martedì 13 dicembre 2022

L’Albero di Natale ti parla se sai ascoltarlo



Un racconto  di Gian Paolo Frabboni 

 

 

Era il più bell’Abete del momento e molto ammirato dal proprietario. E già,  era destinato in un grazioso  giardino a Marzabotto e qui la sua  vita e il suo sviluppo sarebbe stato  facile.  Crescendo, si accorgeva di essere il preferito da tutti.

Nei pressi della ferrovia stavano preparando la sua buca: una grande e spaziosa dimora perché potessero ospitarlo comodamente.  E così fu.  Non è da tutti poter ricevere le confidenze di un “Abete Natalizio” un po’ perché le piante non gradiscono essere strappate dal loro ambiente naturale per finire in un appartamento riscaldato che non è certo  il loro ambiente.

Queste sono le prime frasi che sono riuscito a percepire da un Abete percorrendo una strada interna di Marzabotto.

A me è capitata l’occasione di avvicinare un albero passando per le sue strade.

Era certamente un bell’esemplare di albero  e si trovava, in un giardino signorile di una casa.

Lo osservavo sempre con interesse e lui un giorno mi parve voler rispondere alla mia attenzione:  fece dondolare la sua cima facendomi  cadere diversi aghi sulla testa.  Mi allontanai dal marciapiede, ma il giorno dopo mi fece colpire  da altri aghi.  Smisi di camminare sul marciapiede e passavo sul lato opposto.  Mi accorsi che questo suo atteggiamento continuava ogni volta che lì transitavo.  Conoscevo, fin da quando piccino ero profugo dai nonni, che le piante parlano, sentono e si comportano di conseguenza in un modo, a noi non noto, per attirare l’attenzione.  Nonno Carlo mi invitava a rispettare di tutte le piante e ad amarle perché hanno una loro vita e vanno rispettate.

Un dì passo e la vetta dell’Abete non si muove. Fatto curioso ! Mi viene da rivolgergli  la parola con un bel saluto, “Perché oggi non mi saluti, ti voglio bene e ti guardo tutti i giorni perché sei  interessante” gli dissi”.  Vidi  ondeggiare la sua cima.  E così tutte le volte che passavo, al mio saluto, l’Abete rispondeva sempre con maggior vigore.  Il tempo   passa  e   la Pro-Loco deve prepararsi all’evento natalizio e per le feste.

Quell’albero deve venire da noi !   L’ho pensato diverse volte.   L’ho mostrato a diversi colleghi e Il presidente  ha preso contatto con la proprietà che si è detta disponibile a donarcelo gratuitamente, anche perché già pensavano di abbatterlo poiché le sue radici si erano fatte così potenti da creare seri  danni all’edificio che lo aveva accolto.

E qui inizia il racconto dell’Abete sulla sua vita:

 

“Nascere albero, a volte, è una fortuna.  Sono nato in semenzaio da un piccolo seme”.

“Appena  germogliato sono stato trasferito in vivaio, accudito, coccolato, sempre sotto l’attenzione del vivaista che  manteneva fresca la mia terra nei periodi siccitosi”.  

Così  l’Abete inizia  il suo racconto e non sapeva che sarebbe poi diventato l’Albero di Natale di Marzabotto.

“Il tempo trascorre e sono diventato un magnifico esemplare che, però, davo segni di insofferenza con i miei lunghi aghi appuntiti”.

“Un dì vidi laggiù , ai miei piedi,  qualcuno che mi osservava e  siamo diventati  amici.  E’ con lui che siamo riusciti ad avere i primi contatti”.

“Dopo qualche tempo vidi arrivare un grande camion munito di gru e l’amico-uomo mi fece capire che era giunto il momento del mio trasferimento in un luogo visibile a tutti e ne fui felice”.

“ Fui caricato su questo automezzo, che non conoscevo e non avevo mai viaggiato così, ma la mia cima dondolava vistosamente fuori dal camion. Che bello attraversare le strade marzabottesi  osservato dagli abitanti che mi guardavano sorridendo perché, forse, già forse era nota la mia nuova destinazione”.  “E in breve, fine corsa nella piazza del paese. ”  “Che emozione !”   “Ad accogliermi, con tanti applausi, erano bambini e adulti che erano lì in attesa”.

