Se
la Fiac traslocasse a rischiare il posto non sarebbero solo
103 dipendenti diretti, ma anche oltre 40 interinali e 20 addetti
alla logistica
Colpo di scena: la Fiac compressori non si sposta più da Pontecchio Marconi. Rientra così l'allarme di trasferimento a Torino dato stamattina dalla multinazionale svedese. La Fiom-Cgil di Bologna, con il presidente Michele Bulgarelli, si era subito esposta per scongiurare il peggio: "Da qui non si passa. Nessuna multinazionale può pensare di aggirare leggi e contratti. Scrivono trasferimenti ma si legge licenziamenti. Da qua non esce niente e nessuno se non si ritira la procedura di trasferimento".
E
oggi pomeriggio - come riporta l'agenzia Dire - la direzione
aziendale ha formalizzato il ritiro della procedura di trasferimento
collettivo. "Sicuramente è stato merito della straordinaria
determinazione di tutti i lavoratori, ma anche dell'intervento delle
Istituzioni locali", esulta la Fiom-Cgil. Fin dall'annuncio
choc, i dipendenti hanno presidiato in protesta i cancelli dello
stabilimento bolognese e a dar loro man forte sono arrivati, anche
per mediare con l'azienda, i sindaci di Sasso Marconi, Roberto
Parmeggiani, e Marzabotto Valentina Cuppi. Hanno alzato la voce
contro il trasferimento a Torino anche gli assessori al Lavoro del
Comune di Bologna, Marco Lombardo, e alle Attività produttive
della Regione, Vincenzo Colla (che ha convocato un incontro il 3
giugno)".
"Insomma,
la situazione si è capovolta: al mattino l'ufficializzazione via Pec
dello spostamento, nel pomeriggio il dietrofront. Ma la Fiom non si
fida del tutto. Prevede "una lotta lunga e complessa.
Sicuramente la multinazionale non ha cambiato idea e il mandato
chiaro dell'assemblea dei lavoratori della Fiac è che va
cambiato il piano dell'azienda, discutendo di come mantenere e
rilanciare il sito produttivo di Pontecchio, salvaguardando tutti i
posti di lavoro".
Intanto,
aggiunge la Fiom, è stato "molto importante che tutti i
lavoratori, a tempo indeterminato, somministrati, addetti alla
logistica, operai e impiegati hanno votato all'unanimità il
mandato alla delegazione sindacale, proclamando un pacchetto di ore
di sciopero a sostegno della vertenza, per portare all'incontro in
Regione la necessità di discutere di come rilanciare l'azienda
e non di come chiuderla". Da domani mattina cominciano gli
scioperi articolati e sarà allestito un presidio davanti ai cancelli
dell'azienda.
Se
la Fiac traslocasse a rischiare il posto non sarebbero solo
103 dipendenti diretti, ma anche oltre 40 interinali, 20 addetti alla
logistica, e come denunciato dalla Fiom, sono stati annunciati anche
esuberi in Fiac Air professional, "azienda che occupa
una trentina di impiegati e che difficilmente potrebbe continuare le
proprie attività senza più lo stabilimento di
produzione".
Insomma,
in tutto fanno quasi 200 persone. Il che vorrebbe dire un "impatto
drammatico" sul territorio, "inaccettabile per le
conseguenze devastanti". Per di più sarebbe l'effetto di una
procedura "incompatibile con l'attuale protezione dei posti di
lavoro prevista dagli interventi del Governo", aveva avvertito
la Fiom.
Quello
che formalmente è presentato come un trasferimento collettivo è per
il sindacato un "licenziamento collettivo vietato dai
provvedimenti del governo". Di qui la richiesta di ritiro della
procedura e l'avvio di un confronto in sede istituzionale. "Ancora
una volta la dignità del mondo del lavoro si difende sui cancelli
delle fabbriche", ha rivendicato la Fiom.
Duro
era stato il monito di Lombardo: "Chiedere ai lavoratori di
trasferirsi in blocco a Torino per evitare il licenziamento è una
forma di ricatto che contraddice le rassicurazioni che la società
svedese Atlas Copco aveva dato, solo poco tempo fa, circa la
strategicità dello stabilimento bolognese". ( BolognaToday)
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