Di
Alessandro Ori
Domenica
prossima, 13 marzo, il Club Alpino Italiano di Bologna (C.A.I.)
accompagnerà gli amanti del vivere la collina bolognese a visitare
il Contrafforte Pliocenico. La passeggiata fa parte del programma
escursionistico 'Trekking col Treno'.
Mezzo
di trasporto / Transport
Treno / TrainRitrovo
/ Meeting place
Bologna Stazione Centrale (piazzale ovest) h 8,45Partenza
a piedi / Hike start time
Sasso Marconi Stazione h 9,30Arrivo
previsto / Expected end time
Bologna Stazione Centrale h 17,49
Itinerario
/ Itinerary
Sasso Marconi – Prati di Mugnano – Poggio Dell’Oca – Mulino
Nuovo – Case Benni – Colombara – Villaggio Baldisserra –
Pianoro
- Durata / Duration: 7 h
- KM / kms: 19
- Difficoltà / Level: Media / Moderate
- Dislivello / Elevation gain: + 800 - 750 mt
TITOLI
DI VIAGGIO:
Biglietto
FS andata da Bologna a Sasso Marconi € 2,15
Biglietto
FS riorno da Pianoro a Bologna € 2,15
Info
cell. : a partire da 3 giorni prima dell' escursione 331 918
4640
IL
CONTRAFFORTE PLIOCENICO
Allineamento
di pareti rocciose che si elevano trasversalmente alle valli dei
torrenti Reno, Setta, Savena, Zena e Idice, formato da arenarie del
Pliocene medio-superiore depositatesi in ambienti di spiaggia.
Peculiari le strutture sedimentarie le morfologie. Il termine
contrafforte si riferisce alla peculiare sequenza di pareti rocciose,
mentre quello di pliocenico sta a indicare l'età geologica delle
arenarie che formano questi rilievi. L'articolazione del contrafforte
in rilievi separati da valli e vallecole consente l?individuazione di
diversi settori di interesse.
Tra
il fondovalle Reno e il fosso Raibano, si identifica il rilievo di
Monte Mario, che rappresenta l'estremità nord occidentale del
Contrafforte pliocenico, il cui fianco nord-occidentale presenta una
alta parete verticale che si erge al di sopra di terreni argillosi a
più debole acclività. Lungo la spettacolare parete è ben visibile
la stratificazione suborizzontale, delle arenarie ed è possibile una
loro ripartizione in tre complessi tabulari, la cui separazione è
marcata da allineamenti continui della vegetazione. La
stratificazione assume, verso nord, una giacitura diversa, che porta
gli strati ad immergersi in direzione del fondovalle Reno con forti
inclinazioni. Le rocce affioranti sono arenarie formatesi in ambienti
di mare poco profondo, nei pressi della linea di costa, probabilmente
a cavallo fra un ambiente di piana deltizia ed uno di fronte
deltizia, come dimostra il ritrovamento di depositi canalizzati e di
strutture legate all'azione del moto ondoso.
La
valle del Fosso Raibano separa i rilievi di Monte Mario e Badolo,
solcando profondamente le rocce plioceniche, la valle è stretta e
profonda, chiusa tra due versanti piuttosto ripidi che mettono a nudo
le arenarie interpretate come il riempimento della paleovalle del
Setta. Le arenarie si presentano discretamente cementate, e questa
loro qualità ha permesso il mantenimento delle forme scolpite dalle
acque, come piccole gole, sezione dell'alveo simili a marmitte dei
giganti, anse dovute al locale andamento meandrizzante del corso
d'acqua. Queste ultime si riconoscono anche ad una certa altezza
sulle pareti della vallecola e rappresentano paleoanse che indicano
il precedente livello di scorrimento delle acque. Dove sono presenti
salti d'acqua, cascatelle di dimensioni variabili (dal metro ai 7-8
metri di altezza), si assiste alla formazione di colate travertinose.
