Il benvenuto di Lino e Libera. |
‘In vino veritas’, declinavano i latini, a ricordare
come sotto l’effetto del vino tutti i freni inibitori si allentano, la mente si
distende e quindi l’interrogato recita il vero. Per loro era quindi il vino la
‘macchina della verità’. E se il vino che si era chiamati a bere per arrivare
allo scioglimento della lingua fosse
stato quello della vigna Albertazzi di Panico,
ci sarebbe stata certamente la fila di chi si sarebbe sottoposto ad un
interrogatorio. E se all’aspirante reo confesso fosse stato concesso di scegliere il vino con
cui disinibirsi avrebbe certamente optato per il ‘Sangiovese’, autentico
nettare rosso.
E sì, la tenuta di Panico è uno scrigno prezioso fatto
di sapori e di modi di vivere veri e che sarebbe troppo facile chiamare ‘piccolo angolo di mondo antico’. È molto di
più, è forse il futuro migliore che si va presentando ai moderni consumatori.
L’azienda detiene un mezzo ettaro di vigna, curata
con la dedizione di un tempo, la quantità contenuta lo consente: trattamenti
indispensabili per una buona maturazione delle uve, lasciate per la quantità e
la qualità alla generosità delle stagioni e alla volontà del Buon Dio. Ogni
lavorazione delle uve non utilizza motori, la pigiatura viene fatta con una
mostatrice manuale, come pure la torchiatura: la grande modernità è solo quella
dei tini in vetroresina (ma anche il poeta ha delle licenze).
La meranda |
Il lavoro è
affidato ai figli di Lino, Piero e Angela che, guidati più dall’amore che dalla ricerca
del profitto, cui ovviamente comunque guardano, coccolano con l’amore appreso
dal padre i bei filari, attenti a tutte
le fasi di crescita del loro prodotto e ricavano circa 200 quintali di vino che
poi vendono a una cerchia di amici ristretta, che ha il privilegio, non solo di bere il
sangiovese e il trebbiano della azienda, ma di gustare le merende a base di focacce
e dolci preparati dalla Libera, la moglie di Lino. Sì perché poi, se i giorni
feriali sono di lavoro, quelli di festa devono essere di festa in compagnia,
non di fuga. E la tavola della Libera si copre di ciambelle e torte di frutta,
qualche salamino, crescente e pane. Chi
sa dire cosa c’è di meglio per il palato di ciambella (quella vera) gustata col sangiovese ? E così la domenica è
sempre vera festa.
A dimostrazione di come il vino dell’azienda sia
privo di ogni trattamento con i vino invenduto viene avviato alla formazione di
aceto, con il metodo tradizionale e anche questo è uno dei prodotti ricercati perché
di assoluta qualità.
Chi leggerà rimarrà certamente incuriosito e avrà sicuramente la voglia di essere introdotto
nella cerchia dei fortunati amici dell’azienda . Un consiglio, si
faccia accompagnare fratello della
Libera, Ruggero, un altro indimenticato mito della ‘ristorazione bolognese’. La rimpianta Bettola degli anni sessanta è una sua creazione.Ruggero abita a Sasso Marconi.
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