giovedì 8 dicembre 2016

Savigno. L'anno che verrà per gli agricoltori e la Coldiretti.


L'anno ormai si conclude ed è quindi tempo di bilanci e di progetti per l'anno in arrivo. Anche Coldiretti 'fa i conti' e li ha fatti in un incontro con iscritti e simpatizzanti a Savigno nel quale il presidente, Antonio Ferro, ha relazionato sul resoconto dell'anno trascorso e prospettato il programma per il 2017.

L'anno si conclude con alcuni successi soprattutto in campo tributario: il superamento dell'IMU dal 2017 per i terreni agricoli e una significativa riduzione del tributo per i beni strumentali, un contenimento dell'Irpef, il superamento della tassazione dei redditi agrari e domenicali, la decontribuzione Inps per i giovani imprenditori, un aumento delle pensioni minime, l'entrata 'in campo' della quattordicesima e altri 'bonus' che, anche se non rilevanti numericamente, sono comunque una inversione di tendenza rispetto ai progetti amministrativi di alcuni anni fa fortemente penalizzanti per gli agricoltori.

A tal proposito è stato sottolineato il rapporto costruttivo avuto con il ministro dell'agricoltura uscente, Maurizio Martina, con il quale, soprattutto grazie al fatto che è rimasto in carica 3 anni, è stato possibile avviare un confronto nel tempo che ha portato buoni frutti, come l'etichettatura su latte e derivati e sul grano. I relatori non hanno nascosto di temere che le dimissioni di Renzi possano portare a un nuovo periodo di instabilità con frequenti cambi di Governo e di titolari del ministero. Ciò vanificherebbe ogni relazione costruttiva poiché continuamente cambierebbe l'interlocutore.

Fra i progetti di imminente attuazione, la valutazione di una possibile riorganizzazione della logistica con il trasferimento della sede provinciale da via del Gomito alle vicinanze della Regione, con un ricollocamento degli uffici territoriali in posizione strategicamente conveniente per facilitare la relazione con gli amministratori locali e una migliore vicinanza alle aziende agricole. Ciò perchè gli enti di riferimento per la gestione agricola sono la Regione (non più la Provincia perchè soppressa) e i Comuni.


Si è poi aperto un confronto con i numerosi presenti e subito il discorso è finito sul tema 'selvatici' la cui presenza è numericamente tale da compromettere, non solo l'attività agricola, ma anche l'equilibrio ambientale e la sicurezza stradale. Killer il cinghiale, la cui prolificazione è tale da creare vere e proprie colonie capaci di provocare danni insostenibili. La gestione della fauna selvatica è stata giudicata fallimentare, incontrollata e superata perchè ha 'tradito' tutti gli impegni politico-organizzativi concordati: contenere il numero di selvatici a quello programmato di pochi capi ad ettaro e assicurare l'esclusione della loro presenza al di sotto della cosiddetta 'linea rossa', quella che indica il confine fra le colture di quantità e quelle di pregio, come la viticoltura e la frutticoltura e orticoltura. In queste ultime zone gli ungulati non dovrebbero essere presenti. I cinghiali sono invece ormai nei centri abitati di pianura, come Imola, ed è stata individuata una colonia di ben 22 cervi a Monte San Pietro. Qualcuno si è persino chiesto se si attuino 'piani di controllo' o si faccia finta, quelli appunto finalizzati a ridurre la presenza di ungulati a quella concordata e ritenuta ambientalmente sostenibile. La dirigenza di Coldiretti ha detto di aver abbandonato il tavolo di gestione dell'ambito territoriale di caccia ( BO3) di riferimento alla zona, perchè si sentiva presa in giro. “ Ogni volta che si arrivava a una verifica” ha spiegato il responsabile di zona Claudio Cervellati, “erano riportati dati che contraddicevano sempre ciò che accadeva concretamente nei campi e in base a quei numeri discutibili si continuava a non agire, proseguendo il danno agli agricoltori”. Anche il risarcimento dei danni è stato considerata una farsa. In molti non fanno più neppure la denuncia e la diminuzione delle richieste è 'sbandierata' come un contenimento dei danni per la diminuzione del numero di ungulati. Un dato comunque preoccupa e testimonia la fondatezza dei timori: mentre in pianura i giovani ritornano all'agricoltura, in collina e in montagna il fenomeno è meno rilevante e molte imprese agricole valutano ipotesi di ridimensionamento per la pesantezza gestionale dovuta alla difesa dagli ungulati i cui danni comprimono in modo sensibile il reddito.

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