Lungo
la parete della Rocca di Badolo sono presenti tre banconi di arenaria
di forma tabulare, che possono essere visivamente ricollegai a quelli
visibili a Monte Mario, a Monte dei Frati e a Monte Adone. Le
arenarie che vi affiorano testimoniano l'innalzamento del livello
marino, avvenuto verso la fine del Pliocene. Questo è documentabile
grazie alla approfondita analisi delle strutture sedimentarie: negli
strati più bassi, infatti, sono prevalenti strutture originate
dall'azione di correnti fluviali: queste, passando agli strati
superiori, tendono a scomparire lasciando il posto alle tipiche
strutture legate al moto ondoso, a testimonianza di un graduale
approfondimento del fondo del bacino con conseguente attenuazione e
successiva scomparsa dell'influenza fluviale. La cengia che si
osserva lungo la parete, corrisponde a un livello di materiale più
fine nel quale sono assenti strutture sedimentarie poiché è
avvenuta una intensa rielaborazione da parte di organismi che
attraversavano il sedimento (bioturbazione). Le sottili linee
arrossate che segnano questa cengia corrispondono a livelli di
argilla in corrispondenza dei quali si è verificato un arricchimento
in ossidi di ferro. Tra la cengia e la sommità della Rocca si
ritrovano livelli lenticolari con "clay chips".
Tra
Badolo e il fosso degli Aldani si snoda la lunga parete arenacea del
Monte del Frate, nella quale è possibile identificare i tre spessi
banconi di arenaria di forma tabulare, che possono essere visivamente
ricollegai a quelli visibili a Monte Mario, alla Rocca di Badolo e a
Monte Adone, al cui interno è presente una fitta trama di strutture
sedimentarie. Tra l'arenaria sono presenti livelli di piccoli
ciottoli formati da rocce di natura diversa (calcari, arenarie e
anche diaspri), che testimoniano la vicinanza di queste aree alle
foci fluviali plioceniche, presso le quali si depositava il detrito
più grossolano. Gli agenti atmosferici hanno cesellato nella parete
numerose morfosculture, rimarcando le linee a differente
cementazione, cosicché la superficie degli affioramenti risulta
disegnata con una sorta di bassorilievo che mette in risalto le
strutture sedimentarie presenti. In corrispondenza delle zone a
minore cementazione si sono create piccole cavità e sottili cenge,
che hanno permesso la colonizzazione da parte di piante rupicole.
L'area ospita una estesa stazione di "Stipa pennata",
volgarmente detta lino delle fate, una bellissima graminacea che
trova nelle pareti del contrafforte le uniche stazioni regionali. Una
estesa macchia di bosco, formata da roverelle, lecci e ornielli,
occupa una fascia a minore acclività posta al centro della parete,
mentre le scure chiome dei lecci e le spighe argentee della stipa,
accompagnati da ginepri, ginestre, elicrisio, eliantemo, geranio e
lino, ne coronano il ciglio formando una associazione legata a questi
assolati affioramenti arenacei.
Il
Monte Adone è la massima elevazione del Contrafforte Pliocenico.
