sabato 24 novembre 2012

Vespa cinese, siccità, ungulati: i nemici del castagneto da combattere. La speranza per i castanicoltori bolognesi sta nel 'marrone biondo'.



Il castagneto ‘mitico giardino dell’Appennino’ ha dato non pochi grattacapi negli ultimi anni ai cultori di questa ‘magnifica e generosa’ presenza. A dare veri colpi bassi alla produzione è stata soprattutto la siccità aggravatasi proprio negli ultimi anni e un’altra grave calamità è stata la ‘vespa cinese’ che ha ultimamente danneggiato le piante provocando un indebolimento dei ricci con conseguente diminuzione della produzione. Per fronteggiarla si è individuato un insetto antagonista naturale, il Torymus, del quale sono stati fatti alcuni lanci nelle ultime stagioni, anche in Emilia Romagna.
Qualcuno però, dopo le ultime annate fortemente improduttive, ha pensato di abbandonare la coltura, altri addirittura temono che per l’Appennino la coltivazione del marrone sia ormai a termine.
Renzo Panzacchi
Abbiamo incontrato il presidente del Consorzio Castanicoltori Renzo Panzacchi in un convegno proprio sulla castanicoltura: dopo l’individuazione dei mali si spera ora di aver trovato medicina e vaccino. Lo abbiamo interrogato sullo stato dell’arte per la cura del castagneto.

Il convegno di Castel Di Casio ha fatto intravvedere nuovi orizzonti per la castanicoltura?

“Decisamente SI! Nel corso della sua presentazione, il Dott. Massimo Bariselli ha ufficialmente comunicato che nella prossima primavera NON saranno effettuati nuovi lanci di Torymus in Piemonte in quanto non più necessari.
La notizia, tanto importante quanto attesa, dimostra la validità del metodo di lotta biologica scelto dall’Università di Torino che per prima ha studiato il problema della vespa cinese.
La decisione è stata presa a seguito dell’evidenza che l’insetto antagonista ha raggiunto il punto di bilanciamento con l’insetto dannoso (vespa cinese). Ricordo che in Piemonte i primi lanci di Torymus sono avvenuti nel 2005”.

Quindi il ridimensionamento del 'flagello' vespa cinese è un obiettivo raggiungibile in un tempo definibile anche nell'Appennino bolognese ?

“Certo. Occorrerà ancora qualche anno perché da noi i lanci sono iniziati nel 2009 avendo avuto le prime evidenze della presenza della vespa solamente nel 2008.
Il programma di inserimento del Torymus è proseguito nel 2010 con 4 lanci, nel 2011 con 12 lanci e nel 2012 con ben 62 lanci.
Di questi 62 lanci, 19 sono stati effettuati nella Provincia di Bologna, nei comuni di Castiglione dei Pepoli, Loiano, Monghidoro, Monterenzio, Pianoro, Sasso Marconi, Marzabotto, Monte San Pietro, Borgo Tossignano, Fontanelice e Castel del Rio.
La realizzazione di molti lanci nell’area del Consorzio Castanicoltori dell’Appennino Bolognese è stata possibile grazie alla stretta collaborazione con il servizio fitosanitario della Regione.  Uno di questi lanci è servito per impiantare un’area di moltiplicazione del Torymus in un castagneto di proprietà del Comune di Loiano. Quest’area, una volta a regime tra un paio d’anni, diventerà una “miniera” cui attingere Torymus per l’effettuazione di ulteriori lanci.
Basandoci sull’esperienza del Piemonte, è ipotizzabile che nel 2015/2016 si possa iniziare a vedere un deciso ridimensionamento del problema”.

