giovedì 30 maggio 2013

Pensionato incensurato arrestato per tentato omicidio: si voleva vendicare per una vicenda d’affari degli anni Ottanta.




Incredibile ma vero: ha covato per vent’anni un sordo rancore per un torto subito; poi il tranquillo pensionato si è trasformato in  ‘vendicatore’  e ha cercato di fare ‘ la sua giustizia’ tentando un uccidere l'ignaro ‘colpevole’. L’inesperienza lo ha tradito: ‘cattivi’ forse si nasce, non lo si diventa.  
La vicenda si è conclusa con l’arresto dell’uomo con l’accusa di  tentato omicidio tramite ordigno esplosivo.

 L’aspirante amicida, M .G., un sessantottenne di San Lazzaro di Savena, è stato ammanettato  dopo un’indagine iniziata lo scorso febbraio, quando un pensionato di Castel Guelfo si era presentato dai Carabinieri perché aveva ricevuto un pacco postale contenente alcuni fili elettrici e una polvere grigiastra. Il dispositivo era stato esaminato dai Carabinieri Artificieri Antisabotaggio del Comando Provinciale di Bologna che lo avevano riconosciuto come un ordigno potenzialmente pericoloso, di quelli del tipo I.E.D. (Esplosivo Improvvisato Attivato dalla Vittima). I.E.D. è un congegno composto generalmente da oltre 200 grammi di polvere pirica che viene incendiata da un innesco ‘a sfregamento’ che, nel caso del pensionato di Castel Guelfo, era rimasto inattivo per mera casualità, probabilmente grazie al modo con cui la vittima aveva aperto la busta, spostando involontariamente il meccanismo. Sempre secondo l’analisi degli artificieri, l’ordigno, sebbene rudimentale, per il quantitativo di polvere immessa sarebbe stato sufficiente a provocare gravissime lesioni e perfino la morte, specie se aperto in un luogo chiuso. La vittima allora ha reagito alla verifica con grande incredulità perché non aveva assolutamente idea di chi avesse fatto una cosa del genere. Lo stupore manifestato dall’anziano è stato avvalorato dalle indagini dei Carabinieri di Medicina che hanno passato al setaccio la vita del pensionato, verificandone le relazioni, amicizie, frequentazioni, attività lavorative e ricreative analizzando, soggetto per soggetto, praticamente tutti coloro che avevano avuto a che fare con lui. Mentre le indagini per individuare il mittente artificiere proseguivano, nell’aprile scorso la vittima ha chiesto nuovamente aiuto ai Carabinieri perché nella cassetta postale dell’abitazione c’era un altro pacco sospetto, un ordigno uguale al precedente, ma con una dose di polvere pirica minore e simile a quella contenuta nei comuni artifizi pirotecnici di libera vendita. Anche il RIS dei Carabinieri di Parma è stato interessato per eseguire verifiche tecniche e la loro competenza è stata preziosa perché il loro lavoro ha permesso di scoprire una traccia fondamentale alla riuscita delle indagini: nella prima busta è stata trovata un’impronta digitale che l’attentatore aveva lasciato su un supporto adesivo interno. Nel secondo plico, il criminale, per costruire la bomba, aveva utilizzato la confezione di un medicinale, un farmaco betabloccante, di larghissimo uso in caso di malattie cardiache. L’attenzione degli investigatori si è quindi concentrata sui numeri di codice riportati sulla scatola, relativi al farmaco acquistato che potevano consentire di risalire al beneficiario della ricetta risalente al 2010. Il compito è stato affidato ad altri specialisti dell’Arma, i Carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità di Bologna. Nel frattempo, i Carabinieri di Medicina hanno proseguito le indagini, concentrandosi sulle immagini registrate dalle videocamere di sorveglianza di un ufficio postale di Bologna, da dove era partito il secondo pacco. Con la collaborazione dei dipendenti delle poste, i militari hanno stabilito, con assoluta precisione da quale sportello era partito il pacco. La svolta nelle indagini è arrivata quando è stato individuato un soggetto anziano con capelli bianchi, maglietta verde militare, zainetto beige e un’andatura particolare a causa di uno stomaco molto pronunciato nonostante l’apparenza normopeso del resto del corpo. I filmati sono stati ripetutamente visionati dai militari, che hanno così potuto acquisire  una certa ‘familiarità’ con le forme e l’andatura del soggetto, un elemento essenziale per un riconoscimento visivo. E’ stata stabilita una zona di controllo che partiva dai due uffici postali interessati fino a comprendere il quartiere di Bologna Mazzini e l’immediata periferia di San Lazzaro di Savena. I militari hanno parlato con gli esercenti, i medici di base, i farmacisti, i dipendenti dei supermercati, i parroci e, comunque, le persone del posto, nel tentativo di giungere all’identificazione del soggetto che, dopo due tentativi andati a vuoto, avrebbe potuto metterne in atto un terzo.
Qualche giorno fa, finalmente, un Carabiniere che stava cercando il sospettato ha visto una persona anziana che, per caratteristiche somatiche ed andatura, somigliava al soggetto ripreso dalle videocamere di sorveglianza. L’indiziato è stato pedinato e bloccato nei pressi di un supermercato di San Lazzaro di Savena. Inizialmente, l’uomo ha negato ogni accusa, ma di fronte all’evidenza dei fatti è crollato, ammettendo le proprie responsabilità. Ulteriori elementi a suffragio dell’indagine investigativa sono arrivati con l’esito della perquisizione eseguita presso l’abitazione del sessantottenne. Nella casa dell’uomo sono stati trovati e sequestrati numerosi involucri vuoti di artifizi pirotecnici, totalmente compatibili con la polvere pirica che costituiva i due pacchi incendiari, nonché una ulteriore scatola con 50 petardi ancora da aprire, indizio probabile che, visti i due insuccessi precedenti, il soggetto aveva l’intenzione di tentare ancora una volta. Un’altra prova certa della colpevolezza dell’uomo è arrivata con il rapporto dei NAS che era riuscito a risalire, tramite gli uffici competenti al pagamento del servizio sanitario nazionale al destinatario della ricetta: il codice rinvenuto nella scatola di medicine corrispondeva a M.G., l’intestatario della ricetta rilasciata dal suo medico curante e che aveva acquistato il farmaco in una farmacia di San Lazzaro di Savena. Il movente sarebbe stato il RANCORE che l’attentatore provava ancora nei confronti della vittima per una vicenda d’affari tra i due che si era conclusa negli anni ottanta. I due, infatti, agli inizi degli anni ’80, avevano aperto insieme un locale pubblico sulle colline dell’hinterland bolognese, nel quale l’attentatore aveva investito buona parte delle proprie risorse economiche di allora, derivanti da una cospicua eredità.  Attività che, purtroppo, è finita con un fallimento del quale l’uomo attribuiva la responsabilità proprio alla vittima. Successive vicissitudini negative, hanno fatto  maturare in lui il convincimento che l’artefice del fallimento sostanziale di tutta la sua vita fosse da attribuire proprio al suo ex socio. Complice della decisione amicida una ricorrente depressione, per la quale l’attentatore era in cura, ed un costante e crescente rancore. La pressione emotiva ed il risentimento hanno continuato a crescere nella mente dell’uomo, fino a giungere alla decisione, ritenuta l’unica percorribile, di vendicarsi per il male (vero o presunto) subito.

Dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Bologna.

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