domenica 30 ottobre 2022

Raccomandazioni operative per prevedere, prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di emergenza connesse a fenomeni di frana e alluvione

 


Dal capo del dipartimento,  Fabrizio Curcio

La passata stagione estiva è stata caratterizzata da temperature particolarmente elevate, con valori localmente mai registrati negli anni precedenti, da un marcato deficit di precipitazioni, con scarti medi cumulati negativi che hanno superato il 50% delle medie di lungo periodo, e da estese condizioni di forte deficit idrico che hanno portato alla dichiarazione dello stato di emergenza per nove Regioni e Province autonome del nord e del centro Italia. A tale situazione, caratterizzata da una generale scarsità o assenza di precipitazioni, a partire dalla seconda decade di agosto si sono sovrapposti eventi meteorologici localmente intensi, quali l’evento che ha colpito l’isola di Stromboli, nell’arcipelago delle Eolie (Sicilia) il 12 agosto u.s., e il più recente evento che ha colpito il bacino del fiume Mise, nelle Marche centrali, il 15 settembre u.s.

Le alte temperature, in particolare nelle aree montane del territorio nazionale, hanno contribuito alla fusione del permafrost e dei ghiacciai, con conseguenze localmente gravi, come nel caso del crollo del ghiacciaio della Marmolada del 3 luglio u.s. Nel corso dell’estate trascorsa, rilevanti sono stati anche gli incendi boschivi e d’interfaccia che hanno coinvolto in modo più grave i territori delle regioni Friuli Venezia-Giulia, Toscana, Calabria e Sicilia, ma che non hanno risparmiato le altre Regioni.

Le situazioni emergenziali connesse a fenomeni di alluvione e di frana indotte da fenomeni meteorologici sono il risultato della fragilità del territorio e dei fattori meteorologici e climatici che interessano il territorio nazionale. Il cambiamento climatico in atto e previsto sta già mostrando i suoi effetti, mettendo alla prova il Sistema nazionale di protezione civile.

Nella stagione estiva, e in molte zone del Paese (soprattutto al centro-sud e sul Golfo Ligure) anche nel primo bimestre dell’autunno meteorologico, talvolta fino all’inizio di novembre, quando la configurazione atmosferica sia favorevole all’innesco di condizioni di instabilità, si registrano eventi meteorologici estremamente intensi legati ai temporali; questi ultimi, pur potendosi manifestare a scale spazio-temporali molto differenti – a seconda se si tratti di fenomeni a cella singola, a “multicella” o di sistemi convettivi organizzati – sono accomunati dal distribuirsi sul territorio in modo molto irregolare, dando luogo a un ventaglio di fenomeni avversi, tipicamente fra loro concomitanti: precipitazioni molto intense, talvolta anche a carattere di piogge torrenziali, di violento nubifragio o di grandine di grandi dimensioni, frequenti e numerose fulminazioni, rinforzi impulsivi del vento, che a loro volta possono manifestarsi in forma vorticosa, con formazione di trombe marine (che in alcuni casi giungono all’impatto con le coste) e di trombe d’aria (nella nomenclatura anglosassone, tornado), o più frequentemente in forma lineare, con raffiche al suolo (nella nomenclatura meteorologica dette downburst) generalmente molto più estese, e spesso non meno intense, di quelle vorticose. Negli ultimi decenni, il contributo del riscaldamento globale di origine antropica, che ha nel bacino del Mediterraneo uno dei suoi “hot spot”, ha messo a disposizione dell’innesco di questi fenomeni un’importante dose aggiuntiva di energia, aumentando la probabilità tanto del loro sviluppo, quanto del loro manifestarsi nelle forme più intense. Eventi meteorologici a carattere così impulsivo, con la risposta altrettanto deflagrante in termini di impatti al suolo, a partire dalle alluvioni lampo, concorrono ad aggravare gli effetti dei cambiamenti climatici nel territorio nazionale, con conseguenze anche localmente molto gravi per la popolazione, le attività economiche e l’ambiente.

