domenica 29 novembre 2020

FINESTRE SULLA FILOSOFIA

EPICURO : Il timore della morte è   immotivato

 

di Marco Leoni 

 

(riporto una lezione di Matteo Saudino, fantastico prof. di filosofia)

 

 

In un passaggio tratto da 'Vite dei filosofi' di Diogene Laerzio, Epicuro, filosofo del giardino e della felicità, ci parla della morte e soprattutto fornisce uno dei pilastri fondamentali del tetrafarmaco cioè la teoria della liberazione dai mali e dalle paure. Epicuro parla della morte e del perché l’uomo non deve temerla.

L’uomo, egli dice, deve liberarsi dalla paura della morte, abituarsi a pensare che la morte non è nulla perché ogni bene e ogni male risiede nella facoltà di sentire di cui la morte è appunto privazione. Per cui la retta conoscenza che la morte non è niente rende gioiosa la stessa condizione mortale della nostra vita, non prolungando indefinitivamente il tempo ma sopprimendo il desiderio della mortalità.

Le cose di cui possiamo avere paura invece sono cose di cui possiamo o dobbiamo fare esperienza. Se metto la mano sulla stufa calda mi brucio, allora devo avere paura perché posso fare esperienza di una scottatura. Ma della morte non si può fare una esperienza sensibile perché noi la morte non la conosciamo, non la percepiamo né con gli occhi né col tatto né con l’olfatto né con l’udito, pertanto dato che non si può farne esperienza sensibile, la Morte è una cosa sconosciuta.

Perché dunque temere una cosa di cui non conosciamo l’essenza più intima?

Noi non sappiamo cosa sia la morte, lo diceva già Socrate, pertanto perché temerla se non possiamo farne una esperienza.

Dunque la morte è quell’evento che non prolungando all’infinito il tempo della nostra vita ci rende più che mai interessante vivere. La morte quindi ci fa un regalo, il non essere immortali e se non siamo immortali anziché pensare alla morte sarà meglio occuparsi della vita.

Però la semplicità di questo pensiero è limitativo e in realtà la sua profondità ha permesso all’Epicureismo di attraversare i millenni e di essere anche oggi una filosofia di vita: voi potete uscire di qua e dire 'io sono Epicureo', perché essere Epicureo è una modalità di approcciarsi alla vita, ad es. non temere la morte perché non la si conosce e valorizzare quel che c’è prima di essa che è la vita.

Nulla c’è di temibile nel vivere per chi si sia veramente convinto che nulla c'è di temibile nel non vivere più. Chi non teme la morte di conseguenza vive in maniera molto più sicura e profonda la vita. Se non temo la morte in vita, di ben poche cose avrò paura e dunque non temendo la morte io nobilito e libero la vita.

Tutta una serie di religioni che propongono invece una visione di morte come abbandono, come grande tragedia, portano i fedeli a vivere angosciati perché temono quell’orizzonte finale di morte.

Epicuro, liberando la morte dalla dimensione di angoscia, paura e terrore vuole liberare la vita. L’uomo che non teme la morte vive la vita più sereno perché non sarà angosciato da quell’appuntamento a cui tanto giungerà un attimo prima, cioè non lo vedrà quell’appuntamento perché non può farne esperienza. Così è anche stolto chi afferma di temere la morte non perché gli arrecherà dolore sopravvenendo, ma perché arreca dolore il fatto di sapere che verrà: ciò che non fa soffrire quando sopravviene è vano che ci addolori nell’attesa. Ovviamente è un pensiero anche molto molto forte perché quello che noi temiamo in realtà non è tanto la morte ma è il fatto che arrivi o addirittura che arrivi per dei nostri cari, ma lo stesso discorso di prima vale per questa situazione: se temiamo la morte per i nostri cari nel momento in cui essa non è ancora arrivata, noi anziché vivere profondamente la vita con loro, viviamo situazioni di disagio angoscia e turbamento.

Dunque bisogna liberarsi dal pensiero della morte dato che non conosciamo effettivamente come essa sia, sia per quanto riguarda la nostra morte sia per quanto riguarda quella di chi ci è vicino.

Non dobbiamo anticipare il pensiero della morte ma sapere che essa c’è. Non anticiparlo in maniera angosciante ma prendere consapevolezza della morte per vivere profondamente la propria vita.

Il più terribile dei mali dunque, la morte, non è niente dal momento che QUANDO NOI CI SIAMO LA MORTE NON C’è E QUANDO ESSA SOPRAVVIENE NOI NON SIAMO PIU’.

Essa non ha alcun significato né per i viventi né per i morti perché per gli uni non è niente e quanto agli altri essi non sono più.

Ma lo stolto ora fugge la morte come il più grande dei mali, ora invece la cerca come cessazione dei mali della vita, il saggio al contrario non teme di vivere né teme il non vivere, non è contrario alla vita ma neanche ritiene che la morte sia un male, il saggio è colui che vive distaccato dalla morte.

Questo è un ideale di saggezza ovviamente molto difficile da raggiungere.

Qui andiamo verso i concetti di atarassia di equilibrio: io sto in equilibrio nel mondo perché i turbamenti della morte non mi coinvolgono, addirittura bisogna essere apatici verso la morte, cioè non provare sentimenti di paura verso essa.

Ma attenzione, questo pensiero è pericoloso se mal interpretato: bisogna essere apatici verso la vita, cosa vuol dire ?

Vuol dire non rendere la nostra vita un insieme, un focolare, un calderone di desideri. Infatti, se vogliamo fortemente la vita, la desideriamo e l’arricchiamo di desideri e aspettative in molti casi futili, di bisogni che Epicuro dirà non necessari.

La nostra vita la vivremo da schiavi perché noi passeremo le giornate a cercare di realizzare desideri vani come la gloria, il potere, il successo, il denaro, la forza, la bellezza. Questi sono fugaci perché c’è sempre chi è più ricco di te, chi è più bello di te, perché c’è un giorno in cui non sarai più bello, non sarai più ricco, perché la gloria è passeggera perché ci sarà un complotto, un tradimento che farà cadere la tua stella. Inoltre se vivi per essere il primo della classe quando non lo sei, tutto il tuo castello di vita è venuto meno; tu non devi affrontare il sapere per voler primeggiare nel sapere ma devi affrontare il sapere per poterlo usare a vivere bene.

Dunque la maggior parte degli uomini temendo la morte e desiderando sempre più vita non vive perché non è libero ma è schiavo.

La morte temuta e la vita desiderata rendono l’uomo schiavo

Non permettono all’uomo di vivere una vita di libertà e dignità.


 

 

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie Marco....

nonna gege^ ha detto...

Mi associo con i ringraziamenti. Ho sempre pensato che la filosofia fosse riservata a menti eccelse e non povere come la mia, ora essendomi avvicinata posso ben dire quanto sia necessaria per il bel vivere. Nel leggere e rileggere queste pagine trovi sempre qualcosa che si confà con il tuo essere.

Anonimo ha detto...

Immagino che " nonna Gegè " viva sulla luna : parla del " bel vivere " (forse sarà il suo !) con le botteghe chiuse, le aziende che falliscono, la disoccupazione che avanza ! La filosofia, cara signora, non riempie lo stomaco e neppure paga le bollette e tasse varie ! Avete proprio tanto tempo da perdere ?