«Coltura sempre più strategica soprattutto per le filiere zootecniche ed agro-energetiche».
di
Barbara Bertuzzi
Confagricoltura Emilia Romagna
La
riduzione della produzione di mais su scala mondiale, in particolare
nell’America del Sud, spinge in
alto il prezzo: + 30% l’incremento medio annuale rispetto ai valori
dello scorso anno (attualmente il mais da granella si attesta sui 27-28 euro al
quintale).
«Tuttavia –
precisa il presidente regionale di Confagricoltura Marcello Bonvicini – il balzo delle quotazioni non compensa il calo delle rese stimato in Emilia-Romagna
fino al 40% né tantomeno l’aumento dei costi di produzione dovuto alle
irrigazioni di soccorso richieste dalla prolungata siccità. Si
è salvato soltanto chi ha saputo somministrare il giusto apporto idrico alla
pianta. Risulta pertanto indispensabile favorire la ricerca scientifica (anche
quella pubblica) e lo sviluppo del miglioramento genetico per arrivare a nuove
varietà resilienti, meno soggette ai cambiamenti climatici. Il mais, da
granella o da insilato, quest’ultimo destinato all’alimentazione del bestiame e
alla produzione di biogas, è coltivato in regione su una superficie di 95.000 ettari circa e
ricopre un ruolo sempre più
importante all’interno delle filiere zootecniche ed agro-energetiche del
territorio».
A due settimane
dall’inizio della raccolta del mais, Confagricoltura Emilia Romagna stima un crollo della Plv media del 30-40
per cento a causa dell’assenza di precipitazioni. Il cereale
necessita infatti di circa 550-600 mm di acqua per crescere e raggiungere la
maturazione fisiologica. Ci sono areali – in particolare nella parte orientale
della regione, le province di Modena, Bologna e Ferrara oltre alla Romagna –
che quest’anno hanno visto cadere solamente 50-100 mm di pioggia. «È una
coltura irrigua, non si può improvvisare –
sottolinea Lorenzo Furini presidente
dei produttori di cereali di Confagricoltura Emilia Romagna - per ottenere le migliori rese produttive,
la risorsa idrica non deve mai mancare e l’irrigazione va approntata garantendo un uso efficiente
dell’acqua, a seconda delle varietà scelte e delle relative epoche di
maturazione, dipendentemente dal tipo di raccolta o destinazione
produttiva. Inoltre il mais si
presta bene alle moderne pratiche agronomiche e all’adozione di avanzate tecniche di
agricoltura di precisione».
In linea con
gli obiettivi del New Deal europeo e del PNRR, al mais viene riservato uno
spazio di rilievo nell’ambito dell’economia circolare e soprattutto nella
produzione di energia rinnovabile, agroenergia. In più, non va
dimenticato, il contributo offerto
all’ambiente in termini di riduzione delle emissioni di CO2 (gas
serra responsabile dei cambiamenti climatici). «Un ettaro coltivato può assorbire in media, ogni anno, 45 tonnellate di
anidride carbonica, pressoché la quantità prodotta da un autoveicolo
lungo un tratto di 400.000 chilometri. Considerata la superficie complessiva
investita a mais in
Emilia-Romagna – aggiunge infine Furini – il quantitativo di anidride carbonica
sottratto annualmente all’atmosfera è pari a 4,3 milioni di tonnellate».
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