di Marco Leoni
EPICURO : Lettera a Meneceo
( Riporto una lezione di Matteo Saudino, fantastico prof. di filosofia )
“ Torniamo ad Epicuro e alla filosofia edonistica del piacere che però va intesa come FILOSOFIA DELLA RINUNCIA AL DOLORE. Vediamo quella che è la celeberrima lettera a Meneceo, la lettera che egli scrive a suo figlio. Pensate che bella l’idea di scrivere una lettera sulla FELICITA’ e dedicarla al figlio. E' una delle tre lettere che ci sono giunte perché Epicuro ha subito una durissima censura nel corso dei secoli anche perché la sua filosofia della felicità e del piacere è stata intesa come una filosofia dell’edonismo sfrenato ma non è così, anzi lui è un moralista. Stessa sorte subita anche da Democrito in quanto materialista e sostenitore di una conoscenza empirica materiale, come anche è accaduto a Lucrezio che è il più importante Epicureo del mondo Romano.
Prima
di leggere la lettera a Meneceo, partirei proprio con
un frammento che Lucrezio, nel suo poema sulla Natura,
dedica al suo maestro Epicuro. Lucrezio celebra la vita Epicurea in
questo modo :Lucrezio
“ E' dolce, quando i venti sconvolgono la superficie delle acque del mare
sconfinato, osservare da terra il pericolo altrui, non già perché arrechi
gioia e piacere che qualcuno sia in difficoltà ma perché è dolce
osservare di quali mali tu stesso sei privo, dolce è altresì osservare le
grandi contese della guerra dispiegate nella pianura senza che tu corra
alcun pericolo. Ma nulla è più dolce che abitare in luoghi sereni,
protetti dalla sapienza dei filosofi da cui tu possa vedere e osservare gli
altri che vagano e sbandati cercano la via della vita, che gareggiano con
l’ingegno contendendo in nobiltà di spirito e si affaticano giorno e notte
senza tregua per emergere ai sommi fastigi e impadronirsi del potere,
o infelici menti degli uomini o anime cieche”.
In queste righe Lucrezio non vuole fare l’uomo che gode delle disgrazie altrui ma vi tratteggia la figura dell’uomo che è felice perché non vive quel tipo di vita: è bello vedere una tempesta o un temporale quando non ne sei coinvolto, bello vedere la guerra non è bello farla. Quella è una provocazione per dire che come noi che ci nutriamo di fiction di guerra, di scontri mentre siamo in poltrona, il piacere sta nel vedere quelle tensioni che non riguardano la nostra vita.
La bellezza sta nel vivere delle emozioni in maniera indiretta, non diretta.
Ma il pezzo più bello di Lucrezio è questo : “ Vedere da luoghi sereni e protetti dalla sapienza dei filosofi...”. La filosofia è un abito indossato nel quale tu devi poter vivere felice, la filosofia non è pubblicare dei libri di filosofia, non è andare in televisione e passarsi le mani nei capelli e far finta di essere il più intelligente di tutti, non è una brama di emergere, la filosofia è un abito, dice Lucrezio, che deve portare ad essere sereni. E quando tu sei in questa terra della serenità che ti dà la giusta sapienza puoi osservare le altre persone che vagano sbandate in una continua gara per nobiltà, fama, gloria, potere.
Lucrezio qua ci dice una cosa che è tipicamente Epicurea: se c’è una cosa che porta a una vita non serena non felice è la vita per la gloria e il potere.
Se c’è una cosa che porta al dolore è la fama, la ricerca della fama, della gloria, del potere, del primeggiare per primeggiare.
In questa introduzione che Lucrezio fa in omaggio ad Epicuro c'è già molto del pensiero Epicureo.
L’incipit della lettera a Meneceo è stupendo: nessuno mentre è giovane indugi a filosofare né vecchio di filosofare si stanchi poiché ad acquistarsi la salute dell’animo non è immaturo o troppo maturo. Non si è mai né troppo vecchi né troppo giovani per essere felici.
Quand’è il momento per dire alla vita 'Basta, io non cerco più la felicità' ? Non c'è, perché per Epicuro la felicità è tutto, se non sei felice la vita non è niente. E si è troppo giovani per cercare la felicità ? No,dire 'guarda, oggi sei triste, hai tutta una vita davanti, la felicità la troverai',è sbagliato perchè la vita che hai davanti non è detto che ci sia, la tua vita è adesso pertanto l’obiettivo è cercare la felicità adesso. Quando poi uno ha settanta, ottant’anni, dire 'senti, la tua vita tra poco finirà, ormai la felicità appartiene alla vita passata, sei stato felice, ormai se ora non lo sei, è troppo tardi per cercare la felicità', è altrettanto sbagliato perché tu vivi in quel momento lì, che tu abbia ottant’anni o novanta se hai una mente lucida e un animo ancora arzillo, la felicità è quello che tu vuoi avere, l’infelicità è una condanna che rende la vita non degna di essere vissuta. Per Socrate la vita di ricerca è l’unica vita degna di essere vissuta, per Platone la vita di ricerca di innamoramento della verità è l’unica vita degna di essere vissuta, anche per Aristotele la vita è la sapienza ed è degna di essere vissuta, per Epicuro la vita felice è l’unica vita degna di essere vissuta.
