di Barbara
Bertuzzi
Le aspettative per la vendemmia 2025 in Emilia-Romagna
sono complessivamente positive, con un buono stato qualitativo delle uve ma una
significativa variabilità delle rese a livello territoriale. Si partirà intorno
al 10 agosto con la raccolta delle uve per la base spumante e delle varietà
precoci, in particolare Pinot nero e Chardonnay.
«L’avvio della vendemmia prima di Ferragosto sta
diventando ormai una consuetudine in regione – spiega Renzo Pelliciari,
presidente della sezione vino di Confagricoltura Emilia-Romagna –. Il quadro
generale indica uve di ottima qualità e una produzione complessiva che si stima
in linea con quella del 2024, e comunque superiore rispetto alle annate
difficili del 2023 e 2022».
Non mancano però le eccezioni. Per il
vitigno Ancellotta si prevede una riduzione delle rese tra il 15% e il 20%, con
piante “scariche” rispetto allo scorso anno. Cali localizzati si attendono
anche in alcune aree tra Bologna e Modena e a macchia di leopardo in Romagna,
dove grandinate e trombe d’aria hanno causato danni consistenti.
Sul fronte climatico, la primavera
con piogge moderate seguita da un’alternanza tra giornate calde e fresche ha
favorito lo sviluppo ottimale del grappolo, migliorando il grado zuccherino e
preservando l’intensità aromatica dell’uva. Tuttavia, desta preoccupazione
l’imminente aumento delle temperature, che potrebbe rallentare la maturazione
dell’acino e provocare stress idrico.
Permangono anche criticità
fitosanitarie, soprattutto nel Reggiano e nel Modenese, dove si registra la
persistente presenza di flavescenza dorata e mal dell’esca. Sulle colline
romagnole, invece, si temono attacchi da tignola e marciume. L’andamento
stagionale favorevole ha però limitato, quasi ovunque, la diffusione di
malattie fungine come peronospora e oidio.
Marcello Bonvicini, presidente di
Confagricoltura Emilia-Romagna, lancia infine un appello per rilanciare il
comparto vitivinicolo: «Il momento è delicato. A fronte di un’elevata offerta e
di prezzi dell’uva in forte calo, assistiamo a una contrazione costante dei
consumi, soprattutto per i vini a bacca rossa. A questo si aggiunge
l’incertezza legata ai dazi USA che, se confermati, potrebbero trasformarsi in
un fattore di crisi strutturale, penalizzando le nostre eccellenze più
apprezzate oltreoceano, come il Lambrusco».
E conclude: «Servono misure strutturali e una nuova visione per il settore: più programmazione dell’offerta e strategie commerciali efficaci per aggredire meglio i mercati, sia interni che internazionali».
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