martedì 18 aprile 2017

Omicidio stradale, Mattia ai domiciliari: «Ora vorrei morire io»

Il 23enne di Marzabotto che venerdì sera ha travolto e ucciso una 29enne con la sua auto ha chiesto al giudice di poter incontrare la famiglia della ragazza.

Un lettore ha inviato per la pubblicazione questo articolo del Corriere di Bologna.

Mattia resta agli arresti domiciliari. Lo ha deciso il giudice. I gravi indizi di colpevolezza e l’aggravante della guida in stato di ebbrezza non hanno permesso alla difesa di ottenerne la revoca. «Vorrei morire io», ha ripetuto più volte il ragazzo durante l’udienza di convalida. «Continua a dire che vorrebbe morire. È sotto shock, molto provato e a pezzi. Stiamo valutando un supporto psicologico per il ragazzo. Durante l’udienza , inoltre, ha chiesto di poter incontrare i familiari della vittima. «Ma in questi momenti crediamo sia meglio evitare», racconta il suo avvocato, Cesare Ammendola.
 Maria Laura (a sinistra) con la sorella Marta 
Nella foto: Maria Laura (a sinistra) con la sorella Marta

Il 23enne di Marzabotto che venerdì sera ha travolto con la propria auto uno scooterone, trascinandolo per diversi metri e causando la morte della ragazza che lo stava guidando, Maria Laura Di Benedetto, è un operaio in una azienda della zona che produce macchinari. Il gip Domenico Panza ha convalidato l’arresto disponendo la misura cautelare degli arresti domiciliari, che Mattia Sammartino sta scontando a casa sua su una collina vicino a Marzabotto. L’accusa resta quella di omicidio stradale, il pm è Beatrice Ronchi.
L’esito dell’alcol test fatto venerdì sera non ha lasciato alcun dubbio: il tasso di alcol nel sangue del 23enne era di 2,41 grammi al litro, cinque volte superiore al limite (0,5). Ci sarebbe anche un precedente: anni fa gli era stata ritirata la patente all’uscita di un locale nel bolognese. In quell’occasione il limite era superiore a quello consentito, ma di 1,50 grammi al litro. «Non era ubriaco», precisa il legale della famiglia di Mattia.
Al giudice Mattia ha raccontato nuovamente di non essere fuggito venerdì sera e di aver chiamato lui per prima le forze dell’ordine. Da una prima ricostruzione invece è emerso che subito dopo l’incidente aveva abbandonato l’auto, e l’amico che era con lui, e a piedi si era diretto verso l’uscita all’altezza del quartiere Mazzini; solo a quel punto avrebbe chiamato i carabinieri: «Mi hanno rubato la macchina, li ho inseguiti a piedi. Hanno causato un incidente», avrebbe detto al telefono. Ma su questo punto arriva la smentita del legale della famiglia Sammartino: «La fuga rientra fra i capi d’imputazione, ma si materializza con il non aver avvisato le autorità competenti. E, invece, è stato proprio lui a chiamare soccorsi e forze dell’ordine. Si è allontanato di qualche metro dopo aver visto il corpo senza vita della ragazza, ha avuto paura, a qualche metro c’erano i familiari della 29enne. Così sotto choc ha chiamato i carabinieri. Prima ha detto che gli avevano rubato la macchina ma ha spiegato subito com’erano andati realmente i fatti». Arresti domiciliari convalidati dal gip, dunque, «anche se non c’è pericolo di reiterazione del reato, se non c’è pericolo di fuga. Mattia è arrivato da solo in tribunale ed è tornato a casa allo stesso modo — continua il legale — e non c’è pericolo di inquinamento delle prove. L’amico e i testimoni hanno riferito tutto sul posto, dopo l’incidente».
Non è ancora chiaro dove Mattia Sammartino abbia trascorso la serata di venerdì: «Ha detto di averla passata in compagnia di amici e stava rientrando a casa». Poi l’incidente, all’altezza dell’uscita 12, in direzione Casalecchio: «La ragazza, – continua l’avvocato Ammendola – secondo quanto riportato dal ragazzo, ha sorpassato all’improvviso e lui era già sulla corsia di sorpasso». Anche su questa versione potrebbero essere fondamentali, oltre alle testimonianze di chi era lì, le immagini delle telecamere. Intanto dal legale arriva la smentita delle corse clandestine: «Quest’eventualità non è stata assolutamente trattata nell’udienza. Perché non c’entra nulla con le corse clandestine, anche perché diversamente non avremmo parlato di soli arresti domiciliari».


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