Il trimestre autunnale, nel contempo, è di norma il periodo dell’anno durante il quale, evidentemente nelle fasi in cui non prevalgano i blocchi anticiclonici, si avvicendano, nel loro transito sulla scena europea e mediterranea, le perturbazioni provenienti dall’Oceano Atlantico; tali estesi sistemi depressionari, raggiunto il nostro Paese, oltre a poter fare da innesco per i già descritti fenomeni temporaleschi (trovando una non banale riserva di energia nella temperatura dei nostri mari, che per inerzia termica si trovano nel periodo dell’anno in cui sono più caldi), apportano tipicamente precipitazioni diffuse, in grado quindi di interessare ampie porzioni del territorio nazionale, e sovente anche prolungate, in alcuni casi capaci di assumere anche carattere di particolare persistenza. Fenomeni di questo tipo producono effetti lungo il reticolo idrografico e i versanti dei bacini di tutte le dimensioni, con conseguente attivazione di frane superficiali e profonde, fenomeni erosivi superficiali e incanalati, nonché fenomeni idrologici e idraulici lungo la rete idrografica e nelle pianure alluvionali. Alle descritte precipitazioni, si accompagnano tipicamente fasi di ventilazione che raggiunge diffusamente intensità forti o di burrasca, quando non superiori, disponendosi inizialmente dai quadranti meridionali, per poi ruotare da quelli settentrionali nel momento in cui la perturbazione transita verso i Balcani prima di allontanarsi, con associate forti o violente mareggiate lungo le coste esposte. Lungo le coste adriatiche la fase sciroccale comporta inoltre episodi di acqua alta, anche eccezionali, nelle lagune venete e friulane.

L’inverno è, di norma, la stagione caratterizzata da irruzioni di masse d’aria di origine polare o artica, e di estrazione marittima o continentale, in base alla direzione di provenienza dei flussi atmosferici; il calo, più o meno pronunciato, delle temperature, a seconda della configurazione atmosferica, può essere associato a regimi di tempo asciutto o a situazioni perturbate, nel secondo caso con nevicate fino a quote basse o molto basse, e successivo rischio di forti gelate (ossia alla formazione di ghiaccio al suolo) nel caso in cui le temperature si mantengano al di sotto dello zero dopo le precipitazioni. Peculiari situazioni perturbate, con aria più mite in quota e inversione termica nei bassi strati, possono portare in pianura o nei fondivalle al fenomeno della “pioggia congelantesi”, o gelicidio, capace di formare al suolo lastre di ghiaccio molto lisce e trasparenti, particolarmente pericolose sia per la viabilità sia per l’incolumità dei pedoni. Negli ultimi decenni, in conseguenza del già citato riscaldamento globale, si è registrata nel nostro Paese una spiccata prevalenza di inverni complessivamente miti o molto miti rispetto alla media storica, ove tale anomalia stagionale va ovviamente intesa come dato mediato sull’intero trimestre: non sono mancati episodi di freddo intenso o di gelo, con associate nevicate anche estese e abbondanti a bassa quota, ma tipicamente concentrati in finestre di limitata durata, nell’ambito di una stagione, per il resto, più mite del normale. Le prolungate fasi di temperature superiori alle medie climatiche, a loro volta, possono avere conseguenze diverse sulle precipitazioni. Quando dovute alla persistenza di regimi anticiclonici, danno luogo a fasi invernali (talvolta interni inverni) miti e siccitosi, con anomalie termiche particolarmente pronunciate nelle località in quota, mentre in pianura e nelle valli le condizioni di inversione termica, almeno durante il ciclo notturno, favoriscono la discesa delle temperature a valori più tipicamente invernali. Quando, invece, le fasi temperate sono dovute a regimi di correnti atmosferiche dai quadranti meridionali, si accompagnano a diffuse ed abbondanti precipitazioni, a carattere liquido anche alle quote appenniniche e a quelle medio-basse alpine, capaci di innescare scenari franosi e alluvionali a larga scala, più tipici della stagione autunnale, e di produrre, nelle località in quota dell’arco alpino, nevicate di particolare abbondanza, tipicamente di neve bagnata e densa, date le temperature, con associato pericolo di valanghe di fondo, a loro volta, di neve molto pesante e bagnata, com’è più tipico della stagione primaverile, quindi ad alto potenziale distruttivo oltre che in grado di scorrere anche su pendii poco ripidi e di giungere a interessare viabilità e centri abitati.

