Simone Rotolo e Ivan Popadyck |
Di Glauco Guidastri:
Una serata con il campione,
all’Osteria dei Sani di Sasso Marconi. Lunedì scorso Simone Rotolo, pugile bolognese e campione d’Italia in carica dei
pesi medi, ha partecipato a un meeting conviviale organizzato dal Panathlon
Club “Valle del Reno”: intervistato dal giornalista Marco Tarozzi, ha parlato
della sua carriera e della situazione del pugilato italiano.
Una carriera di tutto rispetto, quella di Simone
Rotolo. Professionista dal 1999, Simone ha vinto 35 dei 39 incontri disputati (15 prima del limite), è
stato campione italiano dei superwelter per poi passare di categoria, perdendo
sul filo di lana la corona continentale dei medi nel 2007, contro il tedesco Sebastian
Sylvester. A marzo 2012 ha conquistato il titolo nazionale mandando al
tappeto Matteo Signani al termine di un match epico (“uno dei più avvincenti a cui abbia mai
assistito”, ha detto il mitico Nino Benvenuti), e a novembre ha difeso con
successo il titolo contro Lorenzo Cosseddu, in un Paladozza gremito di tifosi.
Un
mese fa Rotolo ha poi tentato l’assalto al titolo intercontinentale dei pesi
medi, misurandosi contro l’inglese Darren
Barker alla Wembley Arena di
Londra. Una sfida che il boxeur bolognese non ha potuto preparare al meglio -
anche perché la data del match è stata ufficializzata appena 24 giorni prima dall’entourage
del rivale - e alla 4ª ripresa, un infortunio alla mano destra ha infranto,
forse per sempre, il sogno di Simone: salire sul gradino più alto d’Europa. Sarebbe stato il coronamento ad una carriera che
Rotolo ha costruito con fatica, con l’allenamento duro in palestra e sul ring, anche
se i sacrifici fatti non sono stati adeguatamente ripagati, almeno dal punto di
vista economico. “La conquista del titolo
italiano mi è valsa appena 4.000 Euro: capite bene che facendo questo sport non
ci si arricchisce, ed è per questo che il lavoro ha finito spesso per avere la
meglio sul pugilato, obbligandomi ad interrompere più volte l’attività: quando si
lavora, non c’è il tempo per preparare con cura un incontro. Però la boxe mi ha
regalato grandi soddisfazioni, tra tutte la conquista del titolo italiano
contro un atleta di valore come Matteo Signani, dopo due anni di inattività. Mi
dispiace, quindi, constatare come oggi ci siano sempre meno giovani disposti a
soffrire e fare sacrifici in palestra perché, checché se ne dica, questo è uno
sport che dà disciplina, insegna il rispetto e crea solidi legami di amicizia”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Alberto Zolli, tecnico della pugilistica “Alto Reno” di Granaglione, che ha raccolto l’invito del presidente del Panathlon “Valle del Reno” Mario Becca, portando la testimonianza di una società dilettantistica di provincia. “Portare la boxe in Appennino non è stato facile: attorno al pugilato oggi ci sono troppi pregiudizi, eppure vi assicuro che ci si infortuna di più giocando a calcetto… La boxe, poi, aiuta a socializzare e ad aggregare come pochi altri sport. Porto l’esempio della nostra società, che conta oggi su sette giovani pugili (per noi è davvero un piccolo, grande successo!): alcuni sono italiani, altri invece provengono dall’estero, e la comune frequentazione della palestra ne ha favorito la rapida integrazione”.
“In effetti la boxe mi ha aiutato a trovare nuovi amici e ad ambientarmi in un contesto nuovo”, ha detto Ivan Popadyck, 21enne ucraino della pugilistica “Alto Reno”, presente al meeting sassese. Ragazzo schivo ma determinato, Ivan è uno degli atleti più promettenti della scuderia di Zolli ma ogni giorno, come i suoi ‘colleghi’, deve scontrarsi con mille difficoltà. “Già, pensate che i nostri ragazzi la palestra se la pagano di tasca propria, e che per loro non è semplice ritagliarsi qualche ora da dedicare all’allenamento dopo il lavoro”, ha spiegato Zolli. “Ivan, poi, ha anche il problema della cittadinanza: vive in Italia da 5 anni ma ne occorreranno altrettanti per ottenerla. Si allena, dunque, ben sapendo che non potrà partecipare a tornei né competere per un titolo italiano: per lui non è facile, a dargli la spinta per proseguire sono la passione e serate come questa, in cui ha l’opportunità di conoscere da vicino un campione del calibro di Simone Rotolo, parlare con lui, chiedergli consigli”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Alberto Zolli, tecnico della pugilistica “Alto Reno” di Granaglione, che ha raccolto l’invito del presidente del Panathlon “Valle del Reno” Mario Becca, portando la testimonianza di una società dilettantistica di provincia. “Portare la boxe in Appennino non è stato facile: attorno al pugilato oggi ci sono troppi pregiudizi, eppure vi assicuro che ci si infortuna di più giocando a calcetto… La boxe, poi, aiuta a socializzare e ad aggregare come pochi altri sport. Porto l’esempio della nostra società, che conta oggi su sette giovani pugili (per noi è davvero un piccolo, grande successo!): alcuni sono italiani, altri invece provengono dall’estero, e la comune frequentazione della palestra ne ha favorito la rapida integrazione”.
“In effetti la boxe mi ha aiutato a trovare nuovi amici e ad ambientarmi in un contesto nuovo”, ha detto Ivan Popadyck, 21enne ucraino della pugilistica “Alto Reno”, presente al meeting sassese. Ragazzo schivo ma determinato, Ivan è uno degli atleti più promettenti della scuderia di Zolli ma ogni giorno, come i suoi ‘colleghi’, deve scontrarsi con mille difficoltà. “Già, pensate che i nostri ragazzi la palestra se la pagano di tasca propria, e che per loro non è semplice ritagliarsi qualche ora da dedicare all’allenamento dopo il lavoro”, ha spiegato Zolli. “Ivan, poi, ha anche il problema della cittadinanza: vive in Italia da 5 anni ma ne occorreranno altrettanti per ottenerla. Si allena, dunque, ben sapendo che non potrà partecipare a tornei né competere per un titolo italiano: per lui non è facile, a dargli la spinta per proseguire sono la passione e serate come questa, in cui ha l’opportunità di conoscere da vicino un campione del calibro di Simone Rotolo, parlare con lui, chiedergli consigli”.
Insomma, per fare pugilato oggi servono tanta passione e una disponibilità al sacrificio sempre più difficile da trovare. Da questo punto di vista, Simone Rotolo è un esempio per tanti giovani. A 36 anni, il pugile bolognese guarda già al futuro e pensa al rientro dopo l’infortunio, continuando a inseguire un sogno: “Spero di avere ancora la chance per un’altra sfida europea, che a questo punto della mia carriera francamente credo di meritare”.
Se il pugilato resta una “nobile
arte”, lo deve anche a gente così.
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