sabato 8 novembre 2025

La crisi industriale nell’Appennino è “la peggiore dal dopoguerra”

Lo dice il segretario della Cgil di Bologna, Michele Bulgarelli, commentando i dati degli ultimi dieci anni


Riporta Bologna Today:

Appennino bolognese, persi 600 posti di lavoro in dieci anni: “Serve una nuova reindustrializzazione”

Negli ultimi dieci anni l’Appennino bolognese ha perso circa seicento posti di lavoro. Una vera e propria “desertificazione industriale” — come riporta l’agenzia Dire — che rischia di diventare irreversibile. Il quadro è chiaro: la manifattura sta progressivamente scomparendo e i settori del turismo e del terziario non riescono ad assorbire i lavoratori espulsi dal sistema produttivo.

“Si sono persi seicento posti di lavoro negli ultimi dieci anni, con un trend ormai pesante. In Appennino spariscono proprio le occupazioni di qualità, ben retribuite. I numeri sono da emergenza”,
dichiara Michele Bulgarelli, segretario della Cgil di Bologna, commentando i dati elaborati da Ires (Istituto di ricerca economica e sociale dell’Emilia-Romagna).

Per Bulgarelli è necessario un cambio di rotta:

“Serve una nuova reindustrializzazione dell’Appennino, una reindustrializzazione 5.0 collegata agli investimenti del Tecnopolo. Non possiamo riprodurre gli errori del passato, ma dobbiamo riportare in quelle aree lavoro con diritti e buoni salari. Le lotte dei lavoratori di Caffitaly e Saga Coffee hanno conquistato tempo prezioso: non possiamo sprecarlo.”

Il sindacalista avverte anche del rischio di un impatto demografico diretto, con territori sempre più spopolati e impoveriti:

“Abbiamo guadagnato tempo, ma ora servono scelte politiche. Regione e Città metropolitana devono aggiornare la Legge 14: se si concedono fondi pubblici alle imprese, che siano vincolati a buona occupazione nelle aree più fragili.”

Secondo Bulgarelli, la manifattura appenninica vive “una delle peggiori condizioni dal dopoguerra”, dopo la crisi della Saeco e la conseguente perdita di mille posti di lavoro.

I dati Ires confermano la gravità della situazione: le aziende metalmeccaniche attive in Appennino sono 79, per un totale di 2.198 addetti. Di questi, il 41% — pari a 904 lavoratori — è attualmente in cassa integrazione.

“La situazione è in netto peggioramento, anche tra aziende che fino a poco tempo fa reggevano bene”,
spiega Primo Sacchetti, segretario della Fiom Emilia-Romagna.

“La Demm da dodici anni ricorre alla cassa integrazione: su 119 dipendenti ne lavorano solo 30. È in crisi anche Metalcastello. Il progetto Gaggio Tech si è rivelato fallimentare e dall’1 ottobre è scattata la cassa per cessazione. Abbiamo un anno per trovare un nuovo progetto industriale e salvare 100 lavoratori. La situazione in Appennino è drammatica: non possiamo limitarci a testimonianze e convegni”, conclude Sacchetti.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Chiamate i cori bella ciao come faceste con la crisi saga coffe.

Anonimo ha detto...

La CGIL e' ben cosciente dei piani italiani per la riconversione del sistema industriale in produzione bellica, è una cosa che Draghi ha fatto digerire a Landini, ricordate la foto con Draghi che impone la sua mano sulla spalla di Landini? Hanno un accordo per trasformare la metalmeccanica "civile" in metalmeccanica militare, presto vi informeranno che l'occupazione in appennino può essere salvata producendo le necessarie armi per la guerra futura. Se qualcuno fa le armi, qualcun altro dovra' fare la guerra, se accettate la prima parte, non potrete rifiutare la seconda, i vostri figli verranno assunti come soldati e mandati a fare la guerra con qualche tipo di obbligo, così si raggiungerà la piena occupazione e anche lo spopolamento che hanno perseguito con i vaccini fallendo. Grazie Landini.

Anonimo ha detto...

Serve con urgenza un piano industriale dello Stato con coesione della regione e città metropolitana, TUTII POSSONO FARE GLI IMPRENDITORI, in alcuni casi i dipendenti hanno formato una cooperativa, ma devono essere aiutati.

Anonimo ha detto...

La guerra è l'unica attività umana che non ha mai conosciuto crisi da millenni. Anzi, ci insegnano la storia partendo da questo presupposto: siamo in guerra col mondo, col mondo animale, col nostro simile.

Anonimo ha detto...

Un po di pazienza.
Vi siete scordati che l'Appennino dispone di rappresentanze politiche di primo ordine. Da FdI al PD non ci facciamo certo spaventare. Credo li conosciate anche voi no?

Anonimo ha detto...

Il trend è cosi da almeno 30 anni nell'indifferenza di tutta la politica locale, ormai il 99% di chi abita in Appennino è pendolare verso Bologna, con tutte le problematiche di trasporto che ha dimostrato la vallata tra Porrettana e SFM... Ma organizziamolo però un bel seminario su come vivere in Appennino...

Anonimo ha detto...

Ma no..... Nessuno ha fatto niente.
E questa è la realtà.
Parole, parole, parole......

Anonimo ha detto...

Inoltre non dimenticare abbiamo Mastacchi in consiglio regionale, sempre pronto ad indicare tutto quello che non funziona; può essere che un giorno si svegli qualcuno ad indicare le soluzioni.

Anonimo ha detto...

**Bologna, 7 novembre 2025** – “Noi non ce la facciamo più, non riusciamo più a soddisfare i nostri cittadini perché ci stanno intasando il sistema”. Queste le parole incendiarie di Michele de Pascale, presidente della Regione Emilia-Romagna dal dicembre 2024 del PD, riportate ieri da *Il Resto del Carlino*. Un sfogo che, a prima vista, potrebbe sembrare una legittima denuncia del sovraccarico sanitario. Peccato che il bersaglio siano gli **italiani delle altre regioni**, quei “fuori regione” che osano varcare i confini emiliani per curarsi. E intanto? Silenzio tombale sui quasi **580mila residenti stranieri** che, secondo i dati Istat al primo gennaio 2025, rappresentano il 12,9% della popolazione regionale – la percentuale più alta d’Italia. Un record che il centrosinistra locale celebra come “multiculturalismo”, ma che in realtà sta soffocando il sistema sanitario, con italiani costretti a rinunce e attese infinite.

Anonimo ha detto...

Troppo "caos". C'è troppo di tutto e molto poco di quel che serve.

Anonimo ha detto...

Ci vuole innovazione e nuove idee. Non si può pretendere di tenere aperta una azienda che fa le stesse cose dal 1981

Anonimo ha detto...

Beh, se è un'agenzia di Pompe Funebri non ci sono problemi.