 

“Si alza la gru ed eccomi depositato in una grande cesta. Mi fissano sul tronco tiranti per farmi rimanere  perfettamente diritto e per eliminare ogni pericolo di caduta

. Sono molto alto, lo so, e di lassù domino tutta la piazza e vedo sotto muoversi le persone quasi  fossero pigmei  e i bambini correre in cerchio  attorno a me.  Vedo donne e uomini indaffarati con pacchetti, scatole  e altre cose che non conoscevo.  Anche nello spazio verde della monumentale Chiesa noto alcune persone indaffarate.  Da lassù godevo la gioia del momento e mi pavoneggiavo dall’alto dei miei 29 metri.  Ero veramente felice”.  E’ ormai sera il buio prende il sopravvento e tutti fanno ritorno alle loro case.

Buona cena !

 

“E’ trascorso un po’ di tempo e vedo formarsi piccoli gruppetti di adulti e molti bambini . Arriva molta gente; guardano in alto per vedere la mia cima ma non riescono a vederla . E’ buio, però sento armeggiare nei  pressi  della mia base e verso il verde della scalinata della grande Chiesa.  E’ la presidente della Pro loco  con altre persone  e pochi  istanti dopo, improvvisamente, s’accendono  un’infinità di luci che illuminano tutte le mie fronde e anche la parte della scala     della Chiesa”.   “Gian Paolo mi spiega che è  stata fatta l’accensione ufficiale dell’Albero-di-Natale-e-Presepe”. 

“Sento canti e gridolini gioiosi di bambini che corrono e sgambettano sulla piazza che si era riempita di ‘umani’”.

“Nei giorni successivi sono stato vestito  di infiniti colorati festoni,  fino a coprire la terra del grande cesto che mi ospitava e ogni ramo veniva appesantito da pacchetti e pacchettini in continuo dondolamento. Mi pareva  vivere in un mondo straordinario. Non era mai notte e le mie mille luci brillavano sempre. Ero talmente felice che ho cessato di lasciar cadere gli aghi; li volevo tutti per me e mantenere intatto il mio abito da mostrare con orgoglio ai passanti sulla Porrettana  e notavo gli autisti rallentare la loro marcia per osservarmi”.

“Mi sono accorto che molti erano interessati a me, mi guardavano in ogni direzione, mi scrutavano, mi fotografavano, e mi esaminavano  Poi passavano a contemplare il Presepe e sostavano sempre in silenzio”.  “Gian Paolo mi ha spiegato che il Natale ricorda la nascita di Gesù  che è  il figlio del Signore che ha creato il mondo.  Allora ha creato anche me ?”

Gian Paolo:  “Si caro Abete anche te, così come tutto quel che esiste al mondo è opera del Signore”.

“Quando vivevo nel giardino, invece, i miei aghi secchi e appuntiti li lasciavo cadere addosso ai passanti con loro disappunto e  quando vedevo signore ben agghindate, con un’acconciatura nuova, aspettavo che fossero sotto tiro e scuotendo fortemente tutti  i rami e facevo scendere una pioggia di aghi sulle loro teste, per udire le loro imprecazioni”.

“Quanti  baci sotto me.  Alcuni erano così forti che mi svegliavano, quelle poche volte che riuscivo ad assopirmi, quante carezze, quante paroline dette sottovoce, quante promesse sussurrate giungevano, nel  gran silenzio, dalle panchine,  sempre tutte occupate, che erano fisse ai  miei piedi.  A volte il vociare umano avvolgeva anche la mia cima, mentre  tentavo di farlo scemare col fruscio delle mie fronde e l’aiuto del vento”.

“Le belle ragazze dell’Info, nei dì di festa, si ponevano in mostra assai vaporose e allegre pronte per il prossimo impegno, sol una mancava, la bella e seriosa segretaria della Pro-Loco impegnata nel Ricevimento Turistico. Poi veloce appariva per un saluto e improvvisamente si dileguava con la sua bici bianca, mentre corpulenti  o imbiancati personaggi  si nascondevano, seduti sulle panchine, sotto le mie fronde, fingendo di leggere il giornale ma in osservazione di piacevoli signore o ragazze . Che bell’esperienza è,  per me,  essere albero”.

“Penso, che terminate queste feste, sarei  lieto se fossi  depositato in un luogo nel bosco dove, in una baita in legno, festosi  bambini si radunano attorno al camino per ascoltare favole dai nonni e, nella festosità del momento, allungano le loro manine per riscaldarsi, per tanto tempo ancora,  al calore dei miei rami.


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