Incredibile
ma vero: ha covato per vent’anni un sordo rancore per un torto subito; poi il
tranquillo pensionato si è trasformato in ‘vendicatore’ e ha cercato di fare ‘ la sua giustizia’ tentando un
uccidere l'ignaro ‘colpevole’. L’inesperienza lo ha tradito: ‘cattivi’ forse si
nasce, non lo si diventa.
La vicenda
si è conclusa con l’arresto dell’uomo con l’accusa di tentato omicidio tramite ordigno esplosivo.
L’aspirante amicida, M .G., un sessantottenne di San Lazzaro di
Savena, è stato ammanettato dopo un’indagine
iniziata lo scorso febbraio, quando un pensionato di Castel Guelfo si era
presentato dai Carabinieri perché aveva ricevuto un pacco postale contenente
alcuni fili elettrici e una polvere grigiastra. Il dispositivo era stato
esaminato dai Carabinieri Artificieri Antisabotaggio del Comando Provinciale
di Bologna che lo avevano riconosciuto come un ordigno potenzialmente
pericoloso, di quelli del tipo I.E.D. (Esplosivo Improvvisato Attivato
dalla Vittima). I.E.D. è un congegno composto generalmente da oltre 200 grammi
di polvere pirica che viene incendiata da un innesco ‘a sfregamento’ che, nel
caso del pensionato di Castel Guelfo, era rimasto inattivo per mera casualità,
probabilmente grazie al modo con cui la vittima aveva aperto la busta,
spostando involontariamente il meccanismo. Sempre secondo l’analisi degli
artificieri, l’ordigno, sebbene rudimentale, per il quantitativo di polvere
immessa sarebbe stato sufficiente a provocare gravissime lesioni e perfino la
morte, specie se aperto in un luogo chiuso. La vittima allora ha reagito alla verifica
con grande incredulità perché non aveva assolutamente idea di chi avesse fatto
una cosa del genere. Lo stupore manifestato dall’anziano è stato avvalorato
dalle indagini dei Carabinieri di Medicina che hanno passato al setaccio la
vita del pensionato, verificandone le relazioni, amicizie, frequentazioni,
attività lavorative e ricreative analizzando, soggetto per soggetto,
praticamente tutti coloro che avevano avuto a che fare con lui. Mentre le
indagini per individuare il mittente artificiere proseguivano, nell’aprile scorso
la vittima ha chiesto nuovamente aiuto ai Carabinieri perché nella cassetta
postale dell’abitazione c’era un altro pacco sospetto, un ordigno uguale al
precedente, ma con una dose di polvere pirica minore e simile a quella
contenuta nei comuni artifizi pirotecnici di libera vendita. Anche il RIS
dei Carabinieri di Parma è stato interessato per eseguire verifiche
tecniche e la loro competenza è stata preziosa perché il loro lavoro ha
permesso di scoprire una traccia fondamentale alla riuscita delle indagini:
nella prima busta è stata trovata un’impronta digitale che l’attentatore aveva
lasciato su un supporto adesivo interno. Nel secondo plico, il criminale, per
costruire la bomba, aveva utilizzato la confezione di un medicinale, un farmaco
betabloccante, di larghissimo uso in caso di malattie cardiache. L’attenzione
degli investigatori si è quindi concentrata sui numeri di codice riportati
sulla scatola, relativi al farmaco acquistato che potevano consentire di
risalire al beneficiario della ricetta risalente al 2010. Il compito è stato
affidato ad altri specialisti dell’Arma, i Carabinieri del Nucleo
Antisofisticazione e Sanità di Bologna. Nel frattempo, i Carabinieri di
Medicina hanno proseguito le indagini, concentrandosi sulle immagini registrate
dalle videocamere di sorveglianza di un ufficio postale di Bologna, da dove era
partito il secondo pacco. Con la collaborazione dei dipendenti delle poste, i
militari hanno stabilito, con assoluta precisione da quale sportello era
partito il pacco. La svolta nelle indagini è arrivata quando è stato
individuato un soggetto anziano con capelli bianchi, maglietta verde
militare, zainetto beige e un’andatura particolare a causa di uno stomaco molto
pronunciato nonostante l’apparenza normopeso del resto del corpo. I filmati
sono stati ripetutamente visionati dai militari, che hanno così potuto
acquisire una certa ‘familiarità’ con le
forme e l’andatura del soggetto, un elemento essenziale per un riconoscimento
visivo. E’ stata stabilita una zona di controllo che partiva dai due uffici
postali interessati fino a comprendere il quartiere di Bologna Mazzini e
l’immediata periferia di San Lazzaro di Savena. I militari hanno parlato con
gli esercenti, i medici di base, i farmacisti, i dipendenti dei supermercati, i
parroci e, comunque, le persone del posto, nel tentativo di giungere
all’identificazione del soggetto che, dopo due tentativi andati a vuoto,
avrebbe potuto metterne in atto un terzo.
Qualche
giorno fa, finalmente, un Carabiniere che stava cercando il sospettato ha visto
una persona anziana che, per caratteristiche somatiche ed andatura, somigliava
al soggetto ripreso dalle videocamere di sorveglianza. L’indiziato è stato
pedinato e bloccato nei pressi di un supermercato di San Lazzaro di Savena.
Inizialmente, l’uomo ha negato ogni accusa, ma di fronte all’evidenza dei fatti
è crollato, ammettendo le proprie responsabilità. Ulteriori elementi a
suffragio dell’indagine investigativa sono arrivati con l’esito della
perquisizione eseguita presso l’abitazione del sessantottenne. Nella casa
dell’uomo sono stati trovati e sequestrati numerosi involucri vuoti di artifizi
pirotecnici, totalmente compatibili con la polvere pirica che costituiva i due
pacchi incendiari, nonché una ulteriore scatola con 50 petardi ancora da
aprire, indizio probabile che, visti i due insuccessi precedenti, il soggetto
aveva l’intenzione di tentare ancora una volta. Un’altra prova certa della
colpevolezza dell’uomo è arrivata con il rapporto dei NAS che era riuscito a risalire,
tramite gli uffici competenti al pagamento del servizio sanitario nazionale al
destinatario della ricetta: il codice rinvenuto nella scatola di medicine
corrispondeva a M.G., l’intestatario della ricetta rilasciata dal suo
medico curante e che aveva acquistato il farmaco in una farmacia di San Lazzaro
di Savena. Il movente sarebbe stato il RANCORE che l’attentatore provava
ancora nei confronti della vittima per una vicenda d’affari tra i due che si
era conclusa negli anni ottanta. I due, infatti, agli inizi degli anni ’80,
avevano aperto insieme un locale pubblico sulle colline dell’hinterland
bolognese, nel quale l’attentatore aveva investito buona parte delle proprie
risorse economiche di allora, derivanti da una cospicua eredità. Attività che, purtroppo, è finita con un
fallimento del quale l’uomo attribuiva la responsabilità proprio alla vittima.
Successive vicissitudini negative, hanno fatto maturare in lui il convincimento che
l’artefice del fallimento sostanziale di tutta la sua vita fosse da attribuire
proprio al suo ex socio. Complice della decisione amicida una ricorrente
depressione, per la quale l’attentatore era in cura, ed un costante e crescente
rancore. La pressione emotiva ed il risentimento hanno continuato a crescere
nella mente dell’uomo, fino a giungere alla decisione, ritenuta l’unica
percorribile, di vendicarsi per il male (vero o presunto) subito.
Dal Comando
Provinciale dei Carabinieri di Bologna.
Nessun commento:
Posta un commento