Riceviamo
e pubblichiamo
L’ernia senza dolore. E’ l’innovazione introdotta dal professore parmense Antonio Darecchio, chirurgo della casa di cura Piccole Figlie di Parma e del San Camillo di Cremona, che ha messo a punto una tecnica laparoscopica innovativa che consente di trattare la patologia erniaria in modo meno invasivo grazie all’utilizzo di speciali ‘colle biologiche’ per il fissaggio delle protesi, invece di punti metallici o traumatici, che provocano forte dolore. E il paziente torna così in piena forma in due-tre giorni.
La tecnica da lui coniata ha ottenuto il certificato di brevetto a livello internazionale (PCT) e si basa sull’utilizzo di uno strumento chirurgico mono-uso e a basso costo. Questo
strumento intrappola il gas CO2 normalmente utilizzato in laparoscopia all’interno di un pallone sottile e trasparente in materiale plastico. La camera gonfiabile a bassa pressione che si crea occupa tutta la cavità addominale. Il pallone a questo punto assume la forma della cavità addominale entro la quale si gonfia ed in questo modo fa aderire la protesi al peritoneo parietale in modo totale e perfetto. All’interno della camera gonfiabile si ha la piena visuale utilizzando la comune ottica laparoscopica. Sul lato viscerale invece l’intestino è schermato e protetto dal pallone stesso ed anche su questo versante è possibile osservare tutto attraverso la telecamera. A questo punto grazie alla piena adesione della protesi alla parete addominale, si può con piena efficienza fissare la protesi alla parete addominale attraversi gli adesivi chirurgici, veicolati attraverso piccole cannule flessibili studiate ad hoc. Gli adesivi manterranno la protesi in sede fino alla sua integrazione nei tessuti del paziente e verranno poi degradati dalle cellule immunitarie. In questo modo non è più necessario utilizzare delle spirali metalliche traumatiche o simili per fissare le protesi.
La storia del professore parmense - figlio ed erede di una generazione di inventori - è stata ripresa nei giorni scorsi dal periodico ‘L’Informatore’, organo di informazione di Unicoop (qui il link: http://www.coopfirenze.it/informatori/notizie/medico-e-imprenditore). Fino ad oggi - ha spiegato Darecchio alla giornalista Silvia Amodio -, "nonostante i progressi tecnologici, le complicazioni postoperatorie sono state tante: il taglio utilizzato in chirurgia tradizionale è molto invasivo. I chiodini, le spirali metalliche e i punti di sutura usati per fissare la retina sono dei corpi estranei che il nostro organismo a lungo andare può rifiutare, il dolore può diventare cronico e la convalescenza è molto lunga. Ecco perché ho messo a punto una nuova tecnica per risolvere questi problemi. Attraverso il mio strumento, brevettato a livello mondiale, riesco a praticare un’incisione di soli 12 millimetri e a far aderire la retina fissandola alla parete addominale senza punti metallici o traumatici, evitando le complicazioni di un intervento invasivo. I miei pazienti hanno la possibilità di tornare in piena forma in due-tre giorni”.
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