domenica 20 settembre 2020

FINESTRE SULLA FILOSOFIA


di Marco Leoni


ARISTOTELE : La poetica e la funzione catartica della tragedia

( lezione di Matteo Saudino fantastico prof. di filosofia )

 


Torniamo ancora ad Aristotele; oggi parleremo della poetica, quella parte della filosofia di Aristotele che rientra nelle 'scienze poietiche' o produttive, in questo caso parliamo della produzione artistica.

Ebbene tra Aristotele e Platone vi è una netta contrapposizione per quanto riguarda la concezione di Arte. Secondo Aristotele l’uomo è naturalmente (il termine 'per natura' è una costante di Aristotele) proiettato alla rappresentazione artistica, pertanto, teoria molto bella, l’uomo è un animale oltre che politico per natura, anche artistico per natura.

Noi naturalmente produciamo Arte, definizione molto molto bella, vuol dire che tendiamo alla CREAZIONE e a una creazione LIBERA. Noi siamo animali LIBERI CREATORI da un punto di vista artistico e amiamo la rappresentazione, che è costituita da un desiderio, rappresentazione pittorica, scultorea, musicale, poetica e poi quella che sarà la rappresentazione CATARTICA, purificatrice, liberatoria per eccellenza ovvero la rappresentazione Teatrale e in modo particolare la tragedia.

Che cos’è dunque l’Arte ? L’Arte è innanzi tutto una attività libera, naturale dell’uomo ed è una fonte di piacere. Arte come attività libera, libertà creatrice, come attività naturale dunque connaturata alle propensioni dell’uomo. E poi l’Arte è anche una attitudine che ci porta ad avere piacere a provare piacere, l’Arte è piacevole dunque l’Arte rende la vita migliore.

Ecco ovviamente la frattura con Platone.

Un passaggio : l’Arte è imitazione anche per Aristotele perché è una rappresentazione ma è una imitazione in senso ben diverso da quello platonico: non è una imitazione delle imitazioni e pertanto un allontanamento dal mondo delle idee e della verità ma è una imitazione diretta della realtà, una imitazione in cui noi aggiungiamo un elemento CREATORE, però di rielaborazione della realtà, pertanto nell’Arte, nella produzione artistica, vi è una CRESCITA dell’uomo.

L’uomo non si limita ad imitare la realtà, ma imitando la realtà la RIELABORA l’ARRICCHISCE la MODIFICA e dunque l’Arte è molto più arricchente della storia: la storia è una, dice Aristotele, collezione di avvenimenti di accadimenti di fatti che poi vanno studiati, l’Arte non è semplicemente un accumulo di fatti e avvenimenti, non è solo un racconto ma è una RIELABORAZIONE della REALTA’ e dunque c’è una vera e propria trasposizione dei desideri dell’uomo e della sua capacità di rielaborazione.

Ovviamente l’Arte ha a che fare con un concetto che per Platone era negativissimo. Per il Platone della maturità, con il concetto di verosimiglianza, l’Arte si rapporta con la realtà ma le sue rappresentazioni hanno a che fare con il verosimile, cioè si rapporta alla realtà, al vero, producendo delle verosomiglianze.

L’Arte procede ad esempio per analogie, produce situazioni che possono essere degli ideal tipi : la pittura, la scultura, la musica, le rappresentazioni teatrali hanno una finalità che va al di là dell’imitazione stessa perché costruisce dei ponti di analogie con la nostra vita.

La poesia è più filosofica e più elevata della storia perché la poesia esprime piuttosto l’universale, la Storia il particolare. Ad esempio la poesia, poema omerico, ha la capacità di rapportarti all’universale.

Faccio alcuni esempi : la vicenda dell’Odissea fa diventare Ulisse l’ideal tipo dell’uomo che lontano da casa anela alla casa e vuole ritornare. Le peripezie per ritornare a casa e il quando tornerà dopo un lungo viaggio cambiato diventa un modello universale del viaggiare: cambiare, trasformarsi e ritornare con i valori che sono in parte cambiati e rafforzati oppure semplicemente cambiati rispetto a prima.

