Il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi travolge a valanga interi settori dell’agroalimentare Made in Italy con vino e cibi invenduti per un valore stimato in quasi 5 miliardi nel 2021 e un trend in ulteriore peggioramento con i locali deserti a causa della ripresa dei contagi nel 2022.
E’ quanto afferma la Coldiretti nel tracciare un bilancio sulle conseguenze
delle chiusure e delle limitazioni imposte alla ristorazione per l’emergenza
Covid rispetto al periodo prima della pandemia.
La diffusione della variante Omicron ha di fatto prolungato le difficoltà per ristoranti, agriturismi e bar anche nel mese di gennaio mentre il balzo dei prezzi energetici ha fatto impennare i costi di produzione in campi, stalle, serre e cantine.
I locali si sono svuotati per il timore provocato dalla
rapidità di diffusione dei contagi, per lo smart working e per il calo del
turismo ma anche per il fatto che milioni di italiani sono stati costretti a
casa perché positivi al Covid, hanno avuto contatti a rischio e sono in
quarantena o sono privi di green pass perché non vaccinati.
Una
drastica riduzione dell’attività che pesa sulla vendita di molti prodotti
agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla
verdura che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In
alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta
addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato ma ad
essere stati più colpiti sono i prodotti di alta gamma dal vino ai salumi, dai
formaggi fino ai tartufi.
Nell’attività
di ristorazione sono coinvolti circa 360mila tra bar, mense, ristoranti e
agriturismi nella Penisola ma le difficoltà si trasferiscono a cascata sulle
70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera
impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,8 milioni di posti di
lavoro.
Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che nel 2021 è salita al valore di 575 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale. Occorre salvaguardare un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui con l’emergenza Covid il cibo ha dimostrato tutto il suo valore strategico per il Paese.
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