La parrocchia di San Martino a Grizzana Morandi |
LA STORIA - È questo che accade nella parrocchia di San Martino a Carbona, poco più di 200 anime nel Comune di Grizzana Morandi. L’ultimo parroco, don Ilario, andò via nel 1992. «Già a quei tempi era molto anziano», si racconta tra le vie del paese. Da allora, la sede è vacante: sono i parrocchiani a tenerla in piedi. Come Armando D’Ambrosio e sua moglie Rita. «Cerchiamo di garantire due classi di catechismo, le prove del coro per le feste comandate, i canti di Natale e di Pasqua, la festa patronale ad agosto».
I VOLONTARI - Perché lo fate? «Perché siamo testardi — risponde D’Ambrosio — e vogliamo tenere aperta la nostra chiesa: qui a Carbona è l’ultimo luogo di aggregazione rimasto. Praticamente non esiste più neanche il paese: siamo un mucchio di case sparse sull’Appennino. Almeno in chiesa possiamo incontrarci e fare due chiacchiere. Sa come ci chiamano? La parrocchia delle crescentine, organizziamo pranzi, cene, attività pomeridiane, anche per autofinanziarci». Le feste servono a raccogliere i soldi indispensabili per la sopravvivenza. «Alla Curia non abbiamo mai chiesto una lira — continua Armando — Siamo autosufficienti. I piccoli lavori li facciamo da soli, per quelli più grossi ci rivolgiamo alle ditte: abbiamo speso 30.000 euro per rifare il tetto e 20.000 per il nuovo impianto di riscaldamento. Tutto con le offerte ordinarie e le feste».
I GIOVANI - San Martino è un punto di riferimento anche per i giovani. Laura Zironi, 20 anni, ci passa i suoi pomeriggi e le sue serate. E non solo per ragioni religiose: «Invece di uscire e andare al bar a volte preferiamo stare in saletta. Durante la settimana organizziamo anche corsi di baby dance. Per me è un luogo di ritrovo, dove posso vedere gli amici, abbiamo anche creato una pagina su Facebook». I problemi — e la solitudine — delle chiese dell’Appennino sono noti da anni. Nel 2011 la Diocesi di Bologna organizzò un «piccolo sinodo della montagna», perché i nodi venissero al pettine. Nel documento preparatorio si prendeva atto che «comunque la presenza di sacerdoti nel territorio è destinata ancora a diminuire». Qualcuno propose di intensificare le liturgie della parola nelle parrocchie senza sacerdote: la lettura della Bibbia senza la comunione. «Ma questa soluzione non piaceva molto a Caffarra — racconta don Silvano — il cardinale ce la sconsigliò: preferiva che i fedeli andassero nei paesi vicini dove si celebrava messa. Non voleva che si favorisse la liturgia della parola rispetto al sacramento della Comunione».
Fabbriani
RispondiEliminahttp://www.unionealtoreno.bo.it/index.php/53-bando-per-l-assegnazione-di-posteggi-riservati-ai-produttori-agricoli-nell-ambito-del-mercato-settimanale-del-sabato
Qui se c'è una crisi è quella dello stato italiano che ogni anno ridistribuisce al Vaticano circa 3 miliardi pagati dalle tasse di tutti i cittadini italiani e in cambio il Vaticano non versa un euro allo stato italiano grazie a esenzioni fiscali di ogni tipo ( 6 miliardi stimati di tasse non riscossi, IMU, IRPEF, IVA per loro non esistono).
RispondiEliminavaticano s.p.a.
RispondiEliminama per piacere!!!