sabato 21 giugno 2025

Ai Fienili del Campiaro dal 21 giugno al 21 settembre LA LEZIONE DI MORANDI 7 E siamo ancora qua...

 A Grizzana Morandi dal 21 giugno al 21 settembre a cura di Angelo Mazza, Mirko Nottoli, Alberto Rodella 


E siamo ancora qua. Il Museo degli Allievi di Giorgio Morandi, inaugurato nel 2019 ai Fienili del Campiaro per volontà del Comune di Grizzana Morandi, non risente della crisi del settimo anno. Anzi, se possibile, rilancia, con 25 nuove opere e soprattutto sei autori che vi entrano per la prima volta. Sei nuovi artisti, sei nuovi allievi di cui ben tre donne: Maria Laura Cariani, Maria Grassi Tròili, Silvia Ricci Armandi. È il segno dei tempi, di un’attualità che parla, senza ombra di dubbio, al femminile. Donne artiste che si sono dedicate con particolare assiduità all’incisione e che, come spesso accade, hanno dovuto in parte sacrificare la propria carriera artistica per dedicarsi alla famiglia, alla casa, ai figli, alla carriera, sì, ma quella del marito. Ciononostante, hanno dipinto, hanno inciso, hanno disegnato, esponendo e realizzando mostre, vincendo premi fin dai tempi dell’Accademia. Alcune di loro sono state amiche intime di Morandi. È il caso di Maria Grassi Tròili di cui Eugenio Riccomini ha scritto: “Vale ricordare la maestria della tecnica, precisa, appresa in lunghe frequentazioni di Morandi, suo Maestro”. O di Silvia Ricci Armandi, "rimproverata" da Giorgio Ruggeri per il fatto "che per ragioni sue ha ritenuto di potersi prendere una lunga vacanza rischiando di pregiudicare una seria preparazione (è stata la “cocchina” di Morandi) oltre che misconoscere una innata vocazione accompagnata da un talento a tutta prova”.

Insieme a loro, due pittori con la P maiuscola come Guido Bugli e Claudio Spattini, e un incisore di razza come Giorgio Pesci. Guido Bugli e Giorgio Pesci, entrambi nati a Bologna, sono due personaggi noti in città, qui hanno vissuto e svolto gran parte della loro carriera. Claudio Spattini nasce a Modena ma ha lavorato prevalentemente a Parma dove c’è ancora il suo atelier, tuttora visitabile, amorevolmente curato dagli eredi dell’artista che ne preservano così la memoria.

E poi ulteriori opere di Anna Cantoni, William Catellani, Emilio Contini, Marco Gerra, Nello Leonardi che vanno ad arricchire la collezione del Museo per merito soprattutto della generosità dei donatori a cui va tutta la nostra gratitudine.
Quest’anno, inoltre, riaprirà al pubblico anche Casa Morandi, dopo i lavori di ristrutturazione volti a riportarla al suo aspetto originario. Un’occasione per rilanciare un polo, quello costituito dalla Casa e dal prospiciente Museo ai Fienili del Campiaro, altro luogo morandiano cardine, imprescindibile per qualsiasi studioso voglia approfondire e studiare la vita e l’opera del Maestro. Ad oggi sono quasi 500 le opere che fanno parte del patrimonio stabile del Museo, tra dipinti, sculture, disegni e incisioni, di ben 48 artisti diversi.



BRUNO OLIVI

Ritorno all'Informale

a cura di Mirko Nottoli e Alberto Rodella con la collaborazione di Carlo Mastronardi


Sempre nell'ambito delle iniziative ai Fienili del Campiaro, protagonista della monografica che ogni anno dedichiamo ad uno degli allievi di Giorgio Morandi presenti al Museo, è Bruno Olivi (che va così ad affiancarsi a Emilio Contini, Dino Boschi, Norma Mascellani, Ugo Guidi e William Catellani).

