Cesare Agostini |
Cesare
Agostini e Franco Santi hanno affidato la ‘loro’ Flaminia Militare, la via
fatta costruire nel 187 a.C. dal Console Caio Flaminio, a Legambiente che ha raccolto il ‘testimone
storico’ e si è impegnata ad averne
cura e a farla conoscere a un largo pubblico.
Il passaggio di consegna è avvenuto a Sasso Marconi
durante un incontro al cinema comunale in cui è stato presentato un video
realizzato da Yuri Rambelli, sulla importantissima arteria romana,che
costituiva il più diretto scavalcamento dell’Appennino, riportata alla luce dai
due ‘archeologi per passione’. Un ritrovamento la cui importanza storica e
archeologica non è stata ancora compresa a pieno. Un percorso lastricato di
quella lunghezza, 13 chilometri, non ha
confronti ed è unico. La strada ha potuto mantenere la sua sostanziale
integrità poiché il tracciato e’ stato abbandonato già in epoca tardo imperiale
ed è in zona impervia, quindi poco frequentata e disabitata. Per questo i
secoli di incuria lo hanno ricoperto di limo e vegetazione e ancora integro si
è conservato nel tempo, toccato solo dalle inevitabili frane che la montagna ha
subito in oltre 20 secoli.
Il primo, dei due libri scritti da Agostini e Santi. |
Agostini , mettendo un luce una conoscenza
profondissima sulla viabilità storica transappenninica, una grande e generosa ‘passionaccia’ per
l’archeologia e un humor da oratore
smaliziato , ha intrattenuto durante la presentazione del Cd i numerosi presenti,
narrando simpatici episodi legati al suo lungo lavoro di ricerca documentale e
sul campo.
Ha raccontato infatti che nel 1977, dando fede a
voci di paese che narravano appunto dell’esistenza di una strada romana nella
zona dell’Appennino dove solitamente egli passava le vacanze, con l’amico Franco
Santi, convinto come lui dell’esistenza della strada e facendosi guidare dall’intuito
e della logica, iniziò a sondare parti
di bosco. Per ben due anni nessun ritrovamento, solo l’ilarità di molti e i
sorrisi maliziosi e divertiti delle mogli che, ad ogni loro rientro dagli
scavi, scherzosamente chiedevano conto del frutto della ricerca sapendo
benissimo che la fumata era nera e che i due tornavano con le ‘pive nel sacco’. Eppure il
ritrovamento fortuito da parte di Santi di una moneta romana in quella che
pareva una vecchissima cava di pietre abbandonata, dava loro ulteriore
incoraggiamento poiché per lastricare la strada larga ben 2 metri e quaranta dovevano
essere state necessarie quantità incredibili di pietra rintracciata ovviamente
nelle vicinanze del tracciato. Il loro aumentato entusiasmo li portò infine, il
24 agosto del 1979, a intercettare il
basolato in pietra della Flaminia e poi a riportare alla luce il primo tratto, togliendo lo strato di oltre 50 centimetri di
detriti e limo che la ricopriva.
Santi e Agostini |
Quindi i contatti per una verifica con gli
accademici dell’Università di Bologna
che a quell’epoca ritenevano che la Flaminia romana passasse dalla Valle dell’Idice e quindi esclusero che
quella trovata da Santi e Agostini potesse essere la strada militare romana.
“Cosa dobbiamo fare per dimostrare che è la Flaminia?,” chiese Agostini a un noto cattedratico durante un
sopralluogo. “Be’, bisognerebbe che si trovasse il tragitto fino a Fiesole,”
rispose questi, probabilmente convinto anche che l’impresa avrebbe scoraggiato.
“ Va Bene. Tanto non abbiamo mica fretta,” risposero i due ricercatori. E non
era una battuta sarcastica: hanno infatti continuato e individuato il tracciato
fino a Fiesole e oltre, per una lunghezza di 13 chilometri, che ora fanno parte
di un bellissimo tracciato in aree desertiche e semiselvagge affidato ai
volontari di Legambiente che con grande piacere hanno accettato l’eredità anche
se impegnativa perché il tracciato richiede una attenta manutenzione annuale.
Legambiente, come ha spiegato il presidente del Circolo Setta-Samoggia-Reno Claudio Cortielli ( nella foto) ha
poi, con uno specifico corso, preparato 18 guide per accompagnare i numerosi
visitatori ( per lo più stranieri ahimè) nell’incredibile passeggiata.
Agostini ha anche raccontato di avere fatto tutti i
sondaggi e i movimenti del terreno senza chiedere alcun permesso. Se avesse
dovuto operare richiedendo le autorizzazioni probabilmente ora non avremmo
ancora la Flaminia Militare. “Nessuno ci
ha infastidito poiché il valico dell’Appennino era pressoché deserto,” ha
sottolineato. “Solo una volta siamo stati avvicinati da un escursionista che
incuriosito per il nostro operare con vanghe e badili si avvicinò e chiese cosa
stessimo facendo. Alla risposta, ‘ stiamo cercando la strada per Fiesole,’ si
allontanò scuotendo la testa convinto probabilmente di essere alla presenza di squilibrati.
E solo una volta siamo stati chiamati dai Carabinieri”, ha raccontato ancora .
“Al mio arrivo in Caserma il maresciallo mise sulla scrivania un plico con una
denuncia. “Capii che ero io l’imputato,” (Agostini è di professione un avvocato)
. “Il maresciallo mi chiese cosa stessi facendo con l’amico Santi. ‘Spazziamo
una strada. Sono 2000 anni che non viene pulita,’ risposi e il militare
divertito, ma probabilmente perché già sapeva cosa stavamo facendo, ci lasciò
andare e potemmo continuare”.
Non tutto è stato riportato alla luce, ha anche
spiegato. La strada doveva avere ovviamente edifici e manufatti di servizio lungo
il tracciato e i resti di alcuni sono anche stati già individuati. Altri
attendono di rivedere la luce. Ma questa è un’altra storia. Agostini ha fatto
capire che per lui la ‘missione è compiuta’. Ha donato a Bologna una grande ragione
di interesse, e che interesse, e al
mondo la possibilità di verificare e apprezzare la capacità organizzativa degli
antichi romani. Tutto questo lo gratifica,
lo ricompensa e lo soddisfa: lui e Santi avevano ragione. La Flaminia è quella
trovata da loro.
Per informazioni e prenotazioni di visite :
Legambiente 347 9256154 (Mauro Bacci) oppure 389 3168348 (Angelo Farneti)
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