Qual'è il ruolo che nel consorzio da lei presieduto, gli associati possono assumere per rendere più incisivo l'intervento ?
“Sul tema “vespa cinese”, il nostro Consorzio si è mosso sempre in grande sintonia con il Servizio Fitosanitario della Regione, partecipando fin dalla prima ora e sostenendo, anche economicamente, il progetto triennale di lotta biologica alla vespa messo in campo dalla Regione. Voglio e devo ricordare che il Consorzio Castanicoltori dell’Appennino Bolognese è stato l’unico consorzio, dei tre presenti nella provincia di Bologna ad investire quattrini in questo progetto. Oggi i risultati sono a disposizione di tutti i castanicoltori, sia di quelli del Consorzio di Castel del Rio, sia di quelli del Consorzio di Granaglione.
Ma oltre all’impegno economico, il Consorzio ha svolto, attraverso i propri associati, una capillare azione di monitoraggio del territorio, fornendo alla Regione informazioni sullo sviluppo dell’infestazione, partecipando con propri volontari alla raccolta invernale delle galle secche (i bozzoli prodotti dalla vespa) per il successivo controllo della presenza del Torymus, segnalando “in tempo reale” la comparsa delle nuove galle primaverili per potere effettuare i rilasci di Torymus entro i pochissimi giorni disponibili  da quando l’insetto antagonista si rende attivo.
Tutti inteventi apprezzati dal Servizio Fitosanitario che diversamente non potrebbe fisicamente svolgere tutte le attività descritte.
Credo di potere affermare che il nostro Consorzio ha svolto, e sta tuttora svolgendo un ruolo utilissimo nella lotta biologica alla vespa cinese”.


A che punto è l'opera della Regione per 'spalmare' sul territorio la presenza dell'antagonista naturale alla vespa cinese?

“Fino allo scorso anno la Regione ha potuto utilizzare unicamente gli insetti antagonisti che l’Università di Torino – unico ente autorizzato dal Ministero a farlo – ha messo a disposizione. Si è sempre trattato di quantità limitate poiché l’Università di Torino doveva ripartire tra tutte le Regioni interessate i Torymus prodotti.
Da quest’anno è entrata in produzione l’area di premoltiplicazione creata a Carpineti (Reggio Emilia) dalla Regione Emilia Romagna nel 2009. Con grande sorpresa di tutti, la quantità di Torymus che si è resa disponibile è stata largamente superiore alle attese ed è quindi stato possibile passare dai 12 lanci effettuati in regione nel 2011 ai 63 lanci effettuati nel 2012. L’obiettivo della Regione è di effettuare almeno un lancio in ogni comune dell’Appennino dove si pratica la castanicoltura. Se anche nel 2013 Carpineti produrrà un elevato numero di Torymus, l’obiettivo sarà a portata di mano”.

La castanicoltura trova anche altre difficoltà. Fra queste certamente la siccità che negli ultimi anni ha a volte azzerato la produzione, se non notevolmente ridimensionata. Si è affrontato il tema?
“E’ vero, la situazione siccità è molto preoccupante, anche in prospettiva. Non è stato un tema approfondito nell’incontro di Castel di Casio pur se i pareri sono stati concordi nel rilevare come il raccolto 2012 sia stato compromesso più dalla siccità che dalla vespa cinese.
La preoccupazione per il futuro della castanicoltura è giustificata non solamente da quanto accaduto negli  ultimi due anni, particolarmente siccitosi, ma soprattutto da alcune evidenze statistiche di lungo periodo rilevate dall’Arpa.
I dati forniti mostrano come nel periodo 1992/2012 – vent’anni di osservazione – la temperatura media nel Comune di Loiano è passata da 24 a 26 gradi e che il numero di giornate in cui la temperatura ha superato i 30°, è passato da 10 nel 1992 a 50 nel 2012. Nello stesso arco temporale le precipitazioni si sono progressivamente ridotte. E’ evidente che siamo di fronte ad un cambiamento climatico più ampio rispetto alla definizione di “anno di siccità”.

I produttori lamentano anche una presenza eccessiva di ungulati. Su questo fronte si interviene in modo efficace?