Presso la cima si osservano due alti torrioni, numerosi affioramenti
di interesse sedimentologico e alcune profonde fenditure di origine
gravitativa che originano camini e grotte. Lungo l'imponente parete
di Monte Adone si osserva una fitta trama di strutture sedimentarie,
che comprende lamine piano parallele e cuneiformi (queste ultime
tipiche strutture da battigia). Presso la cima di M. Adone una
profonda e stretta vallecola (una sorta di piccolo canyon) interrompe
la continuità della parete arenacea e al suo interno si alzano da
due maestose torri arenacee che con una altezza di oltre 15 m, sono
un esempio di selezione erosiva: acqua e vento hanno avuto una azione
meno incisiva nelle zone dove sono presenti strati più duri (che si
individuano bene sia sommità delle torri che lungo i fianchi), che
hanno funzionato come un robusto cappello protettivo per la colonna
di roccia sottostante. Ai piedi della parete rocciosa di Monte Adone
si aprono due profonde fenditure verticali, in corrispondenza delle
quali si è creata la Grotta (o Tana) delle Fate di Monte Adone. La
grotta, al cui interno si avverte una forte corrente d'aria, è
accessibile per un tratto di quasi 50 m, oltre il quale massi e
detriti crollati dall'alto interrompono il passaggio. Si tratta
infatti di una tipica "grotta tettonica", cioè una cavità
che si è aperta per la presenza nella roccia di fratture e faglie,
allargatesi poi sotto l'influenza della forza di gravità. Le faglie
lungo cui si è formata la grotta delle Fate e il camino adiacente,
sono le stesse che hanno originato la gola e i torrioni presso la
cima del monte. La presenza di concrezioni alabastrine lungo le
pareti testimonia la circolazione di acqua concrezionante. Le firme
presenti nelle parti più interne della grotta attestano la sua
frequentazione sin dal medioevo, un periodo durante il quale si
alimentarono le leggende sulla cavità: favolosi tesori o apparizioni
di dame eteree (in passato era nota anche come Grotta di Monte
Donnico). La cavità venne verosimilmente già utilizzata in tempi
preistorici come ricovero o abitazione; il rinvenimento nel 1900
sulla cima di M. Adone di molti frammenti di vasi di terracotta, di
fattura grossolana e simili a quelli ritrovati presso la grotta del
Farneto e a Castel de' Britti, testimoniano la frequentazione del
contrafforte e la presenza di una via di transito durante L'?età del
Bronzo. La grotta da' rifugio a una fauna molto ricca con coleotteri,
ortotteri, crostacei e isopodi tra cui il raro Coleva cisteloides,
assieme a numerosi pipistrelli. Il crinale di Monte Adone è un
esemplare spartiacque tra due versanti caratterizzati da morfologie e
microclimi contrastanti. Quello esposto a sud-ovest, che è parte del
"contrafforte", si presenta molto ripido, a tratti
roccioso, poiché è modellato lungo strati disposti a "reggipoggio",
cioè con giacitura opposta a quella del pendio, assetto che, come
dice il termine, è garanzia di una maggiore stabilità. La
vegetazione che riveste le parti meno acclivi è legata alle
condizioni calde e secche derivate dall'esposizione, con la presenza
dominante di roverella a cui si accompagna il leccio. Il versante
esposto a nord-est è invece a "franapoggio", cioè la sua
inclinazione è conforme a quella degli strati, che possono
funzionare anche come piani di scivolamento per movimenti franosi. In
questo fianco è favorita la presenza di un bosco "mesofilo"",
tipico dei versanti umidi e freschi. Lungo il sentiero, tra la
primavera e l'inizio dell'estate si possono incontrare alcune rarità
botaniche tra cui spiccano le belle fioriture della rara erba limonia
o frassinella (Dictamnus album) e lunghe spighe a pochi fiori
dell'orchidea Limodorum abortivum. La sottostante valle del rio
Carbonaro solca le argille e i conglomerati del Pliocene inferiore,
derivando il nome degli abbondanti resti di legno fossile
carbonificato contenuti all'interno delle argille, che si rinvengono
con facilità risalendo il greto.
Il
Monte Castellazzo è il tratto di Contrafforte Pliocenico posto tra
Monte Adone e la Valle del Savena, dove sarebbe esposta la sezione
del fianco sinistro della paleovalle del Savena. Questa struttura è
visibile nella successione di strati areancei delle pareti del Monte
Castellazzo, dove è possibile seguire con lo sguardo l'andamento
della stratificazione e, contemporaneamente, la linea che segna il
passaggio tra le arenarie e le sottostanti argille plioceniche.
