Pubblicato su Journal of Clinical Oncology, uno dei tre giornali più prestigiosi del mondo in ambito oncologico, ha studiato l’irradiazione parziale accelerata della mammella.
Comunicato congiunto Azienda Usl di Bologna-Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena-Azienda Usl di Reggio-Emilia
Azienda Ospedaliero -
Universitaria di Modena e Azienda Usl di Bologna, in prima linea nella ricerca
di nuovi approcci terapeutici per il tumore della mammella, tramite
l’irradiazione parziale accelerata, delle pazienti già sottoposte a intervento
di chirurgia conservativa. Lo studio – coordinato da Giovanni Frezza, già
direttore del Dipartimento Oncologico e della Radioterapia dell’Azienda USL di
Bologna assieme a Bruno Meduri, oncologo radioterapista della Radioterapia
Oncologica del Policlinico di Modena, diretta dal prof. Frank Lohr, è stato
pubblicato sull’ultimo numero del Journal of Clinical Oncology – il periodico
della Società Americana di Oncologia – tra le riviste più importanti di settore
e ha visto la partecipazione della Radioterapia dell’Ausl IRCCS di Reggio
Emilia diretta da Cinzia Iotti.
Partito nel 2007 con
l’arruolamento concluso nel 2019 grazie alla collaborazione dei principali
centri di Radioterapia Oncologica della Regione Emilia-Romagna, lo studio ha
poi coinvolto 35 centri a livello nazionale ed internazionale. Un lavoro di
squadra che sta ponendo le basi per cambiare la pratica clinica nelle donne
sottoposte a chirurgia conservativa, con neoplasia mammaria in stadio iniziale.
“Lo studio – ha spiegato Bruno Meduri, oncologo radioterapista
dell’AOU di Modena e co-coordinatore dello studio - ha valutato un innovativo
approccio di irradiazione parziale della mammella con radioterapia a fasci
esterni, arruolando più di 3.000 pazienti tra Italia, Olanda, Israele, Svizzera
e Spagna, un quarto delle quali, 750, tra le donne in cura presso l’Azienda Usl
di Bologna. Il trattamento solo di una parte della mammella in un modo
accelerato consente di ridurre notevolmente la durata complessiva della radioterapia
a soli 5 giorni. Si tratta dello studio su questo argomento che ha coinvolto il
maggior numero di pazienti a livello mondiale”.
“L’ipotesi che lo
studio IRMA ha indagato – ha affermato Giovanni Frezza, già direttore
del Dipartimento Oncologico e della Radioterapia dell’Azienda USL di Bologna e
insieme con il Dr. Filippo Bertoni (ex-direttore della radioterapia dell’AOU
Modena) co-coordinatore dello studio – è la possibilità di ridurre in
maniera significativa la durata del trattamento, che negli schemi standard è di
3-5 settimane, senza comprometterne l’efficacia. I nostri risultati iniziali
sono incoraggianti e, insieme con quelli di altri studi ad ampio raggio
renderanno il trattamento meno impegnativo per una parte delle pazienti, circa
il 40% delle donne sottoposte a chirurgia conservativa, e permetteranno di
aumentare il numero delle pazienti trattate nello stesso arco di tempo.”
Il progetto è stato
inizialmente co-finanziato dalla Regione Emilia-Romagna. “Lo studio –
aggiunge Frank Lohr, Direttore della Radioterapia dell’’AOU di Modena –
è nato con l’obiettivo di valutare l’efficacia clinica della irradiazione
parziale dell’area della mammella in cui il chirurgo ha asportato la
neoformazione, su un gruppo di pazienti selezionate in base a una serie di
parametri clinici ben definiti. Siccome la tossicità dei trattamenti
radioterapici è rilevabile in tempi brevi, abbiamo intanto potuto pubblicare
gli esiti della prima parte della ricerca, che ha dimostrato che per entrambi i
tipi di trattamento si manifestano pochi effetti collaterali. L’efficacia,
delle pratiche radioterapiche sul tumore, invece, può essere valutata solo dopo
4-5 anni dalla somministrazione e per questo motivo, i dati di controllo della
malattia sono disponibili da quest’anno e potranno essere pubblicati solo a
partire dall’anno prossimo. Dopo una discussione all’interno del gruppo di
ricerca regionale, saranno pubblicati nel 2023”.
“I risultati
pubblicati adesso – ha precisato Patrizia Giacobazzi, oncologa
radioterapista dell’AOU di Modena - che si concentrano sulla tossicità
del trattamento, dimostrano che. entrambe le modalità di trattamento hanno
presentato un basso tasso di effetti collaterali. Insieme con altri due grandi
studi internazionali questi risultati permettono di ottimizzare ulteriormente
la metodica e identificare i sottogruppi di pazienti che hanno il maggiore
beneficio".
“Insieme a Modena e a
Bologna - ha concluso Cinzia Iotti, Direttore della
Radioterapia dell’Ospedale Santamaria Nuova di Reggio Emilia – stiamo
proseguendo questo filone di ricerca al fine di ottimizzare al massimo
l’irradiazione dei pazienti. Per due di questi progetti, che studiano gli
effetti dell’irradiazione accelerata e/o guidata di imaging giornaliero di alta
precisione nell’ambito del tumore della prostata e di quello testa-collo, il
reclutamento dei pazienti è già concluso e si sta procedendo con il follow up.
Quando avremo anche questi risultati, potremo avere una base scientifica per
rivedere molti protocolli clinici.”
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