“ Mi hanno chiesto perdono con una lettera che mi hanno fatto recapitare, ma non lo avranno. Hanno stravolto la mia vita accoltellando a morte Andrea e questo mi impedisce anche la più piccola clemenza”.
Non nasconde la sua rabbia Katia, la compagna di Andrea Tartari il giovane che con lei abitava al Piccolo Paradiso di Marzabotto e con il quale concluse il 20 luglio dell’estate scorsa una serena serata di vacanza a Porto Corsini con una tragedia. Da una banale discussione all’uscita di una discoteca nata perchè alcuni ragazzi si erano seduti sulla macchina, si arrivò ad estrarre il coltello con cui Andrea fu colpito a morte.
La dichiarazione di Katia, con la quale esterna tutta la sua rabbia, avviene in occasione dell’apertura, oggi a Ravenna, del processo. Gli indiziati debbono rispondere di omicidio aggravato dai ‘futili motivi’. Katia, testimone dell’accaduto, non nasconde di attendersi e di pretendere giustizia per la perdita di Andrea, dalla verifica dei giudici della corte d’assise di Ravenna. La signora non nasconde anche che il processo parte in salitala. “I tre giovani indiziati per il delitto stanno approntando una difesa che capovolge la responsabilità sull’accaduto”, denuncia infatti Katia. “Si vuole addebitare la colpa ad Andrea perché il coltello che lo ha colpito non era di coloro che lo hanno pugnalato. Non si sa di chi fosse. Andrea comunque non ha mai avuto coltelli. Si tenta di addossare la colpa a chi non può più difendersi. Dicano la verità”, chiede ancora. “Ogni tentativo di ingarbugliare le carte si infrangerà sulla evidenza dei fatti, noti a tutti e testimoniati anche dalla logica dell’evento”.
Katia ha il supporto tecnico legale dell’avvocato Marco Ketmaier il quale commenta: “Ognuno ha il diritto di difendersi come meglio crede, il nostro ordinamento lo assicura ad ognuno. Noi però affrontiamo il processo con assoluta serenità”.
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