Il sindaco Roberto Parmeggiani all'inaugurazione della mostra
Ha aperto al pubblico sabato scorso, 1° febbraio, "Il grande parlamento degli istinti", una mostra collettiva curata da Spazio Relativo e Studio Yoshida, inserita nel programma di ART CITY Bologna 2025 nell’ambito di Artefiera. L’esposizione, visitabile fino all’8 marzo, trasforma gli ambienti della settecentesca Villa Davia, dell’oratorio di Sant’Antonio da Padova e del Salone delle Decorazioni in un palcoscenico di riflessione sul rapporto tra arte, ritualità e istinto.
Ispirata
alle teorie dell’etologo Konrad Lorenz, la mostra esplora il ruolo della
ritualità come meccanismo di regolazione sociale, interrogando la necessità
umana di costruire gesti codificati e simbolici per equilibrare pulsioni
profonde e contraddittorie. "L'aggressività è un istinto o un comportamento
appreso?" si chiedeva Lorenz nel suo celebre saggio del 1962. "Il
grande parlamento degli istinti" si configura come un esperimento
transdisciplinare che riflette sulla capacità dell’arte contemporanea di porsi
come dispositivo rituale.
La
mostra propone una mappatura della ritualità come dispositivo di regolazione
sociale, attraverso le opere di numerosi artisti. Tra questi, Fabio De Meo con
"Formiche" realizza un monumentale dipinto di 48 metri quadrati che
rievoca l’organizzazione delle formiche come metafora delle dinamiche umane di
dominio e sopravvivenza. Cristiano Zanini modella la cartapesta in forme
evocative di armi e utensili rituali, mentre Miriam Del Seppia indaga il tempo
e la trasformazione con "Processes of Unstable Chemistry", attraverso
tinture naturali e processi chimici instabili.
Sebastiano
Pallavisini, con "Gulasch", fonde in un’unica immagine ibrida diverse
specie animali, suggerendo il caos biologico e la violenza dell’istinto primordiale.
Mattia Pajè, con "Mutual Understanding", incide su lastre di ottone
dorato figure ispirate alle Pioneer Plaques della NASA, mentre Simone Carraro
recupera la figura del cantastorie nella serie "L’anonimo lunario
cantato", indagando il valore comunitario della narrazione. Federico
Marinelli esplora il rapporto tra ricordo e verità attraverso una pittura che
utilizza la ritualità come chiave d’accesso all’immaginario.
Elemento
cardine della mostra è la dimensione performativa, che trasforma gli spazi di
Villa Davia in un teatro espanso dell’azione rituale. Durante il vernissage, il
pubblico sarà coinvolto in una serie di attivazioni performative.
"Rappresentazione", di Luca Veggetti, Paolo Aralla e Alice Raffaelli,
utilizza la registrazione della voce di Francesco Leonetti per restituire un
monologo carico di stratificazioni semantiche. Nicola Di Croce e Marta Magini,
con la performance-concerto "Richiamo", sviluppano un dialogo sonoro
all’interno dell’oratorio barocco del Borgo, mentre "GLARE" di Jacopo
Cenni esplora l’oscillazione tra il dominio dell’Umano e la perdita di
controllo sulla luce.
Il
programma include anche conferenze e laboratori, tra cui "Il rituale
nell’opera di Pier Paolo Pasolini", con Roberto Chiesi e Stefano Casi, e
"Esplorazioni, sensi e voci nel grande parlamento degli istinti", a
cura di Passeggiate Filosofiche e Teatrino Giullare. Moe Yoshida e Iside
Calcagnile condurranno laboratori esperienziali sulla relazione tra segno e
voce, mentre "diBoccainBocca", di Nina Baietta, esplorerà le
interazioni tra linguaggio, suono e canto.
"Il
grande parlamento degli istinti" non si limita a esplorare il tema della
ritualità, ma lo mette in atto, trasformando la mostra in un organismo vivo, in
cui il confine tra opera e spettatore diventa permeabile. Attraverso la
pluralità di media e la tensione tra memoria, istinto e linguaggio, il progetto
curato da Moe Yoshida e Iside Calcagnile invita il pubblico a un’esperienza
partecipativa che riattiva, nel presente, il bisogno umano di condividere segni
e narrazioni che trascendano il quotidiano. Un parlamento degli istinti,
dunque, in cui l’arte diventa strumento di negoziazione tra ordine e caos, struttura
e pulsione, forma e divenire.
La
mostra è il risultato della collaborazione tra Moe Yoshida e Iside Calcagnile,
artiste e curatrici con percorsi di ricerca complementari. Calcagnile,
fondatrice di Spazio Relativo, esplora la pittura e l’installazione con un
approccio che sfida il dualismo uomo-natura, mentre Yoshida, attraverso Studio
Yoshida, sviluppa una pratica scultorea e performativa che dialoga con la
danza, il teatro e l’opera contemporanea.
Artisti partecipanti
·
Simone
Carraro (Treviso, 1995)
·
Jacopo
Cenni (Napoli, 1995)
·
Fabio
De Meo (Latina, 1986)
·
Miriam
Del Seppia (Memmingen, 1991)
·
Nicola
Di Croce (Potenza, 1986)
·
Marta
Magini (Senigallia, 1995)
·
Federico
Marinelli (Ancona, 2002)
·
Mattia
Pajè (Melzo, 1991)
·
Sebastiano
Pallavisini (Udine, 1999)
·
Luca
Veggetti (Bologna, 1963)
·
Paolo
Aralla (Lecce, 1960)
·
Alice
Raffaelli (Rovereto, 1991)
·
Cristiano
Zanini (Bologna, 1998)
Un evento che promette di lasciare il segno nel panorama artistico bolognese, spingendo il pubblico a interrogarsi sul significato profondo dell’arte come spazio di riflessione e trasformazione collettiva.
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