“La dinamica del mercato ha ormai un comportamento non più comprensibile e soprattutto pare guidata dalla schizofrenia ”.
La deduzione è del vicedirettore della Confederazione italiana agricoltori (Cia) di Bologna Pietro Sabbioni che precisa “Calano i prezzi dei prodotti agricoli sui campi ma il consumatore li paga più salati di prima”.
Per i prodotti di ortofrutta coltivati nel bolognese si registra una diminuzione dei prezzi all’origine del 17,6%. Questi cali non sono riusciti a fermare l’aumento dei prezzi al dettaglio. I prezzi agricoli, nel loro totale, nel mese di agosto sono diminuiti del 3%. Ci si aspettava quantomeno un blocco dei listini al dettaglio. Non è andata così: la pasta ed il pane sono aumentati rispettivamente del 10,6% e del 33%, questo in presenza di un calo generalizzato dei cereali alla produzione di circa l’11%. Questi dati confermano ancora una volta che non è l’agricoltura italiana la causa dei rincari dei prodotti alimentari e non favorisce l’inflazione”, vuole chiarire il vicepresidente che fa poi una diagnosi e propone alcuni rimedi: “ Sono troppi i passaggi che subisce il prodotto dal campo alla tavola, la gestione dei mercati agricoli, la logistica delle infrastrutture, i trasporti insufficienti e costosi sono inadeguati per una mercato che vuole dare attenzione ai consumi.
La cura, l’obbligo di indicare nella etichetta del prodotto il “doppio prezzo” all’origine ed al dettaglio, fungerebbe da deterrente per eventuali manovre speculative e l’acquisto di soli prodotti di stagione con l’avvio di un rapporto diretto tra consumatori e aziende agricole , dove è possibile risparmiare sul prezzo ed avere merce di qualità.
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