mercoledì 10 febbraio 2010

Il film di Diritti fa parlare

Stefano Muratori scrive:

L’uomo che verrà e la memoria di Monte Sole

Il film “L’uomo che verrà” di Giorgio Diritti, ci offre una interpretazione poetica della vita e della tragedia della gente di Monte Sole. Il regista ci fa rivivere alcuni episodi con gli occhi di una bambina, figlia di poveri contadini. Attraverso quegli occhi si vedono le difficoltà della vita dei contadini montanari, e si rende conto della scarsità dei contatti con il mondo esterno; emerge inoltre anche il loro distacco della politica nazionale ed internazionale, come conseguenza le ideologie che condussero a quel tragico epilogo non emergono nel film. Mi pare che con questo film non si vogliano proporre chiavi di lettura o individuare colpe, ma semplicemente si vuole descrivere dall’interno quella realtà. Una realtà in cui i partigiani e la popolazione erano praticamente indistinguibili, e costretti entrambi a subire le angherie del fascismo e del nazismo, senza sapere come potersi difendere.

Non ho visto nel film nessuna occupazione cruenta da parte dei partigiani, come sostiene il parroco di Sasso Marconi don Dario Zanini nell’intervista a Fabbriani, a meno che non si voglia fare riferimento alla richiesta di viveri.

Nella intervista sopra citata il parroco più volte cita i partigiani per sottolineare aspetti negativi delle loro azioni. L’intervistatore esordisce con la premessa che verrebbero attribuite responsabilità ai partigiani “ai quali indistintamente non si risparmiano colpe per la tragedia che si è consumata”.

L’intervistato aggiunge che la laboriosa gente della nostra montagna fu “costretta a subire l’occupazione cruenta dei partigiani e dei tedeschi”; poi, quasi che la responsabilità di difendere quella popolazione fosse stata dei partigiani, dice: “è il macello di una comunità innocente e inerme e, nei momenti cruciali, indifesa”; poi dice ancora che all’arrivo dei tedeschi “i partigiani abbandonarono la popolazione dopo averla invitata a salire sul monte”.

Secondo Zanini l’occupazione cruenta dei partigiani e dei tedeschi sarebbe proprio l’aspetto centrale del film.

Trovo estremamente ingiusto che venga strumentalizzata la prospettiva particolare di questo film per supportare una teoria nella quale si vorrebbero individuare “tedeschi” e partigiani quali responsabili di un conflitto del quale i civili diventano le vittime, dimenticando (o fingendo di dimenticare) che dietro a quei militari tedeschi ci sono le responsabilità politiche delle istituzioni, e quindi dei fascisti e dei nazisti.

La popolazione era indifesa a causa della dittatura dei fascisti, i quali portarono l’Italia a fare la guerra contro il mondo civilizzato. Sulla Linea Gotica furono schierati giovani mandati in Italia da governi di tutto il mondo per debellare l’infamia del fascismo e del nazismo, ed i partigiani erano alleati di quella forza multinazionale.

E’ l’ideologia fascista, ed i politici che la supportarono che hanno lasciato indifesa quella popolazione di fronte alla furia delle SS del generale Simon e del maggiore Reder, i quali fra l’altro furono accompagnati sui luoghi della strage da fascisti locali.

Quella di Monte Sole era una popolazione ignara e non politicizzata, ed i partigiani della Stella Rossa provenivano in gran parte da essa; non erano colti intellettuali o esperti militari: erano contadini allo sbando, che dovevano nascondersi a causa dello sfascio a cui Mussolini ed i suoi sostenitori condusse l’Italia. Era gente povera ma onesta che, non avendo nulla da spartire col fanatismo ideologico di fascisti e nazisti, fu costretta a rifugiarsi nei boschi ed organizzarsi in brigata partigiana per diventare invisibile, per non doversi arruolare nei “repubblichini” o per non essere deportata.

A dimostrazione della fiducia di cui godevano i partigiani fra quella popolazione vi è anche il fatto che almeno tre dei cinque sacerdoti uccisi dai tedeschi intrattenevano rapporti di aperta collaborazione con i partigiani. E forse anche per questo furono uccisi. don Ubaldo Marchioni (di 26 anni ucciso a Casaglia), don Elia Comini (di 34 anni ucciso nella botte di Pioppe), don Giovanni Fornasini (di 29 anni ucciso a Sperticano).

L’azione dei partigiani non fu priva di errori, come ad esempio la diffidenza verso i “commissari politici” del CNL, organizzazione che avrebbe voluto spostare le forze della Stella Rossa verso la città di Bologna, in una strategia volta prevalentemente ad una ricostruzione dello stato democratico del post-liberazione piuttosto che dedicarla ad una strategia quasi esclusivamente militare, come fece il Lupo, convinto che l’arrivo degli alleati fosse questione di giorni.

Ci sono anche testimonianze come quella di don Tommasini, il quale fece avvertire sia Musolesi sia don Marchioni del possibile arrivo in forze dei tedeschi sulle montagne, nessuno dei due però prese provvedimenti. E d’altra parte non si capisce quali provvedimenti avrebbero potuto prendere se si considera la oggettiva difficoltà se non impossibilità a spostare una popolazione che viveva solo della propria terra senza un supporto o una decisione istituzionale; e si ricordi anche che avvertimenti vari si susseguivano, ma spesso si rivelavano frutto di informazioni infondate. Poi nessuno soprattutto poteva o voleva credere che la violenza sarebbe stata rivolta ai bambini, alle donne, agli anziani ed ai sacerdoti.

