mercoledì 16 dicembre 2009
Non sfruttiamo le disgrazie: la denuncia di una mamma
“E’ una vergogna. Si sfrutta la malattia dei bambini a fini di lucro”. E’ il commento piuttosto risentito e amareggiato di Giuseppa Pasqua, madre di un bambino con la sindrome di Down, fortunatamente leggera. Tale però da aver condizionato molto della vita di Giuseppa. La reazione della mamma deriva dalla notizia che una cooperativa sociale di Monte San Pietro ‘Il Martin Pescatore’ ha avviato la distribuzione di una bambola, la ‘baby down’ con i tratti somatici di un bebè con sindrome di Down. L’ intenzione della cooperativa è quella di aiutate a superare i pregiudizi e contemporaneamente dare un lavoro alle persone con disabilità. Sono infatti i soci della coop, affetti da gravi disturbi psichici, a occuparsi dell’imballaggio e della spedizione delle bambole in tutta Italia. La vendita infatti si attua on line. Di tutt’altro avviso la signora : “Si gioca con i sentimenti” accusa. “Un figlio è un figlio. Si fanno gli occhietti della bambola leggermente a mandorla credendo di fare opera di integrazione. Io ho vissuto male la malattia e non ci vedo integrazione a fare bambole con sembianze che richiamano tale anomalia. Mi sento invece presa in giro”. Poi rincara su quella che ad avviso di Giusseppa è una imperdonabile prova di insensibilità: “Baby Down ? E i sentimenti di chi ha questa sindrome dove li mettiamo! I bambini hanno una personalità che vedono svilita poiché la loro immagine caratterizza un bambolotto. Dietro ai bambini ci sono genitori che hanno sofferto. Io ho vissuto molto male la situazione. Non si è pensato neppure ai genitori”. Giuseppa continua poi sottolineando che l’integrazione vera è un’altra e prende ad esempio un’altra cooperativa sociale, la Copaps di Sasso Marconi dove la finalità prima è quella dell’integrazione dei meno abili: “Questa cooperativa fa effettivamente sostegno con attività che effettivamente impegnano i ragazzi e li rende attivi” precisa per sottolineare che la sua non è una posizione antintegrazione. “Gli operatori insegnano ai loro assistiti attività per loro possibili e naturalmente apprendono che possono essere utili per sè e gli altri. Coloro che apprendono sono poi impegnati in settori operativi come giardinaggio e agricoltura. Questo è il modo giusto per renderli partecipi del consorzio umano”.
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