Nato a Reggio Emilia nel 1926, Bruno Olivi si iscrive nel 1946 all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove ha come insegnanti Giorgio Morandi per l'Incisione e Pompilio Mandelli e Ilario Rossi per la Pittura. Un percorso singolare, il suo, che si differenzia rispetto agli altri artisti emiliani nati negli anni '20. Se infatti i suoi compagni di Accademia esordiscono all'insegna del figurativo, passano attraverso la scomposizione postcubista per giungere all'Informale tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei 60, Olivi approda all'Informale solo all'inizio degli anni '90. I decenni precedenti sono per lui come un lungo apprendistato durante il quale sperimenta e tocca numerosi stili e in cui si possono riconoscere molte influenze, tra cui Klee, Hartung, Licini, Scanavino, Cuniberti, Romiti. Agli inizi degli anni '90 qualcosa succede: una forma allergica costringe Bruno Olivi ad abbandonare i colori ad olio e le tele per sostituirli con gli acrilici e la carta. Un cambiamento radicale che si trasforma in una sorta di liberazione; comincia a gettare gli ampi fogli di carta da pacchi per terra, alla maniera di Pollock, e a dipingerci sopra con una libertà e una foga mai visti prima, utilizzando addirittura una scopa per dipingere al posto del pannello. È adesso, alla soglia dei settant’anni, che Olivi trova la sua autentica cifra stilistica grazie alla quale realizza i suoi lavori più indicativi ora sì compiutamente informali, in un periodo in cui i suoi amici pittori avevano abbandonato l'Informale già da un paio di decenni, alcuni ripiegando sul figurativo, alcuni focalizzandosi sui propri stilemi, alcuni giungendo all'arte ambientale e la performance. Per questo diciamo che quello di Bruno Olivi è un percorso all'inverso, un Ritorno all'Informale.

La mostra, curata da Mirko Nottoli e Alberto Rodella, con la collaborazione di Carlo Mastronardi, che di Olivi è stato allievo nonché amico intimo, nell’ambito delle iniziative culturali e artistiche del Comune di Grizzana Morandi, espone oltre 70 opere, provenienti da diverse collezioni private, che ne ripercorrono l'intera carriera, da alcuni ritratti giovanili alle nature morte degli anni '50, con cui l'artista dialoga apertamente con il suo maestro Morandi, e poi via lungo i decenni fino ad arrivare a quell'esplosione cromatica, istintiva e gestuale che sono le opere dell'ultimo periodo, per le quali molti critici hanno parlato giustamente di "pittura indomita". L'ultima opera è datata 2008. Olivi si spegne nel 2017 alla bella età di 91 anni.



BIOGRAFIA


Bruno Olivi (Reggio Emilia, 1926 – 2017).
Bruno Olivi si forma dapprima alla scuola d’arte “Gaetano Chierici” di Reggio Emilia, poi all’Istituto “Adolfo Venturi” di Modena per iscriversi infine all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Qui ha per maestri Virgilio Guidi e Giorgio Morandi. Non meno decisivo è l’incontro con Pompilio Mandelli e Ilario Rossi coi quali intratterrà un’amicizia profonda e duratura. Se le nature morte degli anni ‘50 risentono dell’influsso morandiano, in esse riecheggia anche la ricerca di un altro solitario bolognese: Sergio Romiti. L’onda informale immediatamente successiva coinvolge
anche Olivi il quale, propenso alla sperimentazione, affronta il nuovo linguaggio con una sintassi del tutto personale: privilegia ora il segno, ora il colore, ora le suggestioni luminescenti, ponendo sempre al centro il proprio sentire. Un’ evoluzione spiraliforme che lo condurrà a elaborare uno stile oscillante tra l’espressionismo segnico di Tobey e Hartung e il surrealismo lirico di Licini e Klee.

Solo alla fine degli anni ‘90 si aprirà completamente all’informale. L’amico e collega Carlo Mastronardi ricorda Olivi mentre “lavorava in piedi con i fogli stesi a terra; all’inizio tracciava delle sciabolate di colore per dare al lavoro un’impalcatura, poi sgocciolava vari colori e con diversi tipi di pennelli equilibrava il tutto...”. Di carattere schivo e ritroso, considerato dalla critica uno degli artisti reggiani più importanti del ‘900, la sua città natale gli ha reso omaggio dedicandogli diverse mostre tra le quali ricordiamo quella del 1980 nella Sala del Capitano del Popolo, nel ‘86 ai

Musei Civici e la vasta retrospettiva del 2010 ai Chiostri di San Domenico.

Nessun commento: