lunedì 5 marzo 2012

Ritratto di uno scultore: Giuseppe Bonantini.











‘Natura, ricordi e poesia’ delimitano, identificano e caratterizzano l’attività artistica di Giuseppe Bonantini. Originario di Tolè dove risiede tuttora, autodidatta, ha iniziato come pittore, ma da due anni si dedica all’argilla da cui sa trarre sculture che incantano e che ben sono descritte da queste poche, ma significative frasi, più di altre aderenti a lui e alla sua arte: “Le mani che modellano, impastano, creano, compongono. Da sempre l’argilla modella, da sempre lascia traccia nell’arte. Le mani di Giuseppe Bonantini creano sculture di un realismo delicato e minuzioso che entra nei dettagli con meticolosa attenzione ad ogni piccolo particolare, creando dall’argilla l’opera, e nell’opera la sua espressione attraverso il colore. Una policromia che inganna facendo dell’argilla materia diversa, con pennellate che nelle variegate sfumature creano l’illusione del legno maturo”.

Parlando della sua metamorfosi artistica, Bonantini spiega: “E’ stata un po’ una sfida. Mi piace battermi. La prima volta che ho provato, ho verificato che riuscivo bene e poi le prime conferme con alcuni inviti ad allestire mostre, fra cui quella a Montese dove ho fatto la personale in una bellissima storica ghiacciaia recuperata, inoltre a Guiglia e Zocca. Sono stato sempre apprezzato e ho anche venduto,” sottolinea come a dare in quel ‘ho venduto’ la prova concreta dell’apprezzamento per la sua arte, anche se precisa, ad ogni vendita mi pare portino via qualcosa di me’.

Ma taglia corto e porta a leggere ‘il libro dei visitatori’ che per lui è la vera prova dell’essere stato capito e apprezzato e con il dito indica il commento che più gli piace, quello che precede la firma di Graziano Uliani di Porretta: ‘Un altro tesoro del nostro Appennino veramente eccellente’.

“Quello che ti spinge a continuare sono questi commenti”, aggiunge e poi, un po’ amareggiato, sottolinea: “A Vergato non sono mai riuscito a fare una personale. Nemo profeta in patria”.

Infine, aiutato dalla moglie Eleonora (che egli giudica la sua critica d’arte), dai nipotini Michelle di 11 anni e Tomas di 8, stringe fra le mani le sue opere e le presenta ad una ad una come fossero, come lui dice, parte di sé: ‘Cristo Deposto’, La Natività, Sant’Antonio Abate, La Strage di Monte Sole, Il Laboratorio della Sarta (dedicato alla madre, appunto sarta), L’Aratura con i Buoi, Il Centocinquantesimo dell’Unità d’Italia rappresentato dai principali artefici: Cavour, Garibaldi, Vittorio Emanuele II. Mazzini. Guardiamo ammirati: “bravissimo Bonantini” e ci permettiamo indegnamente di aggiungere anche una nostra frase nel libro dei visitatori: “Niente è più bello di ciò che è impastato con l’amore per il proprio Paese e la propria gente”.

1 commento:

Vincenzo Tondolo ha detto...

Bravo Giuseppe, a quanto pare dà più soddisfazioni fare lo scultore a Tolé che svecchiare la decrepita politica a Vergato.