L’elevata antropizzazione e la densità abitativa di molte aree esposte ai fenomeni citati comportano un rischio da alluvione e da frana spesso molto elevato.

Come noto, la mitigazione del rischio da frana e di alluvione indotti da forzanti meteorologiche si attua riducendo la pericolosità del fenomeno, ove possibile, e la vulnerabilità degli esposti, mediante interventi strutturali – che generalmente richiedono tempi di realizzazione lunghi – e misure non strutturali di protezione civile. Quest’ultime sono l’oggetto specifico delle presenti raccomandazioni operative.

Quali primarie attività di prevenzione non strutturale, il decreto-legislativo 1 del 2 gennaio 2018, “Codice della protezione civile”, contempla espressamente la pianificazione di protezione civile e l’allertamento del Servizio nazionale, nonché l’informazione alla popolazione e la diffusione della conoscenza e della cultura della protezione civile.

Pianificazione di protezione civile

In relazione alla pianificazione di protezione civile, si rammenta che il 6 luglio 2021 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 30 aprile 2021 recante “Indirizzi per la predisposizione dei piani di protezione civile ai diversi livelli territoriali”. La Direttiva mira a garantire un quadro omogeneo per tutto il territorio nazionale finalizzato all’integrazione dei sistemi di protezione civile dei diversi territori. A tal proposito, è auspicabile che ogni Regione e Provincia autonoma svolga un’azione di impulso, indirizzo e supporto alle attività di aggiornamento della pianificazione di protezione civile degli Enti locali, in stretto raccordo con le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo.

Con specifico riferimento agli effetti degli incendi boschivi e d’interfaccia, si segnalano le indicazioni fornite della citata Direttiva relativamente all’aggiornamento degli scenari di rischio e in relazione ai presidi territoriali.

Presidi territoriali

I presidi territoriali idraulici e idrogeologici, così come definiti dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2004 recante “Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile”, rappresentano un efficace strumento conoscitivo da integrarsi con i sistemi di monitoraggio e di allertamento, regionale e nazionale, per i rischi idrogeologico e idraulico; in particolare nelle more della realizzazione di efficaci ed efficienti interventi strutturali di mitigazione del rischio.

Per i presidi territoriali idraulici, si rimanda integralmente ai contenuti della citata Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2004, in particolare per gli obblighi in capo alle Regioni, e alle procedure descritte con riguardo alla “osservazione e controllo dello stato delle arginature, se presenti, e ricognizione delle aree potenzialmente inondabili, soprattutto nei punti definiti preventivamente “idraulicamente critici”, anche al fine di rilevare situazioni di impedimento al libero deflusso delle acque”.
Tali “punti critici” dovranno essere al più presto verificati in funzione delle modificate condizioni dei bacini sottesi nei quali si siano sviluppati incendi boschivi o eventi pregressi.

Considerata l’attuale limitata prevedibilità dei fenomeni franosi, ed in particolare da quelli prodotti da precipitazioni intense, persistenti o prolungate, o da altri fenomeni meteorologici quali ad esempio la rapida fusione della neve, le informazioni raccolte dai presidi territoriali idrogeologici devono integrarsi efficacemente con i dati raccolti dalle reti osservative, locali e territoriali, ancor più nel caso di frane monitorate per le quali siano definite soglie di allarme e conseguenti fasi operative o azioni di protezione civile.

Si rammenta infine che l’attività dei presidi territoriali è particolarmente rilevante per l’individuazione e la sorveglianza di condizioni di criticità locali, nonché per fronteggiare la maggiore suscettività al dissesto dei versanti e dei bacini soggiacenti le aree percorse dal fuoco. L’attività di presidio, se opportunamente organizzata, può altresì contribuire all’allertamento della popolazione esposta.

Sistema di allertamento

Si rammenta che il decreto-legislativo 1 del 2 gennaio 2018, “Codice della protezione civile”, contempla fra le attività non strutturali di protezione civile, al comma 4, dell’art 2, quelle connesse all’allertamento del Servizio nazionale, articolato in attività di preannuncio in termini probabilistici, ove possibile sulla base delle conoscenze disponibili, di monitoraggio e di sorveglianza in tempo reale degli eventi e delle conseguenti evoluzioni degli scenari di rischio.

