giovedì 1 aprile 2010
Attenti alle zecche
L’arrivo in Appennino di molti selvatici, causato dall’abbandono dei campi che ha concesso loro ampi spazi, ha portato anche un incremento considerevole delle presenza delle zecche che possono attaccare l’uomo e con la loro puntura trasmettere malattie infettive. Il parassita, grazie a una sostanza anestetica di cui dispone, rende indolore la puntura sul corpo della vittima del cui sangue si ciba e fa vere e proprie scorpacciate. Il pasto dura più giorni. Se si tratta di una femmina al termine del pasto si lascia cadere a terra dove depone numerosissime uova. Il tema di come difendersi da questa presenza è stato trattato dal dottor Walter Oscar Pavan in un incontro, organizzato dal Csi di Sasso Marconi, dal titolo ‘Zecche e Malattia di Lyme’, per una indicazione su come frequentare i boschi evitando di essere ‘prede’ della zecca e su come comportarsi nel caso si dovesse trovarla sul proprio corpo. La prima precauzione per chi frequenta i boschi è quella di indossare vestiti chiari per poter individuare immediatamente la presenza del parassita che è di colore nero e rimuoverlo immediatamente. Indossare poi maglie con le maniche lunghe e infilare i pantaloni dentro gli stivali che dovranno essere chiusi con una stringa per dare così poche possibilità al parassita di raggiungere la cute. I cacciatori dovranno essere particolarmente attenti a muovere selvaggina poiché solitamente gli animali sono portatori di zecche anche in modo massiccio. Qualora si fosse vittime di una zecca le probabilità di infezione sono sostanzialmente nulle se il parassita rimane attaccato alla cute meno di 24 , 36 ore. Per la rimozione è opportuno utilizzare una pinza e afferrare l’insetto in modo che l’asportazione della testa e del rostro, con cui si ancora alla vittima, sia completa. Nell’operazione di estrazione si devono evitare torsioni o rotazioni per non staccare la parte della zecca fuori cute dalla testa immersa nel sangue.
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