“Il dialetto dovrebbe essere materia di insegnamento”. A sostenerlo sono i consiglieri leghisti Stefano
Cavalli, Mauro Manfredini, Manes Bernardini e Roberto Corradi, che
hanno presentato una risoluzione sul tema.
“ Bisogna ripartire dagli istituti dei beni culturali, dai teatri
dialettali, dalle tante associazioni territoriali che si occupano di studio e
promozione dei dialetti, e dalla riscoperta della storia locale. Il dialetto
deve entrare nelle scuole, perché senza radici non c’è futuro, ” precisano i
consiglieri. “La legge la Regione che disciplinava questa tematica, che
convintamente abbiamo contribuito ad abrogare, era uno specchietto per le allodole
vuoto di contenuti e, a quanto pare, mai finanziato. Fino ad oggi il
coinvolgimento delle tante associazioni dialettali è stato pressoché nullo. Non
abbiamo visto progetti, iniziative, la promozione delle nostre lingue,
soprattutto tra i giovani. La legge è
stata sterile e improduttiva. La Regione ha mancato una grande occasione che
noi, invece, non vogliamo perdere. Bellosi e Galletti, ” continuano, “i due
studiosi romagnoli di lingue locali che ora lamentano un vuoto normativo,
colgano questa come un’occasione per correggere le evidenti storture di una
legge che non ha retto alla prova dei fatti. Siamo pronti a dialogare con loro,
con la giunta, con l’intero consiglio, con le associazioni e tutti i docenti
interessati per riscriverne il testo e renderlo efficace. La condizione
imprescindibile è che nel percorso la scuola abbia un ruolo da protagonista,”
hanno concluso.
3 commenti:
Il dialetto sta sparendo e me ne dispiace, faceva parte dell'identità bolognese, attraverso esso ci sentivamo componenti di un'unica tribù, eravamo NOI. Ma non vi è nulla da fare, i giovani non lo conoscono e non ne sentono il bisogno, in casa, in famiglia la gente parla italiano, fa parte del continuo mutare delle cose e non vi è legge, regolamento o altro che può arrestare questo mutare, sarebbe come in un mondo dominato dalle e-mail continuare ostinatamente ad usare le telescriventi.
Sì certo, il dialetto yuan dei cinesi oppure,ancora meglio, il dialetto yiddish dei banchieri centrali.
mi unisco al rammarico per la perdita del dialetto ma non posso fare a meno di pensare che sarebbe meglio fare nelle scuole corsi di educazione politica per preparare cittadini elettori consapevoli in grado di riconoscere gli amministratori seri dai soliti politicantucci che imperversano ovunque.
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