martedì 4 settembre 2012

Castagneto: è il periodo peggiore che sta vivendo la castanicoltura negli ultimi mille anni. Si sono sommati troppi fattori negativi.


Maurizio Musolesi nel suo castagneto.
Chiacchierata a ruota libera sul castagneto con Maurizio Musolesi  di Monzuno, esperto del settore .  Infatti ha pubblicato, insieme a Germano Lolli, un trattato completo sul tema dal titolo ‘ Il Castagneto da Frutto – manuale pratico di innesto, potatura e conduzione’ edito da Bononia University Press,  e coltiva egli stesso un ampio appezzamento di castagneto a Monzuno. 

Gli abbiamo chiesto, la tanto attesa pioggia di questi giorni porterà benefici alla raccolta di quest’anno?

“Sicuramente l’acqua non fa male . Ma è arrivata un po’ tardi. Sarabbe stata necessaria  una ‘ bagnata’ consistente ai primi di luglio e una seconda a metà di agosto. In quel modo avremmo avuto un prodotto nella norma.  Con tutto probabilità assisteremo a piante  senza prodotto,  mentre quelle in posizione favorevole, cioè rivolte a nord  e in zone umide, che avranno frutti ma numericamente scarsi  e di pezzatura minima”.

Quindi i cultori del prodotto del castagneto dovranno ancora soffrire un altro anno?

“Secondo me,  sì.  A mio parere la sofferenza durerà ancora decenni: la cultura denuncia infatti diversi fattori negativi: innanzitutto la presenza di un consistente numero di ungulati. Gli ungulati, oltre a mangiare il prodotto, rovinano il sopra suolo, tutta la cotica erbosa e ciò destabilizza i versanti,. I capriolo e il cervo distruggono gli innesti. Poi le tre Cidya  presenti nei castagneti: sono piccole farfalline estive che possono produrre delle vere mutilazioni ai frutti: nel 2005 un marrone su due era bacato. Inoltre il cancro del castagno, ora fortunatamente  fermo,  un fungo che  attacca la corteccia e la necrotizza facendo morire i tessuti sottostanti e di conseguenza tutta la pianta. Nel ’40 portò alla totale distruzione della castanicoltura in Italia. Poi anche un altro fungo ‘il mal dell’inchiostro’, che vive sottoterra, si attacca alle cuffie delle radice e impedisce l’assorbimento delle sostanze vitali. A tutto questo si sono aggiunti ultimamente la vespa cinese e la siccità. La sola vespa cinese non sarebbe esageratamente disastrosa . Attestandosi sulla foglia ne diminuisce la capacità assorbente della luce e del processo foto sintetico, ma non provoca la morte della pianta.  Però quando a questo fenomeno si accompagna la siccità le piante defogliano e il processo di foto sintesi è minimo. Questo nel lungo periodo può uccidere la pianta. La vespa cinese è purtroppo un vero killer per i nuovi impianti in quanto  forma la sua abitazione, chiamata galla, proprio sull’attacco del nuovo germoglio e lo soffoca. Per questo  oggi rinnovare un impianto castanicolo  è praticamente impossibile.  Questo secondo me è il periodo peggiore che sta vivendo la castanicoltura negli ultimi mille anni. Si sono sommati troppi fattori negativi".

E’ il caso quindi  di pensare ad altre colture ?  

“Assolutamente no. La castanicoltura rimane una eccellenza irrinunciabile per la collina. Sia per la tradizione, sia per il debito che la popolazione montana gli deve. Per secoli ha sfamato le popolazione della montagna che non potevano contare su altro. Anche il passaggio della seconda guerra mondiale ha messo in evidenza l’importanza della castanicoltura. La pianta è sempre stata generosa e speriamo lo sia ancora".

Cosa bisogna fare allora ?

"Ridurre gli ungulati.  Daini, cinghiali e caprioli debbono essere riportato a un numero sostenibile e cioè pari al 20 % di quello che è presente ora. Stanno distruggendo il nostro territorio. Inoltre incentivare la ricerca per trovare soluzioni che siano efficaci e non palliativi come in molti stanno proponendo". 

Per maggiori informazioni sul parassita del castagno vedere: 
 http://www.entom.unibo.it/ParassitoidiACGWfrutticoltura.pdf
 



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