martedì 4 febbraio 2025

ART CITY Bologna 2025: Il grande parlamento degli istinti a Villa Davia

 

Il sindaco Roberto Parmeggiani all'inaugurazione della mostra


Ha aperto al pubblico sabato scorso, 1° febbraio, "Il grande parlamento degli istinti", una mostra collettiva curata da Spazio Relativo e Studio Yoshida, inserita nel programma di ART CITY Bologna 2025 nell’ambito di Artefiera. L’esposizione, visitabile fino all’8 marzo, trasforma gli ambienti della settecentesca Villa Davia, dell’oratorio di Sant’Antonio da Padova e del Salone delle Decorazioni in un palcoscenico di riflessione sul rapporto tra arte, ritualità e istinto.

Ispirata alle teorie dell’etologo Konrad Lorenz, la mostra esplora il ruolo della ritualità come meccanismo di regolazione sociale, interrogando la necessità umana di costruire gesti codificati e simbolici per equilibrare pulsioni profonde e contraddittorie. "L'aggressività è un istinto o un comportamento appreso?" si chiedeva Lorenz nel suo celebre saggio del 1962. "Il grande parlamento degli istinti" si configura come un esperimento transdisciplinare che riflette sulla capacità dell’arte contemporanea di porsi come dispositivo rituale.

La mostra propone una mappatura della ritualità come dispositivo di regolazione sociale, attraverso le opere di numerosi artisti. Tra questi, Fabio De Meo con "Formiche" realizza un monumentale dipinto di 48 metri quadrati che rievoca l’organizzazione delle formiche come metafora delle dinamiche umane di dominio e sopravvivenza. Cristiano Zanini modella la cartapesta in forme evocative di armi e utensili rituali, mentre Miriam Del Seppia indaga il tempo e la trasformazione con "Processes of Unstable Chemistry", attraverso tinture naturali e processi chimici instabili.

Sebastiano Pallavisini, con "Gulasch", fonde in un’unica immagine ibrida diverse specie animali, suggerendo il caos biologico e la violenza dell’istinto primordiale. Mattia Pajè, con "Mutual Understanding", incide su lastre di ottone dorato figure ispirate alle Pioneer Plaques della NASA, mentre Simone Carraro recupera la figura del cantastorie nella serie "L’anonimo lunario cantato", indagando il valore comunitario della narrazione. Federico Marinelli esplora il rapporto tra ricordo e verità attraverso una pittura che utilizza la ritualità come chiave d’accesso all’immaginario.

Elemento cardine della mostra è la dimensione performativa, che trasforma gli spazi di Villa Davia in un teatro espanso dell’azione rituale. Durante il vernissage, il pubblico sarà coinvolto in una serie di attivazioni performative. "Rappresentazione", di Luca Veggetti, Paolo Aralla e Alice Raffaelli, utilizza la registrazione della voce di Francesco Leonetti per restituire un monologo carico di stratificazioni semantiche. Nicola Di Croce e Marta Magini, con la performance-concerto "Richiamo", sviluppano un dialogo sonoro all’interno dell’oratorio barocco del Borgo, mentre "GLARE" di Jacopo Cenni esplora l’oscillazione tra il dominio dell’Umano e la perdita di controllo sulla luce.

Il programma include anche conferenze e laboratori, tra cui "Il rituale nell’opera di Pier Paolo Pasolini", con Roberto Chiesi e Stefano Casi, e "Esplorazioni, sensi e voci nel grande parlamento degli istinti", a cura di Passeggiate Filosofiche e Teatrino Giullare. Moe Yoshida e Iside Calcagnile condurranno laboratori esperienziali sulla relazione tra segno e voce, mentre "diBoccainBocca", di Nina Baietta, esplorerà le interazioni tra linguaggio, suono e canto.

"Il grande parlamento degli istinti" non si limita a esplorare il tema della ritualità, ma lo mette in atto, trasformando la mostra in un organismo vivo, in cui il confine tra opera e spettatore diventa permeabile. Attraverso la pluralità di media e la tensione tra memoria, istinto e linguaggio, il progetto curato da Moe Yoshida e Iside Calcagnile invita il pubblico a un’esperienza partecipativa che riattiva, nel presente, il bisogno umano di condividere segni e narrazioni che trascendano il quotidiano. Un parlamento degli istinti, dunque, in cui l’arte diventa strumento di negoziazione tra ordine e caos, struttura e pulsione, forma e divenire.

La mostra è il risultato della collaborazione tra Moe Yoshida e Iside Calcagnile, artiste e curatrici con percorsi di ricerca complementari. Calcagnile, fondatrice di Spazio Relativo, esplora la pittura e l’installazione con un approccio che sfida il dualismo uomo-natura, mentre Yoshida, attraverso Studio Yoshida, sviluppa una pratica scultorea e performativa che dialoga con la danza, il teatro e l’opera contemporanea.

Artisti partecipanti

·         Simone Carraro (Treviso, 1995)

·         Jacopo Cenni (Napoli, 1995)

·         Fabio De Meo (Latina, 1986)

·         Miriam Del Seppia (Memmingen, 1991)

·         Nicola Di Croce (Potenza, 1986)

·         Marta Magini (Senigallia, 1995)

·         Federico Marinelli (Ancona, 2002)

·         Mattia Pajè (Melzo, 1991)

·         Sebastiano Pallavisini (Udine, 1999)

·         Luca Veggetti (Bologna, 1963)

·         Paolo Aralla (Lecce, 1960)

·         Alice Raffaelli (Rovereto, 1991)

·         Cristiano Zanini (Bologna, 1998)

Un evento che promette di lasciare il segno nel panorama artistico bolognese, spingendo il pubblico a interrogarsi sul significato profondo dell’arte come spazio di riflessione e trasformazione collettiva. 

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