A tal riguardo, si rimarca l’importanza della piena operatività dei Centri funzionali decentrati attivi presso le Regioni e le Province autonome, secondo quanto previsto dalla citata Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2004, nonché l’importanza di garantire – in particolare durante le allerte “meteo-idro” l’attivazione H24 delle Sale operative regionali di protezione civile, al fine di garantire, il necessario e costante flusso informativo con le Autorità locali, fornire, a questo Dipartimento, il quadro aggiornato e tempestivo delle situazioni che possono manifestarsi nel corso di un evento, nonché l’aggiornamento della situazione meteo-idrologica e idraulica, in atto e prevista.

È altrettanto importante che i Comuni recepiscano la messaggistica di allertamento per la tempestiva attivazione delle conseguenti misure di protezione civile, inclusa l’informazione alla popolazione.

Procedure di attivazione

Ove la risposta del Servizio nazionale di protezione civile dovesse concretizzarsi in un’attivazione delle componenti e strutture operative, in fase di allerta o per situazioni di emergenza in atto, è necessario che ciò avvenga in modo tempestivo e coordinato attraverso la pronta attivazione dei centri di coordinamento, in attuazione degli indirizzi già emanati con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2008 recante “Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze”. A tal fine, è necessario che le Prefetture-UTG e le diverse strutture operative in indirizzo, che operano sul territorio, condividano, tempestivamente, con le Regioni e le Province autonome ogni rilevante informazione sulle criticità in atto, e che venga mantenuto un costante raccordo informativo sul territorio e con questo Dipartimento per il tramite della Sala Situazione Italia.

Parimenti, si sottolinea l’esigenza che i Centri funzionali decentrati attivi presso le Regioni e le Province autonome, e le Sale operative regionali provvedano a una verifica delle procedure di attivazione delle diverse componenti del Servizio di protezione civile di ciascuna Regione o Provincia autonoma, ponendo particolare attenzione alla tempestiva diffusione di notizie e segnalazioni di criticità, e all’interscambio di informazioni e di dati tra i diversi Enti territoriali coinvolti, nonché alla comunicazione e al costante raccordo con questo Dipartimento. Detto raccordo dovrà realizzarsi (i) con il Centro funzionale centrale, relativamente a valutazioni tecniche riguardanti fenomeni meteo-idrologici e le condizioni di rischio da frana e da alluvione, e (ii) con la Sala Situazione Italia, relativamente alle situazioni, potenziali o in atto, di pericolo per la popolazione e per il sistema infrastrutturale, mettendo altresì in evidenza le iniziative poste in essere e le possibili criticità del sistema di risposta, al fine della eventuale richiesta di concorso di risorse esterne.

Si invitano, inoltre, le Regioni e le Province autonome a dare attuazione alla Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, attuata in Italia con il decreto-legislativo 23 febbraio 2010, n. 49, con la finalità di istituire un quadro di riferimento comune per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvione, con particolare attenzione alle misure relative alla previsione delle piene e al sistema di allertamento, alla pianificazione di protezione civile e all’informazione alla popolazione; misure che da anni – e anche nel corso del 2022 – sono state oggetto di appositi incontri finalizzati ad affrontare la soluzione delle criticità esistenti in modo coordinato con le Autorità di bacino distrettuale e con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

Comunicazione e informazione alla popolazione

Il citato decreto-legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018, “Codice della protezione civile”, ha ridefinito la partecipazione dei cittadini alle attività di protezione civile. Oggi, i cittadini prendono parte ancor più attivamente al Servizio nazionale di protezione civile aderendo al volontariato di protezione civile, favorendo la cura e la tutela dell’ambiente, informandosi riguardo ai rischi presenti sul territorio e adottando comportamenti corretti in caso di situazione di pericolo, potenziale o conclamato. Inoltre, il “Codice della protezione civile” introduce lo strumento della pianificazione partecipata che consente all’Amministrazione di avviare un percorso di confronto organizzato con la popolazione in fase di redazione o aggiornamento del Piano di protezione civile.

