mercoledì 19 maggio 2010
Furti di ottone alla Torneria Due C di Pontecchio Marconi
Anche l’ottone, come il rame, è una materia prima preziosa e i ladri ne fanno incetta come cani famelici su una carcassa di animale. La dimostrazione l’ha fornita l’azienda meccanica ‘Due C’ di Pontecchio Marconi che lavora appunto l’ottone. Nel giro di due mesi ha infatti subito tre furti di ‘materiali di risulta (i trucioli asportati dagli utensili nelle lavorazioni)’ e ha registrato altri quattro tentativi fortunatamente andati a vuoto. I ladri hanno preso di mira il grande contenitore dove vengono stipati i trucioli di ottone e, armati di mezzo di trasporto adeguato, lo avvicinano, lo aprono e lo svuotano. “Nel primo furto abbiamo perso 6.000 chilogrammi di sfrido, nel secondo 7.000, nel terzo 2.500 e se si pensa che gli scarti vengono pagati 3 euro il chilogrammo si capisce perché i ladri si avventano sugli scarti delle lavorazioni” spiega Marco Carata che aiuta il padre Marino nella gestione dell’azienda. “ A questi furti si registrano poi altri quattro tentativi non riusciti grazie ai nostri allarmi. Una prima volta è scattato l’allarme volumetrico quando una dei ladri è stato intercettato dai sensori nel momento che era salito sul contenitore da svuotare. La volta successiva, per non salire sul cassone, hanno tagliato un quadrato della lamiera di quel contenitore. L’ultima volta, il sabato e la domenica notte appena trascorse, sono stati ripresi in entrambi la circostanza dalle telecamera della video sorveglianza. Sono tre uomini con il viso nascosto da un largo cappuccio che cercano di superare la rete di recinzione ma è scattato l’allarme. Ora le pellicole solo al vaglio degli inquirenti. Eravamo comunque preparati. La tecnica è sempre la stessa: in più giornate consecutive i malviventi fanno entrare in azione l’allarme. Allerta che poi risulta immotivata. Questo nella speranza che il proprietario si convinca che il sistema d’allarme è difettoso e lo disattivi in attesa di un controllo tecnico. la sera che l’allrme tace perché inattivo fanno i loro comodi”. Amara la conclusione dei signori Carata. “Oltre al danno economico elevato in un periodo come questo, c’è la paura che ci blocca. Lavoriamo a ciclo continuo con macchine automatiche e a volte dobbiamo entrare nei capannoni per azionare o spegnere una macchina che ha concluso il suo lavoro. Abbiamo paura che qualcuno ci aspetti e ci costringa ad agire minacciandoci. Ci sentiamo in balia degli altri”.
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