Questa linea, che è maggiormente inclinata rispetto agli strati
sovrastanti, rappresenterebbe la fossilizzazione del versante
sinistro di una paleovalle fluviale che durante il Pliocene venne
scavata nelle argille, in un periodo nel quale il livello marino si
abbassò in misura rilevante (regressione). In seguito, quando il
livello del mare si innalzò di nuovo e le acque annegarono
rapidamente le terre che in precedenza erano emerse (trasgressione),
la valle venne colmata da nuovi sedimenti marini i cui strati si
appoggiarono con giaciture orizzontali sul versante della valle. La
stessa geometria si può leggere lungo il versante destro della
valle, negli affioramenti arenacei che risalgono verso Livergnano.
Dal
greto del Savena il Contrafforte Pliocenico risale sino a Livergnano
culminando nel Monte Lolla, con una parete rocciosa lineare nella
quale si evidenziano i lineamenti della paleo valle del Savena. Lungo
il crinale è presente una peculiare forma a muraglione e la roccia è
scolpita da da una serie di forme erosive modellate dal vento, simili
a funghi rocciosi.
Lungo
la statale delle Futa, presso il paese di Livergnano, si osserva una
parete rocciosa nella quale affiorano le arenarie del contrafforte
pliocenico (Formazione di Monte Adone, membro di Monte Mario e
Formazione di Monte Rumici Membro di Cà Mazza), dove si osservano
interessantissime strutture sedimentarie tra cui una evidente
clinostratificazione rimarcata da livelletti ciottolosi.
Il
tratto del contrafforte pliocenico che da Livergnano scende al
fondovalle Zena culmina del Monte Rosso, dove gli affioramenti
espongono arenarie nelle quali si trovano intercalati interessanti
livelli di conglomerati. Tra questi è possibile focalizzare, nella
parte centrale della parete, un esempio molto chiaro di strato a
epsilon, nel quale i conglomerati, a cui si alternano sottili livelli
di arenaria, sono organizzati secondo linee inclinate. Questa
particolare geometria indica la crescita laterale di un corpo
ciottoloso avvenuto lungo la sponda concava di un meandro fluviale,
nel quale ogni piena poteva determinare la crescita di una fetta di
sedimento: in questo modo la sponda cresceva lateralmente formando la
cosiddetta "barra di meandro". Gli strati conglomeratici
che si osservano verso il ciglio della parte invece sono di aspetto
massivo, cioè privi di strutture, e sono caratterizzati dalla
presenza di irregolari intercalazioni di arenaria, con un assetto che
cambia molto su diversi transetti verticali. Questi caratteri
indicano che la sedimentazione di questi materiali è avvenuta a
seguito di un trasporto in massa che ha riversato rapidamente una
gran quantità di ciottoli e sabbie: questo tipo di accumulo
rappresenta pertanto una piena fluviale fossile.
Tra
la valle dello Zena e quella dell'Idice si eleva il Monte delle
Formiche. Tra le arenarie che vi affiorano sono presenti potenti
livelli conglomeratici (Cà del Monte) e strutture sedimentarie di
grande interesse paleogeografico. Una frana di crollo avvenuta nel
2003 ha interessato le pendici meridionali, distruggendo la grotta
dell'eremita.
Il
Monte delle Formiche rappresenta il rilievo più orientale del
contrafforte pliocenico e la sua forma pronunciata, su cui spicca la
sagoma del santuario, segna il crinale tra l'Idice e lo Zena lungo
cui corre una sterrata molto panoramica sulle due vallate e sul
contrafforte tra Livergnano e Sadurano. Lungo la parete del monte
sono particolarmente evidenti tre banconi separati da sottili fasce
di vegetazione, che rappresentano corpi di forma tabulare formati da
arenarie e conglomerati. Alla base della parete, presso la località
Cà del Monte, è possibile sostare per osservare da vicino un
interessante banco di conglomerati dove sono presenti tracce di
rielaborazione da parte del moto ondoso; una testimonianza di come
durante il Pliocene questa zona fosse vicina a foci fluviali. I
ciottoli che si osservano in questo affioramento sono assai simili
nella composizione a quelli che formano oggi i greti dell'Idice e
dello Zena, testimoniando che le valli dei fiumi pliocenici erano
incise nelle stesse formazioni geologiche che si osservano lungo le
valli attuali.
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