giovedì 9 febbraio 2017

Il futuro dell'Appenino lo determineranno le imprese e gli imprenditori.

Marco, con le considerazioni: “ A Marzabotto c'è chi indossa le bretelle. A Gaggio invece si fanno le scarpe (e le borse). La strategia degli Enti locali poi la vedremo dipinta nel quadro la cui tela deve ancora essere tessa”, ha inviato:


Appena 12 anni di vita e un cammino di crescita double digit che ha portato macchine e capsule da caffè prodotte a Gaggio Montano in 70 Paesi del mondo, con un fatturato 2015 salito a 141 milioni di euro, un utile netto di 5 milioni e una quota export arrivata all’80 per cento. È una storia che la dice lunga su come sia la strategia aziendale e non la location della fabbrica a determinare il successo, quella che sta scrivendo Caffitaly System, a due passi da Saeco, sull’Appennino bolognese. «Quest’anno abbiamo in previsione un crescita del 30% in volume solo in Italia e ci stiamo preparando a sbarcare in Cina, Russia, Indonesia e Stati Uniti», anticipa Leonardo Franco, il nuovo ad che da metà marzo ha preso le redini dell’azienda fondata nel 2004 dal “padre” di Saeco, Sergio Zappella.
Mentre ieri i primi 30, dei 239 dipendenti Saeco-Philips che hanno aderito al piano di esuberi volontari, firmavano le lettere di conciliazione (preferendo 75mila euro di incentivo alle incerte prospettive offerte dalla multinazionale olandese), i vertici di Caffitaly raccontavano come si fa a partire da zero, arrivare al break even in cinque anni e rubare quote di mercato al colosso Nestlé (competitor numero uno con il sistema Nespresso) non solo in Europa, ma in giro per il mondo, con 350 dipendenti al lavoro tra Gaggio e il sito di Rozzano (Milano) e un team di 25 camici bianchi dedicati all’R&D. «Siamo fanatici del prodotto e del processo e invece di investire in marketing puntiamo tutto sulla qualità, con una strategia flessibile per declinare la combinazione tecnologia -caffè ai gusti e alle abitudini di ogni singolo Paese in cui entriamo, invece di imporre modelli standard», spiega il direttore commerciale di Caffitaly, Andrea Clementini.
Insomma, la tipica ricetta della Pmi italiana di grande flessibilità ed elasticità, con il plus di un marchio che in sè racchiude i valori del made in Italy, a cavallo tra food e tech. «Abbiamo margini di crescita enormi, solo lo scorso anno abbiamo aperto 25 nuovi punti vendita in Italia, oggi siamo a 42 monobrand e 500 negozi multimarca – spiega l’ad - e per il 2016 prevediamo uno sviluppo analogo tra nuove aperture e conversione di multibrand, soprattutto al Sud, area più scoperta». All’estero è invece la capacità di proporre macchine e miscele di caffè (ma anche cappuccino e bevande solubili) che meglio rispondono ai costumi di ogni comunità la formula vincente di Caffitaly. «Con una grande laicità anche nell’approccio retail, studiato sempre assieme a partner locali», conclude Franco.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Se non circola denaro liquido hai voglia fare impresa ed imprenditoria.
Se al ceto medio che è quello che fa progetti veri che investe e spende non viene dato un centesimo da 15 anni la ripresa dell' appennino ve la sognate !!!