lunedì 1 febbraio 2010

Per gli agricoltori è il capriolo il nuovo Attila dei campi-


Anche la presenza dei selvatici in Appennino è in continuo mutamento e un indicatore di tali dinamiche lo dà l’ammontare dei danni provocati dalle singole specie, denunciati dagli agricoltori e risarciti dalla Provincia. Da questa verifica, riferita dall’assessore provinciale all’agricoltura e caccia Gabriella Montera in risposta al Consigliere Provinciale PDL Giuseppe Sabbioni, si constata una significativa novità nella classifica degli animali selvatici cui sono attribuite le devastazioni alle coltivazioni che suscitano tante proteste da parte degli agricoltori. Al primo posto, con un danno nel 2009 pari a 91.844 euro, è il capriolo, che colpisce frutteti e vigneti di pregio. La specie aveva fatto registrare nell’anno precedente (2008) danni per 33.739 euro e 19.816 nel 2007. Il capriolo ha tolto il primato ai fagiani (pure loro ghiotti di uva matura) che, nel 2008, avevano provocato danni per ben 159.534 euro e che per le consistenti catture effettuate dagli ATC (Ambiti territoriali di caccia) per i ripopolamenti delle zone di competenza, sono stati spinti al secondo posto. Il cinghiale, anche se ancora è al terzo posto, sta perdendo terreno per effetto degli abbattimenti conseguenti all’applicazione dei piani di controllo. Resta particolarmente critica la situazione degli istrici, il cui accanimento contro le coltivazioni delle patate ha portato ad un aumento dei danni del 150% e ha conquistato così la 4° posizione (l’istrice è costata alla Provincia 51.117 euro nel 2009 e 20.992 nel 2008). Restano consistenti i danni provocati dalle lepri, dai picchi e dagli storni. Ultima in classifica, per il 2009, la faina, che sa far bene il proprio mestiere di animale astuto provocando danni assai limitati. Nel 2009 non ha provocato danni, nel 2008, 92 euro. Difficile capire se ha rinunciato ad assaltare i pollai o se è stata costretta a cambiare prede perché di pollai non ce ne sono più tanti. I risultati del dettagliato resoconto non hanno tranquillizzato l’interrogante. “Il quadro dei danni all’agricoltura non è certo confortante”, ha rimarcato Sabbioni “ e l’impegno dell’Assessorato deve essere rafforzato per riportare la fauna selvatica ad una presenza compatibile con l’esercizio dell’agricoltura”. Restano comunque sostanzialmente stabili i danni da fauna selvatica che affliggono l’agricoltura: confrontando i dati del triennio 2007/2009, infatti, viene superata, per ciascun anno, la soglia dei 600.000 euro. La prima impennata si è registrata nel 2007 (passando dai 369.000 euro del 2006 ai 642.730 euro), stabili nel 2008 (650.158 euro) e lievemente diminuiti nel 2009 (615.687).

2 commenti:

Anonimo ha detto...

a me, che abito a Luminasio, danno più fastidio le persone con lunghi fucili che girano per i campi...mi ha molto irritato vedere il tizio armato che inquadrva mia figlia e la sua amica che giocavano nel boschetto dietro casa (ove, a dire il vero, spesso si nascondono i caprioli)

C.Zecca ha detto...

Quando ci sono gravi problemi, la regola numero uno è capire dove finiscono
o - soldi
o - voti
o - benefici
e andare lì a cercare le CAUSE di essi.

La fauna esiste e finalmente le colline che ci ospitano non sono più dei deserti come anni addietro.
E' molto semplice: chi ha i danni deve avere voce in capitolo e la responsabilità della gestione.

Gli agricoltori che subiscono i danni rilevanti devono essere i gestori della fauna: vuoi cacciare per il tuo divertimento o lucro (v. vendita della selvaggina alla ristorazione) il cinghiale o il capriolo che ha pascolato sui MIEI campi rovinandomi il raccolto? Paghi a me tot centinaia di euro.
Oppure, gli agricoltori possono abbattere una parte della fauna che pascola sui propri fondi in economia diretta e in filiera corta (agriturismo o vendita diretta, no filiera lunga né speculazioni) e trarne reddito opportuno.

Da vantaggio per i cacciatori e problema drammatico per gli agricoltori a beneficio degli agricoltori.
Molto semplice.

Purtroppo l'impostazione giuridica per cui la fauna è res pubblica è la causa di questa grave ingiustizia e di certe balzane proposte che vorrebbero insinuare che far piazza pulita di tutto ciò che non sia l'animale Homo Sapiens possa essere una soluzione.
Ecco, magari ci facciamo una bella serie di case, paesi, inceneritori, outlet e centri commerciali, cave e così avremmo pure risolto anche il problema delle foglie secche e del pericolo della caduta alberi. Tutto bello asfaltato, con un tot di lampioni e insegne al neon...


I turisti, poi, che ci verrebbero a fare in agriturismo, ad esempio? A vedere capannoni, lottizzazioni, bretelle e passanti nord, villette vuote, lottizzazioni, traffico e non un animale uno?
La polenta (OGM magari?) non la si mangia più con il cinghiale o il capriolo in umido?

Gli agricoltori devono gestire la fauna e i proventi da essa a compensazione dei danni, diventano custodi di questa risorsa che darebbe loro reddito anno dopo anno (il che, in tempi grami, non sarebbe certo un'integrazione sgradita), la caccia deve essere locale e sostenibile.

Da problema ad opportunità.