In ogni caso gli errori dei partigiani della Stella Rossa, giudicati col senno di poi, non possono essere usati per giustificare quello che accadde. Oggi sappiamo che quei civili furono predestinati al massacro da una strategia di pulizia delle retrovie preordinata in modo capillare, con ordini emanati dal generale Simon, che prevedevano appunto lo sterminio, e che era volta a proteggere la fase di ritirata aggressiva come descritto in modo accurato e ben documentato nel libro “Il Massacro” pubblicato nel 2009.

Il massacro di Monte Sole fu solo l’ultimo ed il più grave di una lunga serie avvenuta nei due mesi precedenti quel fine Settembre 1944 a partire da Sant’Anna di Stazzema, Gragnola, Monzone, Santa Lucia e Vinca. Ed anche per Marzabotto, come per gli altri massacri della stessa natura il regime fascista volle tacere la realtà nascondendo ciò che avvenne, ed a testimoniarlo c’è l’articolo pubblicato da Il Resto del Carlino dell’ 11 Ottobre 1944 che sugli avvenimenti di Monte Sole riferiva:

"Le solite voci incontrollate, prodotto tipico di galoppanti fantasie in tempo di guerra, assicuravano fino a ieri che nel corso di un'operazione contro una banda di fuorilegge, ben 150 fra donne, vecchi e bambini, erano stati fucilati da truppe germaniche di rastrellamento nel comune di Marzabotto. Siamo in grado di smentire queste macabre voci e il fatto da esse propalato. Alla smentita ufficiale si aggiunge la constatazione compiuta durante un apposito sopraluogo. E' vero che nella zona di Marzabotto è stata eseguita una operazione di polizia contro un nucleo di ribelli, il quale ha subito forti perdite anche nelle persone di pericolosi capibanda (effettivamente fu ucciso il capobanda della Stella Rossa Mario Musolesi, nome di battaglia Lupo. N.d.A.), ma fortunatamente non è affatto vero che il rastrellamento abbia prodotto la decimazione e il sacrificio nientemeno di 150 elementi civili. Siamo dunque di fronte a una manovra dei soliti incoscienti, destinata a cadere nel ridicolo perché chiunque avesse voluto interpellare un qualsiasi onesto abitante di Marzabotto o, quanto meno, qualche persona reduce da quei luoghi, avrebbe appreso l'autentica versione dei fatti".

Anche in guerra ci sono dei codici di comportamento e delle leggi internazionali che vietano i delitti contro l’umanità. A guerra finita, alcuni fra i principali responsabili del massacro di Monte Sole vennero giudicati e condannati da vari tribunali internazionali. Oltre a Kesselring, Simon, Reder ed altri tedeschi, nel 1946 furono giudicati anche Lorenzo Mingardi, reggente del fascio e commissario prefettizio a Marzabotto al tempo della strage, e Giovanni Quadri, brigatista nero di Marzabotto, rispettivamente condannati all’ergastolo e a 30 anni di carcere per collaborazione nelle stragi di Marzabotto.

Oggi, dopo 66 anni, alcuni sembrano voler alleggerire la responsabilità delle autorità politiche e morali di quel tempo e di quella dittatura, addossando ai partigiani le colpe. Questa operazione politica è ancora più significativa alla luce della campagna di riabilitazione della figura di Mussolini che l’attuale regime berlusconiano sta perseguendo. Riabilitazione che pare avere l’obiettivo di giustificare la cieca propaganda ideologica e razzista che parti importanti dell’attuale governo persegue, e che ricorda la retorica del fascismo.

A Monte Sole la popolazione era indifesa prima di tutto perché abbandonata a se stessa dallo Stato Italiano (divenuto poi per il nord Repubblica di Salò).

Lo Stato fascista era nato da una malsana convergenza di interessi di cui la povera gente fu solo vittima. E duole ricordare che il Papa Pio XI nel 1922, dopo la marcia su Roma, impose a don Luigi Sturzo di dimettersi dal Partito Popolare favorendo l’ascesa del fascismo, nel 1926 dichiarò: “Mussolini ci è stato inviato dalla Provvidenza!”, e 3 anni dopo, nel 1929 furono stipulati i Patti Lateranensi a seguito dei quali la chiesa benedì le armi del regime fascista. Il Cardinale di Milano glorificò la guerra come “campagna di evangelizzazione” e nel clero cattolico fu decantato il “duce meraviglioso”. Errori sono sempre stati commessi nel corso della storia; è fondamentale mantenere la memoria per non ripeterli.

Oggi, da che parte stanno le autorità ecclesiastiche di fronte al nuovo avanzare di ideologie razziste ed alla pretesa di riabilitare una nuova ideologia del capo ?

1 commento:

C.Zecca ha detto...

Apprezzo molto le precisazioni rigorose di Stefano Muratori.

Purtroppo la speculazione disgustose di potere delle due chiese (vaticano e PCI) non sono mancate e continuano, come appare evidente.

Ringrazio anche Luigi Fontana e Wolf Bukowsky che, in più occasioni, mi hanno spiegato quale fu la realtà, la caratterizzazione apartitica, civile, libera, del capitano Lupo.

La vita degna dei contadini, così fedelmente riprodotta in L'uomo che verrà, il senso Politico nella migliore accezione del termine del loro vivere degno è una lezione etica di straordinario valore.