E chi dice che ancora non è venuta o già passata l’età del filosofare, è come dicesse che l'età d’essere felici non è ancora giunta o è già trascorsa.
Questo
vuol dire che filosofare è la via per la felicità e non c’è
un’età prestabilita per filosofare, perché la filosofia è ciò
che ti conduce alla felicità. Allora il binomio è Filosofia-
felicità: dove c’è filosofia c’è felicità dove non c’è
filosofia non c’è felicità.
Fare filosofia cosa significa? Vuol dire studiare il pensiero di altri autori ? Scrivere opere filosofiche? NO, fare filosofia vuol dire liberare la vita dai dolori e per liberare la vita dai dolori non è mai né troppo tardi né troppo presto.
Medita dunque su quelle cose che ci porgono la felicità perché se possediamo la felicità, nulla ci manca, se essa ci manca tutto facciamo per possederla.
Quali sono i modi per essere felici ? Per Epicuro, in modo molto semplice, sono tendenzialmente quattro:
1°) Si è felici quando NON SI TEMONO GLI DEI e ce l’ha detto già Democrito: gli dei vivono INTRAMUNDI, tra i mondi e poiché vivono tra i mondi non si occupano delle vicende umane. Dunque vivere preoccupato per l’ira divina è inutile e coloro che ci governano dicendoci 'attenzione agli Dei' stanno in realtà veicolandovi verso un modello di vita ad essi favorevole e vantaggioso. Vivere timorati di Dio significa vivere tendenzialmente propensi a farsi incatenare e comandare.
2° ) Si è felici se non si ha paura della MORTE. Bisogna vivere non temendo la morte. E qua Epicuro ci dice una cosa molto molto brillante, una provocazione che però ha una sua profondità :
“ non bisogna temere la morte perché la conoscenza è percezione,
tu la percezione della morte non ce l’avrai mai, tu conosci quello
che percepisci quello di cui fai esperienza, ma fai esperienza della
morte ? NO, pertanto poiché non ne fai esperienza non la puoi
giudicare”
QUANDO C’E’ LA MORTE NON CI SEI TU, QUANDO CI SEI TU NON C’E’ LA MORTE dunque non temerla. La morte e l’uomo sono due entità che non si incontreranno mai, conosciamo la morte degli altri non la nostra pertanto non temerla.
3°) E poi il MALESSERE FISICO non va estremizzato perché se il malessere è passeggero finirà e dunque non concentrarti sul dolore ma sul fatto che poi guarirai; se non è un malessere passeggero ti libererà la morte. Dunque c’è una prima idea della morte come liberazione dal dolore: se la malattia che hai ti porterà a morire non devi temere quella malattia perché con la morte finirà. C’è un’idea di dolce morte.
4°) Infine bisogna vivere la vita cercando di eliminare i DESIDERI ARTIFICIALI cioè i desideri che ti portano alla disperazione dal non raggiungerli o ti portano alla bulimia del volerne sempre di più.
LA GLORIA, IL POTERE, L’ONORE e noi oggi potremmo aggiungere il CONSUMISMO, li vogliamo vogliamo sempre di più e dunque non siamo felici. Schopenhauer dirà siamo degli animali desideranti poiché ogni desiderio ne porta un altro, non saremo mai felici perché desideriamo in maniera ipertrofica, solo che il capitalismo induce a voler desiderare, altrimenti non consumereste. Bisogna invece desiderare I PIACERI NATURALI che sono quelli del MANGIARE, del DORMIRE, del BERE, del fare l’AMORE, ma questi piaceri non perseguiamoli in abbondanza perché altrimenti ci sarebbe l’assuefazione, i piaceri stabili sono quelli naturali che però non si devono esasperare altrimenti ci porterebbero alla noia e la noia non è mai Felicità.
Epicuro è un vero e proprio manifesto politico.
Non è un autore politico ma ci indica una modalità di vita ancor oggi
perseguibile.
Certamente non è compatibile con la società del consumismo
e di questo capitalismo che è quasi definito ipertrofico, turbo
capitalismo, con una modalità della vita frenetica. Per poter
essere felici è necessario modificare questo stile di vita e rallentare
questi ritmi assurdi.
1 commento:
La lettera sulla felicità di EPICURO a suo figlio MENECEO offre molti spunti su cui riflettere. I beni materiali, gloria, potere, protagonismo, onori non sono sufficienti per raggiungere la FELICITA'.
La semplicità del vivere e la NON PAURA della MORTE sono le condizioni per raggiungere quella terra di serenità dove trascorrere i nostri anni futuri.
QUANDO C'E' LA MORTE NON CI SEI TU - QUANDO CI SEI TU NON C'E' LA MORTE!
Considerazione poco comprensibile e tanto misteriosa, proviamo comunque a crederci......
Posta un commento