Penelope diventa l’ideal tipo, l’universale, della donna che attende: intelligente, tenace, (Penelope ovvero della TENACIA). Telemaco diventa l’ideal tipo del figlio che cresce in assenza del padre, dunque, leggendo l’Odissea e leggendo le vicende di Telemaco, ho una versione universale del figlio che vive in attesa del padre che lo va a cercare e può essere riferito alla nostra vita, al papà che non abbiamo conosciuto perché è morto o che è via per lavoro oppure che, pur essendo a casa, pensa sempre soltanto al lavoro, cioè il padre che non abbiamo ma che aneliamo desideriamo e attendiamo.

Dunque l’Odissea ha vari ideal tipo universali: la donna amante, la donna fedele, la donna seduttrice, il guerriero traditore, il guerriero valoroso,...

La poesia come il poema omerico non parla del particolare ma la vicenda del particolare è come se fosse un’astronave che prendete e vi porta all’universale.

Leggere l’Odissea di Omero è compiere un viaggio, abbandonare la terra andare nell’universo e guardare dall’alto tutto perché i personaggi di Omero sono degli universali.

L’Arte principale più esaltata poi da Aristotele è la Tragedia, perché? Perché la tragedia esprime al meglio quello che è il potere dell’Arte e cioè la CATARSI. L’Arte tragica, la tragedia, ha una funzione purificatrice, purifica le passioni.

E qui siete agli antipodi di Platone: per Platone assistere a una tragedia vuol dire innescare passioni dunque diventare non più un uomo razionale ma un uomo passionale. Dunque la tragedia diseduca: guardo l’Edipo Re, guardo Medea, guardo gli Argonauti, assisto a delle rappresentazioni teatrali e si innescano in me desideri, gelosie, ambizioni, stravolgimenti passionali. Questo per Platone. Aristotele è agli antipodi: guardo la tragedia, ascolto la musica, ascolto il coro, guardo le vicende dell’eroe sul palco e mi rapporto a quelle passioni, le rielaboro e dunque le gestisco, imparo a gestirle. Questo poteva valere all’epoca se parlo della tragedia greca, per voi oggi se assistete ai film, in modo particolare film che vi raccontano dinamiche adolescenziali famigliari, dunque di vita privata o pubblica, affrontate quelle passioni magari vi immedesimate, e cominciate a trattare quelle passioni vivendole e dunque a purificarvi cioè a rielaborare.

Dunque le forme artistiche quali la Tragedia portano noi a crescere perché impariamo a confrontarci, a vivere con delle passioni, in modo particolare cominciamo ad interagire con il nostro corpo la nostra anima rispetto a determinate passioni e se ci rapportiamo possiamo provare ad eliminarle a governarle. La CATARSI del mondo antico ha questa funzione: abituare il corpo e l'anima ad avere a che fare con pulsioni e passioni: l’Arte aiuta a migliorare l’umore.

Se avete questa idea antica di Arte potete dire: io oggi sono di cattivo umore, sono infelice, allora ascolto della musica, magari quella di quel cantante che vi aiuta ad affrontare il cattivo umore, quell’autore che vi aiuta in parte a rielaborare e a purificare le vostre passioni.

Dunque il poeta, il tragediografo devono immaginare e anticipare gli esiti psicologici della propria Arte, c’è la psicologia antelitteram in Aristotele. Mentre scrivo una tragedia o scrivo una canzone, se non sono sottoposto a diktat del mercato e pertanto non sono in quella dimensione un po’ plastificata del commercio totale ma sono un artista vero nel senso profondo del termine, devo immaginare gli esiti della mia Arte.

Che esito ha scrivere questo romanzo su questa ragazza, su questi bambini, sugli adulti, sull’uomo occidentale, sul mondo arabo, sul mondo asiatico, immaginare gli esiti psicologici per poter lavorare su due sentimenti importanti: la PAURA e la PIETA’ la paura e la pietà vanno elaborate, rielaborate vanno educate: l’Arte come CATARSI educa l’uomo, l’uomo educato alle passioni è un uomo più libero perché vive in maniera meno schiava, più autonoma.”

ARISTOTELE : STUPISCE SEMPRE.


 

 

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