La commissione d’inchiesta, costituita all’indomani del disastro alla Marconigomma di Sasso Marconi, ha accertato che , per ironia del destino, il giorno dopo l’esplosione in seguito alla quale persero la vita il direttore e un operaio, dovevano partire i controlli con una ispezione dei Carabinieri: una mortale beffa del destino.
Lo ha riferito Antonio Paparella, comandante provinciale dei Carabinieri, nel corso dell'audizione davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta sulle ‘morti bianche’, tenutasi nella Prefettura di Bologna.
L'organismo parlamentare presieduto da Oreste Tofani (Pdl) ha accertato nell'azienda anche alcune ‘inadempienze’ e ‘carenze’ sul rispetto delle norme per la sicurezza dei lavoratori, giudicate però ‘prive di rilevanza’ rispetto alla sciagura e la presenza di ‘strutture obsolete"’ e di altre ‘fatiscenti’.
Inoltre fu rilevato l'uso di ‘formaldeide, una sostanza cangerogena’, al punto di richiedere all'azienda di elevare dal grado di ‘moderato’ la propria valutazione di ‘rischio chimico’. Davanti alla commissione sono sfilati, tra gli altri, anche il procuratore capo di Bologna, Silverio Piro ed il titolare dell'inchiesta sull'incidente (otto gli indagati con ipotesi di reato di omicidio e lesioni colpose), il pm Marco Mescolini, il direttore di Marconi Rubber Compound, Luciano Cardin e il responsabile amministrativo Andrea Bernardini.
Tutte le loro considerazioni sono state però secretate per non pregiudicare l'indagine ancora in corso. La commissione d'inchiesta non ha formulato accuse. Si è registrato l'interrogativo inquietante avanzato dal commissario Paolo Nerozzi (Pd): “Quanto possono aver inciso nell'incidente alla Marconigomma eventuali iter produttivi troppo rapidi” si è chiesto, “o l'utilizzo di macchine troppo vecchie?", cui hanno fatto da contrappeso le affermazioni del primo cittadino di Sasso Marconi, Marilena Fabbri: "Non abbiamo mai avuto l'impressione che si stesse risparmiando sulla sicurezza all'interno dell'impianto", ha garantito.
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