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Fuori
dalla trincea per riportare la calma nei giorni più cupi, i
rappresentanti dei lavoratori Saeco hanno detto «sì» alla
richiesta dell’azienda di «rilavorare le macchine per espresso
Intelia con scheda elettronica difettosa, spostandole sulla linea
L0001 in Torretta 230». Si tratterebbe di trasferire alcuni prodotti
finiti da un capannone a un altro, entrambi a due passi dal presidio,
per mettere a posto alcuni difetti di produzione. Lo chiedono i
vertici, gli operai non fanno muro. «Del resto — spiega Marino
Mazzini della Fim Cisl — la produzione non è mai stata fermata ».
Una decina di persone in più rientrerà perciò in fabbrica in
deroga alla cassa integrazione per soddisfare la richiesta. «Nessuno
ci darà nulla in cambio — spiega Stefano Stefanelli, rsu Saeco —
ma il nostro vuole essere un segno distensivo unilaterale per dare
una mano al tavolo del ministero che ha evidenti difficoltà».
Ennesima porta in faccia, invece, all’appello
dell’azienda a far partire i quattro camion carichi di macchine
da caffè pronte per la vendita. I sindacati precisano di non voler
concedere, in questa fase, «nessuna apertura per quanto riguarda la
consegna di prodotti finiti, vista la rigidità incomprensibile
dimostrata da Philips» che ha ribadito ancora una volta di voler
licenziare 243 persone. Resta da sciogliere il nodo cassa
integrazione: l’accordo scade tra nove giorni e, in mancanza di un
rinnovo, è dietro l’angolo il rischio che vengano aperte subito le
procedure di mobilità. E contro il colosso olandese si scatenano le
reazioni politiche, mentre il leader regionale della Fiom, Bruno
Papignani, chiede al governo di bloccare le commesse pubbliche della
multinazionale: «Atteggiamento irrispettoso verso un Paese —
scrive Papignani —, visto che Philips non vende solo macchine da
caffè ma fornisce ospedali e Asl con un quantitativo impressionante
di commesse pubbliche, con prodotti costruiti altrove, si pone un
problema relazionale».
Il segretario del Pd bolognese, Francesco
Critelli, attacca: «È bene che Philips metta da parte questa
arroganza ». E il governo deve mettere in chiaro alla multinazionale
che così «non può tenersi lo storico marchio della fabbrica
sull’Appennino ». È la strategia suggerita dall’ex segretario
nazionale della Cgil e presidente della commissione Attività
produttive della Camera, Guglielmo Epifani. I Cinque Stelle avanzano
un’altra proposta: per il deputato bolognese Matteo Dall’Osso, al
ministero «sono state fornite ampie assicurazioni circa il fatto che
altre aziende italiane possano acquisire il controllo della Saeco».
Per Sel «se passa il modello Philips, qualsiasi multinazionale —
dice il capogruppo in Regione, Igor Taruffi — potrebbe fare lo
stesso».
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