualità ci pare una pretesa logica anche dal punto di vista economico”.
Legati all’accordo di due anni fa c’è anche la nascita del nuovo stabilimento Kemet a Borgonuovo e la trasformazione del vecchio complesso aziendale di San Lorenzo in residenziale.
“L’intesa del 2008 prevedeva un nuovo stabilimento a Borgonuovo e il trasferimento in tale struttura, realizzata in modo tale da garantire il massimo della funzionalità, delle lavorazioni superstiti di San Lorenzo e di Vergato. Inoltre il salvataggio del presidio produttivo di Monghidoro. Condividemmo quella impostazione perché stabilizzava un importante realtà industriale a Sasso Marconi”.
Kemet chiede al ‘lavoro della vallata’ ulteriori importantissimi sacrifici. Cosa succederà?
“C’è il rischio concreto che il Comuni e il sindacato facciano una brutta figura. Potrebbe succedere che la Kemet realizzi il nuovo stabilimento, costringa il sindacato ad un nuovo accordo migliorativo rispetto alla proposta attuale dell’azienda ma peggiorativo rispetto a quello del 2008. Poi commercializzi l’area dello stabilimento di San Lorenzo con la sua grande capacità edificatoria. Tutti così ci guadagnerebbero ad eccezione dei lavoratori il cui numero potrebbe ridimensionarsi se non al numero di cinquecento come annunciato, a un numero comunque di ripiego. Voglio anche precisare che l’importanza dell’argomento, la cui soluzione finale inciderà nella mappa produttiva futura della vallata in modo più che sensibile, non è una questione cui intendiamo dare una lettura politico-partitica. In questo momento, per la gravità della situazione, tutti dobbiamo lavorare per il bene del paese. Lunedì prossimo ci sarà un consiglio comunale aperto su questo tema: speriamo in qualche novità positiva”.
La rottura dell’accordo sul numero degli occupati futuri inciderà anche nella concessione di trasformazione edilizia o no?
“Le due cose non sono vincolate in senso stretto, anche se un rapporto c’è poiché, per esempio, la definizione ultima del piano regolatore e la sua approvazione andò a lungo in stand by perché non si trovava la quadra su Arcotronics. Il primo è un accordo sindacale il secondo la riqualificazione di un’area. Noi comunque ci opporremo ad ogni concessione edilizia se la l’azienda americana non terrà fede agli accordi del 2008”.
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