Appuntamento culturale sabato prossimo
19 aprile alla biblioteca Comunale Giorgio Celli di Vado . Irene Spadaro, redattrice di Radio Frequenza
Appennino, incontrerà infatti lo scrittore Kossi Komla Ebri (nella foto) , per un dialogo
radiofonico che mescola colloquio, letture e musica coinvolgendo non solo i
radio ascoltatori ma anche il pubblico presente in sala. L'incontro sarà
accompagnato dalle musiche dal vivo del musicista Carlo
Maver
.
Ingresso
gratuito.
Diretta
streaming su RFA – Radio Frequenza Appennino http://www.frequenzappennino.com/
Nato in
Togo sessant'anni fa, Kossi Komla Ebri è un medico chirurgo che opera a Como e
che è legato a Bologna dove studiò all'università grazie all'ospitalità del
Collegio Internazionale ‘Villa San Giacomo’ voluto dal cardinal Lercaro. È da
sempre impegnato nel sociale operando per l'incontro di culture diverse, come
mediatore culturale nel mondo della scuola e della sanità, come redattore di riviste
che si occupano di letteratura e migrazione. Per questo impegno è stato
insignito del premio “Microcosmo d'oro” nel 2000 e del premio Amilcar Cabral
nel 2011.
La sua
produzione letteraria è legata soprattutto al racconto, la forma di scrittura
sui cui si è maggiormente espresso: vanta al suo attivo alcune raccolte quali ‘La
sposa degli dei (2005)’, ‘All'incrocio
dei sentieri (2009)’, ‘Vita e Sogni (2007)’, ma anche un romanzo, Neyla, del
2002.
È autore
del neologismo ‘imbarazzismo’, fusione di imbarazzo e razzismo, termine
con il quale descrive un imbarazzo spesso legato ad un modo troppo
convenzionale di pensare e di vedere gli altri, un imbarazzo che non è ancora
razzismo ma che si nutre comunque di pregiudizi. Nel 2002 ha pubblicato appunto
la raccolta ‘Imbarazzismi”’(2002)in cui presenta, con estrema ironia,
una serie di aneddoti che bene ritraggono l'immagine di noi italiani così come
viene percepita dai migranti nella vita quotidiana. Episodi che denunciano una
profonda arretratezza culturale, ben rappresentati dal negoziante che si
permette di mandare via un ragazzo di colore che entra per fare acquisti con un
“Non compro niente, grazie”, oppure dalla signora compassionevole che ammira
l'africano che accompagna due bambini di carnagione più chiara al parco -
considerandolo un volenteroso baby sitter -
escludendo a priori la possibilità che i due possano essere suoi figli.
1 commento:
> spesso legato ad un modo troppo convenzionale di pensare e di vedere gli altri
> un imbarazzo che non è ancora razzismo ma che si nutre comunque di pregiudizi
L'incontro con persone di culture diverse è umanamente legato ad imbarazzo.
E' famosa la foto ritrae un abitante degli altipiani della Nuova Guinea che piange in preda al terrore di fronte al primo uomo bianco, durante la spedizione di Leahy del 1933.
Cosa diciamo, che l'indigeno era razzista con quei bianchi?
Il confronto con il nuovo comporta il fatto di non poter usare schemi comportamentali e relazionali noti basati sul pregresso. Quando rispondiamo al telefono con 'Pronto' e dall'altra parte c'è una persona anglofona, ad esempio, usiamo una convenzione (assumiamo che l'interlocutore parli in italiano,è un pre-giudizio) usiamo un comportamento di massima.
Questo ovviamente non c'entra assolutamente nulla con il razzismo e solo una mentalità (anti)razzista può interpretare questi comportamenti in quella chiave.
Stupirsi che una persona possa considerare che un uomo di pelle scura accudisca due bambini di pelle chiara come bambinaio dei due è sciocco se non malevolo. Considerando che fino a poco tempo fa gran parte della popolazione italiana non viveva (e nelle parti rurali ancora non vive) in società multietniche questa reazione è del tutto ovvia e naturale.
Lo stesso comportamento sarebbe infatti assunto se Pino Cavicchioli, uomo bianco reggiano, si trovasse in un paese uzbeko o in un paese delle Ande peruviane con due bambini locali.
Considero piuttosto (anti)razziste queste considerazioni.
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