“Premetto che l’argomento rappresenta un eterno contenzioso tra gli agricoltori (non quindi i soli castanicoltori), la potente lobby dei cacciatori, e gli ecologisti ed animalisti più convinti. la Provincia qualcosa fa per cercare di accontentare un po’ tutti, di fatto non accontentando così nessuno.
Le apparizioni di caprioli, cinghiali e lupi addirittura sulla via Emilia a Est di Bologna non sono più eventi straordinari, per spiegare quanto non si sia fatto per contenere il fenomeno.
Il Consorzio in più occasioni ha sollevato il problema all’attenzione delle autorità ma i provvedimenti che vengono proposti o adottati sono dei palliativi.
La sensazione è che manchi del tutto la capacità/volontà di adottare provvedimenti efficaci, che andrebbero ad urtare gli interessi di questa o quella parte. Alla fine chi ci rimette è l’anello debole della catena, in questo caso i castanicoltori.
La risposta alla sua domanda è quindi: NO, nessuno interviene in maniera efficace!”

La vespa cinese imperverserà ancora per anni, la siccità è un problema e gli ungulati hanno la meglio, quali sono allora le ragioni per dedicarsi alla castanicoltura?

“Non condivido una sintesi così negativa! Preferisco guardare il bicchiere mezzo pieno:
1 - Il percorso intrapreso per la lotta alla vespa ripercorre quanto è già avvenuto negli scorsi 30 anni in Giappone, in Corea ed in Cina: occorrono 7/8 anni ma alla fine c’è un risultato certo. Il Piemonte lo sta già dimostrando.
2 – L’andamento climatico impone una maggiore cura del castagneto (potatura, pulizia, rimozione del seccume ecc) per potere comunque continuare ad ottenere raccolti che ciclicamente alterneranno risultati buoni a risultati mediocri. Del resto è tutto il comparto agricolo a subire l’attuale andamento climatico e nessun agricoltore pensa di abbandonare l’attività per questo.
3 – Per gli ungulati ho parlato di palliativi, cioè di rimedi temporanei, che non risolvono il problema alla radice ma che, se applicati, nelle 2/4 settimane della raccolta consentono di difendere i frutti quando sono a terra. Mi riferisco ai repellenti liquidi che la Provincia fornisce su richiesta alla ATC, all’installazione temporanea di difese elettrificate, recinzioni fisse ecc.
 Ma non voglio farla facile ad ogni costo: i problemi ci sono e vanno affrontati con realismo.
L’associazionismo, il fare gruppo, ed il Consorzio è qui a dimostrarlo, consentono di far sentire la voce di tanti piccoli castanicoltori che per tradizione, per vocazione, per piacere, ed ovviamente per produrre reddito continuano a dedicarsi alla castanicoltura.
Talvolta gli ostacoli non sono rappresentati dai cinghiali o dai caprioli, ma proprio da chi dovrebbe essere preposto ad una corretta gestione del territorio. Ne è un esempio il comportamento della Comunità Montana Valle Reno che da più di 10 anni rifiuta sistematicamente ed immotivatamente di sospendere la raccolta dei funghi nei castagneti da frutto nel periodo della raccolta delle castagne. A quanto è dato sapere è per fortuna l’unico caso in tutta la Provincia di Bologna”.

Quindi avremo ancora il piacere di gustare il saporito 'marrone biondo' dell'Appenino Bolognese?

“Sono certo che sarà così ! Il Marrone Biondo rappresenta una delle eccellenze agroalimentari del nostro Appennino e dobbiamo continuare a difenderlo in tutti i modi.
Vorrei aggiungere che uno degli obiettivi primari del Consorzio Castanicoltori dell’Appennino Bolognese è proprio la valorizzazione e la difesa del marchio Marrone Biondo. Non tutti infatti forse sanno che il marchio Marrone Biondo è registrato dal 2003 presso l’Ufficio Brevetti della Camera di Commercio e che, essendo di proprietà esclusiva del Consorzio, non è utilizzabile se non previa autorizzazione del Consorzio stesso. Che in ogni caso viene rilasciata unicamente ai soci.
Ogni abuso o uso improprio di cui il Consorzio viene a conoscenza è immediatamente perseguito secondo i termini di legge.
Questa difesa ad oltranza del marchio Marrone Biondo, unitamente ad una intensa opera di comunicazione sulla stampa locale, ha accresciuto la conoscenza del nostro Marrone Biondo che sempre di più viene espressamente richiesto dal consumatore finale”.










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