Relativamente ai rischi oggetto delle presenti raccomandazioni, già nel 2016, con le “Indicazioni operative per l'omogeneizzazione dei messaggi di allertamento e delle relative Fasi operative per rischio meteo-idro”, si è voluto dare impulso a un percorso di omogeneizzazione dei “codici colore” e delle “fasi operative”, affinché il Servizio nazionale di protezione civile parlasse, soprattutto ai cittadini e più generalmente ai soggetti che operano sul territorio, in modo chiaro e comprensibile. Nell’ambito di tale percorso, sul sito del Dipartimento della protezione civile sono state pubblicate: (i) la pagina “Rischio meteo-idro – L’allertamento”, raggiungibile all’indirizzo https://rischi.protezionecivile.gov.it/it/meteo-idro/allertamento, nella quale sono riportati il più recente Bollettino di criticità nazionale contenente le allerte in corso, e il più recente Bollettino di vigilanza meteorologica nazionale. I bollettini, di criticità e di vigilanza, sono rappresentati su mappe navigabili; ii) la pagina “Allertamento meteo-idro”, raggiungibile all’indirizzo https://rischi.protezionecivile.gov.it/it/meteo-idro/allertamento-meteo…, che raccoglie i link alle pagine web dove sono pubblicati i bollettini giornalieri di vigilanza, di criticità e i messaggi di allertamento di competenza  regionale e provinciale; e (iii) la pagina “Piattaforma radar”, raggiungibile all’indirizzo https://mappe.protezionecivile.gov.it/it/mappe-rischi/piattaforma-radar, che consente di visualizzare, su scala nazionale, i fenomeni in corso e quelli registrati nelle ultime 24 ore attraverso  l’elaborazione in tempo reale di dati provenienti dalla rete radar nazionale, dalla rete delle stazioni pluviometriche e termometriche, da acquisizioni satellitari e dalla rete delle fulminazioni. Infine, la sezione “Sei preparato” del sito del Dipartimento, raggiungile all’indirizzo https://rischi.protezionecivile.gov.it/it/meteo-idro/sei-preparato ed esplicitamente rivolta al cittadino, suggerisce norme di comportamento da adottare per diversi rischi, fra i quali i rischi-meteo idrologici.

Si raccomanda di rendere allo stesso modo facilmente raggiungibili e fruibili i bollettini e le allerte emessi dalle Regioni e Province autonome, ciascuna per il territorio di propria competenza, dando risalto ai prodotti e alle informazioni disponibili nei rispettivi siti istituzionali, in particolare in presenza di allerte. In questi casi è auspicabile prevedere una comunicazione integrata sui diversi canali istituzionali (quali sito internet, profili social, messaggistica) delle Regioni e Province autonome, nonché del competente Centro funzionale decentrato. Nel comunicare una allerta (per esempio attraverso un comunicato stampa) è opportuno utilizzare un linguaggio semplice, immediato e standardizzato, rispettando criteri precedentemente stabiliti e concordati tra la Regione o la Provincia autonoma e il competente Centro funzionale decentrato; ciò per garantire la correttezza tecnica delle informazioni diramate. Nei periodi in cui non è prevista alcuna allerta, è auspicabile ribadire alla popolazione il funzionamento del sistema di allertamento e il ruolo di ciascun attore istituzionale (Regione o Province autonoma, Centro funzionale decentrato, Comune), oppure ricordare norme di comportamento o contatti utili (quali numeri verdi) in caso si verifichi un evento critico. Per la diffusione di questa tipologia di contenuti si consiglia l’utilizzo dei canali social istituzionali.

Infine, come è noto, nei giorni 15 e 16 ottobre si è svolta la campagna informativa “Io non rischio”, con il coinvolgimento di volontari di protezione civile formati che, in circa 600 piazze, hanno illustrato i rischi presenti sul territorio e spiegato le norme di comportamento da adottare in caso di emergenza. I materiali utilizzati per la campagna 2022, e in particolare quelli relativi al rischio da “alluvione” – consultabili all’indirizzo https://iononrischio.protezionecivile.it/it/rischi/alluvione – costituiscono un riferimento utile sulle azioni da intraprendere per ridurre l’esposizione ai fenomeni alluvionali, affidabile e non oneroso che si suggerisce alle Regione e Province autonome di considerare per le attività connesse all’informazione della popolazione.

Si confida nella consueta attivazione delle presenti raccomandazioni oltre che della diffusione in ambito territoriale.

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